Per comprendere i testi, dobbiamo cercare di intendere le caratteristiche dell’epopea biblica. Lo sforzo di comprendere qualcosa come la legge dello sterminio, che infligge sofferenza agli altri, ci ha condotto all’insediamento nella Terra Promessa; una terra abitata da altri popoli cui Israele la deve strappare.
Il libro di Giosuè, che narra questa conquista, presenta una narrazione idealizzata degli eventi. La conquista di Gerico per esempio è un atto liturgico; avviene grazie all’Arca del Signore portata processionalmente dai sacerdoti e seguita dal popolo.
Non mi posso fermare adesso a commentare i testi; mi limito a chiarire che il crollo delle possenti mura della città è una sorta di metafora per indicare il crollo delle difese del paese (come quando noi diciamo «Mi sono cascate le braccia»). Pare che la realtà storica fosse assai diversa; la città di Gerico, all’epoca di Giosuè (XIII secolo a.C.), era in stato di abbandono e non vi era rimasto alcun abitante; così pure le città di Ai e di Gabaon. Israele vide, a posteriori, queste rovine come segno dell’intervento provvidenziale di Dio, e ne cantò epicamente la vittoria.
Generi letterari
Dobbiamo capire che non tutte le narrazioni in prosa sono propriamente storiche. Ci sono testi nella Bibbia che sono profondamente radicati nella storia, come i vangeli; e ci sono testi narrativi che hanno carattere fantastico, come ad esempio il libro di Giona o quello di Giuditta.
Poi ci sono testi che presentano narrazioni dai contorni storici ma con toni enfatizzati, iperbolici; come il passaggio del Mar Rosso secondo la tradizione Sacerdotale, o la descrizione del gigante Golia nel primo libro di Samuele. Il riferimento alla storia è reale, ma è trasfigurato poeticamente dalla tradizione popolare e dallo scrittore che la raccoglie.
In questi casi possiamo parlare di epica, dunque di amplificazione poetica degli eventi, narrati molti secoli dopo gli accadimenti. Ricordo una battuta del vecchio film «Davide e Betsabea» (1951). «Era proprio così grande il gigante Golia?» chiedono a Davide. «Oh sì, era grande davvero – risponde -. E ogni giorno che passa diventa sempre più alto!».
Fermati o sole!
Consideriamo, inoltre, l’uso delle metafore, ampiamente diffuse anche nel nostro linguaggio. La loro verità consiste proprio nel non essere prese alla lettera (un esempio curioso in italiano: «Avere un diavolo per capello!»). Così nell’epopea di Giosuè troviamo la caduta delle mura di Gerico; così nella battaglia di Gabaon troviamo il famoso «Fermati, o sole». Questa frase corrisponde ad una espressione simbolica che si riscontra anche nell’Iliade (II:412-415): Agamennone chiede a Zeus di estendere il giorno. Anche secondo alcuni rabbini si tratta di un modo di dire; la rapidità sconcertante con cui Giosuè ottenne la vittoria dette agli Israeliti l’impressione che il giorno fosse durato più a lungo.
Inoltre, Giosuè chiede più luce o più oscurità (cioè che il sole fermi i suoi raggi)? Questa seconda ipotesi sarebbe coerente con lo scenario apocalittico della grandine piovuta poco prima sui nemici a sbaragliarli. Un approfondimento QUI.
Non mancano comunque studi recenti che spiegano in modo naturale il fenomeno cui si riferisce Giosuè 10,12-13. Si tratterebbe di un’eclissi di sole, la prima registrata nella storia. Colin Humphreys e Graeme Waddington, in «Solar eclipse of 1207 BCE helps to date pharaohs» («Astronomy and Geophysics», 2017) spiegano l’evento con una eclissi solare anulare che fa apparire il sole più grande della luna, con una corona luminosa introno al disco nero.
L’eclissi si sarebbe verificata il 30 ottobre del 1.207 a.C. durante il regno di Ramses II (Ramses Il Grande, il quale regnò 66 o 67 anni), coerentemente con la cronologia biblica. La parola che traduce «fermarsi» ha la stessa radice di quella usata nei testi babilonesi per indicare l’eclissi.
I gabaoniti
A proposito di Gabaon, il libro di Giosuè narra un curioso episodio che dimostra come nella Bibbia sia presente, e molto, anche il senso dell’umorismo.
Giosuè 9 1 Non appena ebbero udito questi fatti, tutti i re che si trovavano oltre il Giordano, nella zona montuosa, nel bassopiano collinoso e lungo tutto il litorale del Mar Mediterraneo verso il Libano, gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei, i Gebusei, 2 si allearono per far guerra di comune accordo contro Giosuè e Israele.
