Parole e frasi bibliche: «Essere il beniamino di…»

«Essere il beniamino di…»
Giacobbe e i suoi figli. Dinastia Qajar, Iran, circa 1830-1850. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=114157469

«Essere il beniamino di…». Passare da nome proprio a nome comune: non è da tutti riuscirci. Uno che è riuscito ottimamente nell’impresa di dare il suo nome ad una categoria di persone è proprio Beniamino, figlio minore e prediletto del patriarca Giacobbe. Il padre aveva più motivi per considerare il secondo figlio di Rachele, Beniamino, il prediletto e privilegiato fra tutti i figli, cioè farne il proprio «beniamino».

Beniamino era figlio della sposa più amata, per ottenere la quale Giacobbe aveva servito gratuitamente il suocero per ben 14 anni. Era il più piccolo di 12 fratelli, quindi il cocchino di tutti, senza gelosie né rabbie da parte dei fratelli molto più grandi, sentimenti di astio che essi non risparmiarono invece a Giuseppe, al punto da fare in modo che fosse venduto schiavo in Egitto. Inoltre la moglie tanto amata da Giacobbe, Rachele, era morta nel dare alla luce questo piccolino, che per il padre evidentemente rappresentava l’ultimo ricordo di lei. Infatti, la madre morente avrebbe voluto chiamarlo Benoni, cioè Figlio del mio dolore, ma Giacobbe lo chiamò invece Beniamino, Figlio della mano destra.

Il suo status di beniamino, dunque, Beniamino lo porta al suo interno, nel suo Dna. Il passaggio da nome proprio a nome comune è un tipico esempio di processo deonomico.

La deonomastica

Il beniamino di turno è, in questo film peplum del 1960 Giuseppe venduto dai fratelli, un giovanissimo e bellissimo Terence Hill (al secolo Mario Girotti). Fonte immagine:  https://it.terencehill.com/index.php?sel=filmography&sub=123

La deonomastica è lo studio dei nomi comuni o dei modi di dire che derivano dai nomi propri. Di alcune di queste espressioni si sono perse le origini, mentre in altri casi, come, appunto, il nome comune beniamino, l’origine è ben chiara.

Persone

Lampanti i casi di Perpetua, la governante di don Abbondio che ha dato il nome alle perpetue, cioè le domestiche dei sacerdoti (possibilmente attempate e ciarliere), e dell’Azzeccagarbugli, soprannome passato ironicamente agli avvocatucoli. Più recente è il caso di Paparazzo come fotografo d’assalto, perché questo nel film La dolce vita di Fellini (1960) è il cognome di un personaggio che esercita tale professione. Gradasso era uno sbruffone dell’Orlando Furioso: indovinate cosa significa oggi il suo nome?

Mentore era il tutore di Telemaco in assenza di Ulisse, perciò il suo nome designa un consigliere fidato, mentre Mecenate, protettore degli artisti, ha dato il proprio nome ai sostenitori delle arti. Sosia era un personaggio dell’Anfitrione di Plauto in cui i protagonisti prendono le sembianze di altri, perciò il suo nome è passato a significare una persona somigliantissima ad un’altra tanto da poter essere scambiata per lei. Nella stessa commedia, Anfitrione è un padrone di casa ospitale e generoso, quindi…

Questo passaggio da nome proprio a nome comune avviene per antonomasia, quando un determinato personaggio (storico o letterario che sia) diviene il prototipo di una professione, di una attività o di una caratterizzazione umana (il cicerone, il figaro, il casanova o il dongiovanni, un ercole, un marcantonio, un matusalemme, un creso, un adone, un attila, un einstein).

Cose

Talvolta invece un nome proprio di persona passa a indicare un oggetto, una invenzione che le è legata, come pullman, diesel, rimmel, nomi derivati da imprenditori o scienziati che sono all’origine di questi prodotti. Il nome dello zampirone  deriva dal cognome del farmacista e industriale Giovan Battista Zampironi, che lo inventò.

Insomma, dalla Bibbia siamo arrivati agli zampironi, ma il processo di formazione dei modi di dire è lo stesso. Sulla vicenda di Giuseppe e i suoi fratelli, QUI.