Esiste una Fantateologia cattolica?

Fantateologia cattolica
L’asina di Balaam ha un certo successo nella fantateologia. Foto di affenhans da Pixabay

Spesso C.S. Lewis passa per cattolico a motivo della dottrina da lui professata e divulgata, consistente in quanto espresso dal motto di S. Vincenzo di Lérins «Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est» (Quello che ovunque, sempre, da tutti è stato creduto). È ciò che Lewis stesso chiama «Mere Christianity», ovvero l’essenza del cristianesimo: il che è cattolico nel vero senso della parola. Ma cattolico Lewis non era né volle mai essere, a dispetto di Tolkien che, vedendo che l’amico si stava convertendo al cristianesimo, aveva pensato e sperato che sarebbe divenuto cattolico, come grandi intellettuali inglesi del calibro di John Herny Newman, di Robert Hugh Benson, e di Chesterton. Ma Lewis non ne volle mai sapere. Preferì approdare e fermarsi all’anglicanesimo della Chiesa Alta, proprio la parte della Chiesa d’Inghilterra più vicina a Roma (della cui dottrina condivide tutto, ad eccezione del Primato del Papa).

Lewis non si può, quindi, annoverare tra gli scrittori cattolici. Ma anche i cattolici si sono cimentati nella ricerca dell’espressione di fede attraverso il linguaggio fantascientifico, dando luogo ad una fantateologia cattolica. Di particolare spicco è Anthony Boucher.

Fantateologia cattolica: Anthony Boucher

Anthony Boucher (1911-1968), osservantissimo cattolico, è divenuto famoso tra gli appassionati del genere per i romanzi gialli aventi come investigatrice Suor Ursula. È stato però anche fondatore di una seria rivista di fantascienza, «The Magazine of Fantasy» (1949), e autore di gradevolissimi racconti fantascientifici.

Balaam 

Boucher riprende esplicitamente Lewis nel racconto Balaam del 1953 (Anthony Boucher, Storie del tempo e dello spazio, Mondadori, Milano 2009, 41-62). I due protagonisti, due cappellani militari su Marte, il rabbino Chaim e il sacerdote cattolico Aloysius «Mule» Malloy, discutono sulla natura «umana» degli invasori alieni chiamandoli hnau, il vocabolo lewisiano designante gli esseri corporei dotati di anima e quindi figli di Dio anch’essi al di là della forma fisica e del pianeta di origine. Alla fine, il rabbino, novello Balaam, rifiuterà di maledire i nemici da un’altura e li benedirà invece, incitato a questo, come in trance, da «Mule» Malloy, che lo trasporta su una jeep e che per tre volte, come l’asina di Balaam in Numeri 22, si arresta.

Un San Tommaso d’Aquino robot

Lo stesso personaggio biblico dell’asina parlante era presente in un racconto di due anni prima del medesimo autore.

Nel The Search for St. Aquin di Boucher (1951), in una Chiesa nuovamente perseguitata, povera e ridotta a pochi veri credenti (il rosario clandestino è occultato in una giacca fornita di dieci bottoni piccoli e uno più grande), il sacerdote Thomas, mandato segretamente dal Papa a cercare il corpo di un Santo che possa far rinascere la fede nei contemporanei, si ritrova, come Balaam (cfr. Nm 22), a discutere con il suo robàsino (robot-asino) logico ed ateo, e poi, novello prossimo di un buon Samaritano, ad essere ignorato da un cristiano timoroso di essere scoperto, e soccorso invece da un ebreo ortodosso…

… Finché il Santo che cerca si rivela essere un super-robot che, creato dall’uomo, a forza di logica era arrivato a credere che l’uomo era stato creato da Dio e diviene perciò esempio di «come la perfetta ragione possa condurre a Dio e a Lui solo»: insomma, un San Tommaso d’Aquino Robot (Anthony Boucher, In cerca di Sant’Aquino, «Nova SF» I (1985), 166-188. Cfr. K. Amis, Nuove mappe dell’inferno, 108).

Fantateologia cattolica: Walter Miller

Penso che, Papa a parte, C.S. Lewis abbia gradito molto questo racconto su come la ragione, anche quella meccanicamente lucida e ineccepibile di un super-robot, conduca a Dio, se l’ha potuto leggere. Sappiamo invece sicuramente che aveva apprezzato un’altra importante opera di fantascienza religiosa scritta da un cattolico, che alcuni giudicano la migliore del suo tipo, A Canticle for Leibowitz di W. Miller (1959). Ne abbiamo già parlato: vedere QUI. Da Lewis questo romanzo fu giudicato «piuttosto buono […] certamente un’opera notevole» (C.S. Lewis, Altri Mondi, 146).