3 Invece gli abitanti di Gàbaon, quando ebbero sentito ciò che Giosuè aveva fatto a Gerico e ad Ai, 4 ricorsero da parte loro ad un’astuzia: andarono a rifornirsi di vettovaglie, presero sacchi sdrusciti per i loro asini, otri di vino consunti, rotti e rappezzati, 5 si misero ai piedi sandali strappati e ricuciti, addosso vestiti logori. Tutto il pane della loro provvigione era secco e sbriciolato. 6 Andarono poi da Giosuè all’accampamento di Gàlgala e dissero a lui e agli Israeliti: «Veniamo da un paese lontano; stringete con noi un’alleanza».
7 La gente di Israele rispose loro: «Forse abitate in mezzo a noi e come possiamo stringere alleanza con voi?». 8 Risposero a Giosuè: «Noi siamo tuoi servi!» e Giosuè chiese loro: «Chi siete e da dove venite?».
L’astuzia
9 Gli risposero: «I tuoi servi vengono da un paese molto lontano, a causa del nome del Signore Dio tuo, poiché abbiamo udito della sua fama, di quanto ha fatto in Egitto, 10 di quanto ha fatto ai due re degli Amorrei, che erano oltre il Giordano, a Sicon, re di Chesbon, e ad Og, re di Basan, che era ad Astarot.
11 Ci dissero allora i nostri vecchi e tutti gli abitanti del nostro paese: Rifornitevi di provviste per la strada, andate loro incontro e dite loro: Noi siamo servi vostri, stringete dunque un’alleanza con noi. 12 Questo è il nostro pane: caldo noi lo prendemmo come provvista nelle nostre case quando uscimmo per venire da voi e ora eccolo secco e ridotto in briciole; 13 questi otri di vino, che noi riempimmo nuovi, eccoli rotti e questi nostri vestiti e i nostri sandali sono consunti per il cammino molto lungo».
14 La gente allora prese le loro provviste senza consultare l’oracolo del Signore. 15 Giosuè fece pace con loro e stipulò l’alleanza di lasciarli vivere; i capi della comunità s’impegnarono verso di loro con giuramento.
La scoperta
16 Tre giorni dopo avere stipulato con essi il patto, gli Israeliti vennero a sapere che quelli erano loro vicini e abitavano in mezzo a loro. 17 Allora gli Israeliti partirono e il terzo giorno entrarono nelle loro città: le loro città erano Gàbaon, Chefira, Beerot e Kiriat-Iarim. 18 Ma gli Israeliti non li uccisero, perché i capi della comunità avevano loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e tutta la comunità si lamentò dei capi.
19 Dissero allora tutti i capi dell’intera comunità: «Noi abbiamo loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e ora non possiamo colpirli. 20 Faremo loro questo: li lasceremo vivere e così non ci sarà su di noi lo sdegno, a causa del giuramento che abbiamo loro prestato». 21 Ma aggiunsero i capi: «Vivano pure, siano però tagliatori di legna e portatori d’acqua per tutta la comunità».
Come i capi ebbero loro parlato, 22 Giosuè chiamò i Gabaoniti e disse loro: «Perché ci avete ingannati, dicendo: Noi abitiamo molto lontano da voi, mentre abitate in mezzo a noi? 23 Orbene voi siete maledetti e nessuno di voi cesserà di essere schiavo e di tagliar legna e di portare acqua per la casa del mio Dio».
Le conseguenze
24 Risposero a Giosuè e dissero: «Era stato riferito ai tuoi servi quanto il Signore Dio tuo aveva ordinato a Mosè suo servo, di dare cioè a voi tutto il paese e di sterminare dinanzi a voi tutti gli abitanti del paese; allora abbiamo avuto molto timore per le nostre vite a causa vostra e perciò facemmo tal cosa. 25 Ora eccoci nelle tue mani, trattaci pure secondo quanto è buono e giusto ai tuoi occhi». 26 Li trattò allora in questo modo: li salvò dalla mano degli Israeliti, che non li uccisero; 27 e in quel giorno, Giosuè li costituì tagliatori di legna e portatori di acqua per la comunità e per l’altare del Signore, nel luogo che Egli avrebbe scelto, fino ad oggi.
In sintesi
Conoscendo la legge dello sterminio che Giosuè stava applicando verso le città di Canaan,i gabaoniti fingono di provenire da una terra molto lontana, come hanno cura di sottolineare, provvedendosi di sacchi sdruciti, otri consunti, sandali strappati, vestiti logori e pane secco, per reggere bene la parte. Una volta svelato l’inganno, ormai era stato pronunciato un giuramento di alleanza, che non si poteva infrangere. Interessante: per una volta, l’intelligenza vince la potenza bellica, senza fare del male a nessuno…
Tempo di guerra
Quattro mesi e cinque giorni
A proposito dell’attacco missilistico a Kiev del 26 giugno, che ha colpito un edificio residenziale causando la morte di una persona e il ferimento di altri civili, la Russia sostiene di aver bombardato una fabbrica di missili a Kiev e ha definito false le notizie secondo cui l’attacco ha colpito una zona residenziale. Secondo la versione di Mosca, i danni a un edificio residenziale vicino sarebbero stati causati da un missile della difesa antiaerea ucraina. Ovvero: gli ucraini si bombardano da soli. Il giorno dopo, replay.
