Esaltazione della S. Croce (14 settembre)

Olsztyn – Museo di Warmia e Masuria, Festa della Croce.
Di Andrzej Otrębski – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27497618

Esaltazione della Santa Croce: una festività della Chiesa cattolica, della Chiesa ortodossa e di altre confessioni cristiane, soprattutto di matrice anglicana. In essa si sottolinea in particolare la centralità del mistero della croce nella vita cristiana.

La festa ricorre il 14 settembre. Nacque a Gerusalemme, nell’anniversario della dedicazione, avvenuta il 14 settembre 335, delle due basiliche costantiniane, quella sul Golgota (ad Martyrium), e quella presso il santo Sepolcro (Anastasis). La festa è celebrata anche in ricordo del ritrovamento della croce di Gesù da parte di sant’Elena. Tale ritrovamento sarebbe avvenuto, secondo una tradizione, il 14 settembre del 327. In quel giorno la reliquia sarebbe stata innalzata dal vescovo di Gerusalemme di fronte al popolo. 

Questa festività venne poi ad includere anche la commemorazione del recupero, da parte dell’imperatore Eraclio, di un frammento della Vera Croce dalle mani dei Persiani nel 628. La “Vera Croce” fu anche portata dai crociati nella battaglia di Hattin nel 1187; ma l’esercito cristiano fu sconfitto dal Saladino e della Croce si persero le tracce. Nelle cronache islamiche si ricorda che la Croce fu conquistata dal Saladino. Questi ne rifiutò la restituzione ai cristiani, sostenendo che Gesù era anche per l’Islam un grandissimo profeta.

Il termine «esaltazione», in uso sin dal VI secolo per indicare il rito del 14 settembre, è da intendersi sia come «innalzamento» che come «ostensione». Il rito infatti prevedeva l’innalzamento di una croce e la sua ostensione ai fedeli, in ricordo dell’innalzamento e ostensione di Gesù Cristo sulla Croce. Nella celebrazione eucaristica il colore liturgico è, come nel Venerdì Santo, il rosso, simbolo della passione di Gesù.

Il ritrovamento della Santa Croce

Il racconto del ritrovamento (in latino Invenzione) sembra successivo al 337. Infatti, in questo anno Eusebio di Cesarea scrisse la Vita di Costantino, narrando che Costantino trovò la tomba di Gesù, senza fare alcuna menzione della croce.  Secondo Eusebio gli scavi furono ordinati da Macario di Gerusalemme per volere di Costantino, il quale aveva avuto un sogno premonitore (luglio 325); la chiesa fu consacrata nel settembre 335, senza che ancora si parlasse della croce. Così pure  nel 340-345, quando un pellegrino di Bordeaux attesta di aver visitato il complesso costruito da Costantino ma non cita la croce.

Sono le Catechesi di Cirillo a riferire il ritrovamento della croce. Essendo state scritte tra il 348 e il 350, permettono di datare la tradizione del ritrovamento ai primi anni 340.

Il racconto tradizionale

La tradizione prese questa forma:

«Quando l’imperatrice scorse il luogo in cui il Salvatore aveva sofferto, immediatamente ordinò che il tempio idolatra che lì era stato eretto fosse distrutto, e che fosse rimossa proprio quella terra sulla quale esso si ergeva. Quando la tomba, che era stata così a lungo celata, fu scoperta, furono viste tre croci accanto al sepolcro del Signore. Tutti ritennero certo che una di queste croci fosse quella di nostro Signore Gesù Cristo, e che le altre due fossero dei ladroni che erano stati crocifissi con Lui. Eppure non erano in grado di stabilire a quale delle tre il Corpo del Signore era stato portato vicino, e quale aveva ricevuto il fiotto del Suo prezioso Sangue. Ma il saggio e santo Macario, governatore della città, risolse questa questione nella seguente maniera. Fece sì che una signora di rango, che da lungo tempo soffriva per una malattia, fosse toccata da ognuna delle croci, con una sincera preghiera, e così riconobbe la virtù che risiedeva in quella del Signore. Poiché nel momento in cui questa croce fu portata accanto alla signora, essa scacciò la terribile malattia e la guarì completamente» (Teodoreto di Cirro, Storia ecclesiastica, Capitolo XVII).

La venerazione della Santa Croce

Data l’importanza attribuita a questo ritrovamento, nasce l’esigenza di rivivere liturgicamente il valore redentivo della morte in croce di Gesù. La celebrazione della festa della Santa Croce era attestata a Roma già prima della fine del VII secolo. 

Nel 787, il secondo concilio di Nicea sottolineò che l’adorazione o “latria” è dovuta solo a Dio (e quindi anche a Cristo), mentre alle reliquie della vera croce si poteva tributare solo venerazione. È teologicamente importante notare che una vera adorazione è prestata solo a Dio, quindi non al legno della croce ma al Crocifisso, e non al Crocifisso di legno o di pietra ma al Cristo di cui le immagini e le reliquie sono solo un segno. Il rito dell’adorazione della Croce, il Venerdì Santo, deve il suo nome all’etimologia del verbo ad-orare, cioè ad orem, accostare alla bocca, baciare: si riferisce al bacio della croce, non ad una forma di idolatria.

I cristiani e la croce

L’atteggiamento verso la croce cambiò progressivamente, dopo che Costantino nel 320 proibì la crocifissione come pena capitale. I primi cristiani evitavano di raffigurarla direttamente: lo spettacolo dei tanti crocifissi era troppo fresco e orrendo sotto i loro occhi. In tempi di persecuzione, celavano l’identità di Gesù Cristo sotto vari simboli (il pesce, l’ancora, il pane, al massimo una croce stilizzata).

