Viaggio nella Bibbia. Elkanah e la sua famiglia

Elkanah e la sua famiglia
Elkanah e le due mogli. Manoscritto Den Haag, KB, 78 D 39 (circa 1467). Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94257060

Il libro di Samuele si apre con il pellegrinaggio annuale di un uomo di buona famiglia (lo segnala la lunga genealogia), Elkanah, a Silo, ma sarà la moglie sterile, Anna, ad emergere come la figura chiave del racconto ed anche della storia di Israele. Attraverso la sua accorata preghiera per avere la grazia di un figlio, Anna trova il modo di trascendere i limiti del suo ruolo di moglie e madre ed assumere un ruolo onorevole nelle cronache sacre di Israele.

Il ruolo della donna nellAntico Testamento

La posizione della storia di Anna all’interno del canone biblico, come introduzione al libro di Samuele ed alla vicenda di Samuele, il profeta (1 Sam 1–2), è classica: una donna serve la storia offrendo un grande profeta al popolo di Dio, ma non appena nasce il figlio la donna torna nell’ombra ed è il figlio a divenire il protagonista del racconto che segue.

Questa impostazione narrativa conferma lo status secondario delle donne dell’antichità nella famiglia e nella società. Secondo Erik Erikson, era la stessa anatomia femminile a condannare le donne ad una vita circoscritta, determinata dalle funzioni biologiche. Almeno all’inizio, Anna può colmare il suo senso di vuoto solo attraverso la maternità.

Non una semplice madre

Eppure, al di là della gratificazione finale di questi bisogni, la storia prende una piega diversa. Al centro della storia c’è la volontà di Anna di andare oltre il tempo, di avere un impatto sulla storia per sé e per suo figlio. Incarna in certo modo l’aspirazione umana universalmente riconosciuta di lasciare un segno che vivrà per sempre.

Elkanah e la sua famiglia

Elkanah è introdotto nella storia attraverso la sua posizione geografica, il territorio assegnato alla famiglia e la linea maschile che denota una lunga e rispettabile storia:

«C’era un uomo di Ramathaim, degli Zufiti, nella regione montuosa di Efraim, chiamato Elkanah, figlio di Jeroham, figlio di Elihu, figlio di Tohu, figlio di Zuf, un Efraimita» (1 Sam 1,1).

Il pellegrinaggio che Elkanah intraprende ogni anno,  a Silo, dove si trova l’arca del Signore, è narrato solo come una sua personale esperienza religiosa, anche se le sue mogli e i suoi figli sono presenti al pasto sacrificale:

«Quest’uomo era solito salire ogni anno dalla sua città per adorare e offrire sacrifici al Signore degli eserciti a Silo….» (1Sam 1,3).

Le sue due mogli, Anna e Peninnah, sembrano essere state rimosse sia dalla geografia che dalla storia, introdotte semplicemente dal nome e dallo stato all’interno della famiglia: Peninnah ha figli, Anna no (v. 2). Il carattere di Anna è presentato attraverso il suo nome, che deriva da חֵן (ḥ en), “grazia”, ​​ed è drammaticamente mostrata in contrasto con Peninnah (il cui nome, frivolo, significa Corallo) di fronte alle provocazioni di questa a motivo della propria sterilità (vv. 6–7).

Il termine ebraico per una co-moglie, צָרָה, “avversaria” (v. 6), esprime con forza la relazione di antagonismo tra le mogli in questa famiglia poligamica. Ma Anna non si abbassa a combattere per il suo uomo, e la sola approvazione maschile non la soddisfa. Cercherà un’altra strada.

Elkanah: un uomo che anticipa i tempi

L’amore di Elkanah per Anna è sorprendentemente evidenziato nella narrazione attraverso le sue parole:

«Anna, perché piangi e non mangi? Perché sei così triste? Non sono io meglio per te di dieci figli?» (1Sam 1,8).

Ci si potrebbe aspettare una prospettiva più ovvia: che un marito amorevole conforti la moglie sterile consolandola su come lei soddisfi ugualmente i suoi bisogni, dicendo ad esempio: «Non ti rattristare, Anna, tu sei buona con me come dieci figli». Invece, l’atteggiamento di Elkanah è sorprendentemente moderno; non è quello del patriarca che ha perdonato magnanimamente la moglie per non aver fatto il suo dovere verso la sua famiglia, ma come l’innamorato il cui dovere è rendere felice la moglie.

Se Erich Fromm aveva scritto che “L’amore è principalmente dare, non ricevere”, nella sua relazione con Anna, Elkanah dimostra effettivamente di dare, non di ricevere. Non definisce la sua relazione con la moglie in termini di doveri di lei, ma in termini di responsabilità di lui per la sua serenità. Anche se in quel regime matrimoniale ove gli sposi erano pedine di alleanze e di vantaggi economici l’amore non era certo assente (si pensi ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe), Elkanah nel rivolgersi alla moglie in quel modo mostra di avere superato ampiamente i pregiudizi della sua cultura.