Kremenchuk
Un bombardamento russo su Kremenchuk ha colpito un centro commerciale dove erano più di mille civili, durante l’orario di maggior frequenza. L’obiettivo non costituiva nessun pericolo per l’esercito russo e non aveva nessun valore strategico. Almeno 20 morti e 59 feriti, oltre 40 i dispersi. La Russia si giustifica: l’attacco missilistico russo di ieri a Kremenchuk «ha colpito un deposito di munizioni e l’esplosione ha innescato un incendio nel centro commerciale in disuso».
Lysychansk
Sergei Gaidai, presidente dell’amministrazione statale regionale di Luhansk: Bombardamenti senza sosta a Lysychansk, la città gemella di Severodonetsk dove i russi hanno concentrato l’offensiva. «A Lysychansk, Vovchoyarivka, Loskutivka e Verkhnyokamenets, i russi non smettono di distruggere alloggi, strutture industriali e amministrative. Non c’è tempo in cui l’artiglieria nemica si plachi. I russi hanno cercato di attaccare nella zona di Verkhnokamyanka, ma sono stati costretti a ritirarsi… Ci sono molti danni a Lysychansk. Almeno cinque grattacieli sono stati distrutti, in uno dei quali 10 appartamenti sono bruciati contemporaneamente. Sei case private sono state distrutte su una strada».
Sloviansk
Attacco missilistico anche nel centro di Sloviansk. «Ci sono morti e feriti. Qui non ci sono strutture militari, è praticamente il centro della città». Questo dice il il sindaco della città, Vadym Lyakh, parlando di una guerra di annientamento.
Intelligence militare britannica
Nonostante il principale obiettivo operativo della Russia rimanga la sacca di Severdonetsk-Lysychansk, i recenti bombardamenti fanno pensare che «la Russia stia ora cercando di riprendere slancio sull’asse settentrionale di Izyum, considerata la porta del Donbass.. «Le forze ucraine continuano a mantenere le posizioni in quel settore, facendo buon uso del terreno boscoso per aiutare la loro difesa». Nelle prossime settimane, molto probabilmente la campagna russa attingerà dalle riserve; in particolare, la Riserva dell’Esercito da Combattimento, una unità di riservisti volontari part-time che in genere serve per compiti di sicurezza nelle retrovie.
Inoltre, «la Russia ha lanciato ondate insolitamente intense di attacchi in tutta l’Ucraina utilizzando missili a lungo raggio». Tali attacchi, che probabilmente hanno utilizzato missili AS-4 Kitchen di epoca sovietica e i più moderni AS-23a Kodiak, sono stati «lanciati sia dallo spazio aereo bielorusso che da quello russo». Questi missili «sono stati progettati per colpire obiettivi di importanza strategica, ma la Russia continua a utilizzarle per ottenere vantaggi tattici».
Default
Da lunedì 27 giugno, la Russia è in default tecnico, cioè è inadempiente nei confronti dei suoi creditori e degli investitori che detengono le sue obbligazioni internazionali. È il primo default della nazione dal 1918, quando il governo sovietico si rifiutò di ripagare le somme accumulate dagli zar. A far scattare il default tecnico è il mancato pagamento di 100 milioni di dollari di interessi su due obbligazioni, una denominata in dollari e una in euro.
In realtà, almeno per ora, si tratta più che altro di una valenza simbolica. Mosca, infatti, è un Paese già emarginato per gran parte dell’Occidente; il default comporta l’impossibilità di ottenere nuovi fondi dall’estero prima di aver saldato i debiti, ma già Mosca è tagliata fuori e non avrebbe comunque ottenuto altri soldi.
Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, le accuse sul default della Federazione Russa naturalmente sono infondate, in quanto «il pagamento in valuta estera è stato effettuato a maggio».
La guerra del grano
Vice ministro per le politiche agricole di Kiev, Taras Vysotskyi: Dall’inizio della guerra a oggi, i russi hanno «rubato» almeno 400.000 tonnellate di grano all’Ucraina. Prima dell’invasione, l’Ucraina aveva 1,5 milioni di tonnellate di grano nei territori che sono adesso occupati dalle truppe russe. «Abbiamo ricevuto informazioni da residenti di quelle aree su esportazioni di grano che in totale ammontano a 400.000 tonnellate».
G7: La Russia «metta fine senza condizioni al blocco dei porti ucraini sul Mar Nero» e smetta di «distruggere infrastrutture portuali di trasporto, terminali e silos per il grano» e di «appropriarsi in modo illegale di prodotti agricoli e attrezzature ucraine. Sosteniamo fortemente l’Ucraina nel riprendere le sue esportazioni agricole sui mercati mondiali nonché gli sforzi delle Nazioni Unite per sbloccare un corridoio marittimo sicuro attraverso il Mar Nero».
Profughi
Onu: Al 23 giugno, c’erano circa 6.275 milioni di sfollati interni in Ucraina. A questi si aggiungono i 5,26 milioni fuggiti dall’Ucraina in altri paesi europei.