Quando l’Esaltazione della Croce fu celebrata liturgicamente, i credenti giunsero meglio a comprendere il valore redentivo della Crocifissione. La croce iniziò ad essere raffigurata, dapprima senza Crocifisso, e in forma gemmata. Vediamo questi primi passi.

Alexamenos adora il suo dio

Il graffito palatino, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8401448

Per trovare la prima crocifissione dobbiamo andare non tra i cristiani ma tra i pagani del Pedagogium sul Palatino a Roma, dove un certo Alessameno viene deriso per la sua fede con un graffito in cui lo si vede adorare un crocifisso dalla testa d’asino, con la scritta derisoria «Alessameno adora il [suo] dio».

Questo graffito da scolaretto rispecchia le dicerie e le accuse infamanti che circolavano inizialmente sul conto dei cristiani (in questo caso accuse di onolatria, adorazione di un asino). Il graffito è stato trovato nel «Paedagogium» sul Palatino, un collegio per i paggi di corte, e può risalire al III secolo se non ancor prima.

Al di là di questa derisione del tipo «Asino chi legge», le prime raffigurazioni di croci invenute sono piccole pietre intagliate ad uso di sigillo del II – IV secolo, oltre ad una scatola in avorio, conservate al British Museum. In queste raffigurazioni il Crocifisso ha gli occhi aperti, è senza barba ed è rivestito solo di un piccolo perizoma.

Le croci gemmate

S. Apollinare in Classe, mosaico absidale. Saiko, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

La situazione cambia radicalmente con l’editto di Milano del 313, con cui il cristianesimo diviene religione lecita; in seguito, Costantino proibirà, come abbiamo detto, l’esecuzione mediante crocifissione. La croce cesserà di essere un simbolo infamante  e nelle chiese inizieranno a trovare spazio grandi croci in affreschi e mosaici. Si afferma la «croce gemmata», spesso su fondo stellato, come nel mausoleo di Galla Placidia (V secolo) o nella vicina basilica di S. Apollinare in Classe (VI secolo). Le gemme preziose rappresentano la regalità di Gesù e il cielo stellato esprime il suo dominio sull’universo.

I primi Crocifissi

Santa Sabina, Crocifissione

Roma, portale della chiesa di S. Sabina, Crocifissione. CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1880569

Intanto, per la prima volta in contesto pubblico, nella formella del portale della basilica di S. Sabina a Roma, risalente al V secolo, compare apertamente la figura di Gesù crocifisso, ma è in posizione eretta ed ha gli occhi aperti. Qui Gesù, con gli occhi aperti, con la barba, rivestito solo di un piccolo perizoma, è affiancato dai due ladroni.

Sacramentario di Gellone (VIII secolo)

Sacramentario di Gellone, Crocifissione, Fonte: http://www.codex99.com/typography/50.html

In una raffigurazione del Sacramentario di Gellone, fine VIII secolo, si iniziano a mostrare segni di sofferenza (il sangue che sgorga dal costato), ma la croce è ancora stellata. Il Cristo è glorioso.

Il Crocifisso con la tunica

Crocifissione, chiesa di S. Maria Antiqua, Roma. Pubblico dominio, https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Crucifixion_from_Santa_Maria_Antiqua.jpg

Altri esempi iconografici di crocifissione sono l’evangeliario siriaco di Rabbula (VI secolo) e gli affreschi della chiesa di S. Maria Antiqua a Roma (VI – VIII secolo). In essi, al Crocifisso «triumphans», con gli occhi aperti, vivo dopo la morte e con l’aureola, viene aggiunta una lunga tunica sacerdotale: è un tipo che ritroveremo nel Volto Santo di Lucca (VIII – IX secolo: sull’antichità della scultura lignea, QUI).

Volto Santo di Lucca. Di Joanbanjo – Opera propria,
CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=14326616

Christus patiens

Maestro bizantino, Crocifisso del museo nazionale di San Matteo, Pisa, 1230 circa. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6435638

Accanto al Christus triumphans col tempo comincia a svilupparsi un’altra iconografia, più vicina all’aspetto umano e sofferente di Gesù. Nel Sacramentario di Gellone della fine dell’VIII secolo troviamo un Gesù con i segni della sofferenza nel fiotto di sangue che esce copioso, ma gli occhi sono aperti e la croce è stellata.

Il Cristo sofferente invece ha la testa reclinata sulla spalla, gli occhi chiusi e il corpo incurvato in uno spasimo di dolore. La prima rappresentazione sembra essere la Croce n. 20 di Pisa (1210-1230), di un anonimo artista bizantino operante in Toscana. Recepì questa novità iconografica Giunta Pisano, poi Coppo di Marcovaldo, ripreso da Cimabue nel Crocifisso di Arezzo del 1270 circa e dieci anni dopo nel Crocifisso di Santa Croce. L’iconografia fu poi rinnovata da Giotto ispirandosi alla scultura gotica (Nicola Pisano), e componendo il Cristo come realmente doveva piegarsi sotto il peso del corpo.

Il francescanesimo ebbe una grande parte nell’affermazione del modello iconografico del Christus patiens; non per niente San Francesco, innamorato dell’umiltà dell’Incarnazione e della carità della Passione di Cristo, come fu il primo a costruire un presepe (Greccio, Natale 1223), fu anche il primo ad essere stigmatizzato in conformità alle piaghe del Crocifisso, proprio «all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della Croce», come scrive San Bonaventura (Legenda Major, XIII,3 = FF 1225), divenendo «ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso» (la Verna, settembre 1224).