E se… Una storia fantapolitica di Philip K. Dick

E se la guerra l’avesse vinta l’Asse? Come sarebbe un mondo spartito fra Germania e Giappone (con l’Italia a rimorchio)?

Questa domanda se l’è posta un grande della fantascienza, Philip K. Dick, e si è risposto nel 1962 – in piena guerra fredda – con un romanzo importante, che vinse anche il Premio Hugo, il più prestigioso premio nel campo della letteratura fantascientifica.

L’ucronia

L’assetto politico mondiale che fa da scenario al romanzo La svastica sul sole, in cui le forze l’Asse ha sconfitto gli alleati nella seconda guerra mondiale, diffondendo il nazismo nel mondo intero

In italiano, il titolo del romanzo, La svastica sul sole, risulta banale e dettato da ragioni commerciali; ma evoca in qualche modo lo scenario fantapolitico che è il tema della narrazione. Più criptico, almeno per noi, il titolo originario The Man in the High Castle (L’uomo nell’alto castello), che allude invece al leggendario castello fortificato in cui si vocifera che viva l’autore di un romanzo famoso.

E se… e se nel 1933 Franklin Delano Roosevelt fosse stato assassinato, come sarebbero cambiati in seguito gli scenari della politica mondiale? Quindi, se… se l’economia degli Stati Uniti fosse stata compromessa, e questi non fossero stati pronti allo scoppio del secondo conflitto mondiale? E se… e se Hitler avesse proseguito indisturbato nella conquista di tutta l’Europa sterminando ebrei, rom e slavi… e poi fosse passato all’Africa per annientarla? Se il Giappone avesse sottomesso ogni costa del Pacifico? I due alleati si sarebbero spartiti il mondo, con un contentino anche per l’Italia. Gli Stati Uniti avrebbero perso unità e indipendenza, riducendosi a vassalli delle due micidiali potenze mondiali.

Storie che si affiancano

Ma questo scenario distopico l’autore non ce lo svela subito. Lo comprendiamo a poco a poco attraverso l’ottica dei protagonisti, tutti comprimari senza che ne emerga uno in particolare. Eccoli:

Un antiquario statunitense che vende ai giapponesi manufatti della cultura americana.

Un alto funzionario giapponese.

Un sedicente industriale svedese di nome Baynes (in realtà Rudolf Wegener, agente del controspionaggio navale del Reich).

Frank Frink, veterano di guerra di origini ebree, che fonda una piccola azienda di gioielleria artigianale.

Juliana, l’ex moglie di Frink, istruttrice di judo che inizia una ambigua relazione con Joe Cinnadella, sedicente camionista italiano fascista. Questi in realtà è un killer svizzero incaricato di assassinare Hawthorne Abendsen, autore di un romanzo scomodo.

Le loro sono storie parallele. Talvolta esse convergono e si intrecciano o si sfiorano, e presentano in comune la lettura di un romanzo fantapolitico, La cavalletta non si alzerà più (The Grasshopper Lies Heavy: cfr. Qoh 12,5) di Hawthorne Abendsen, bandito dal regime nazista, in cui viene narrato un mondo in cui gli Alleati hanno vinto la seconda guerra mondiale. I personaggi del libro sono affascinati dalla storia alternativa narrata dal romanzo che stanno leggendo e che, guarda caso, è più o meno la nostra.

La trovata geniale di Philip Dick è proprio questa prospettiva rovesciata in cui il romanzo dichiarato fittizio nel libro è quello che maggiormente rispecchia la realtà storica del nostro mondo, mentre la natura del romanzo dickiano è pura fantasia. A complicare la cosa però sta il fatto che nello scenario alternativo disegnato da La cavalletta non si alzerà più gli eventi non sono andati proprio come nella nostra storia. Così, i mondi a confronto nella Svastica sul sole sono almeno tre: quello in cui vivono i lettori del romanzo di Dick, quello in cui vivono i personaggi del romanzo di Dick, e quello inventato nel romanzo che leggono i personaggi di Dick…

La storia nella storia

Di Xicotencatl – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=40716862

Nella realtà della Guerra Fredda in cui le due superpotenze, Usa e Urss, si fronteggiano, i lettori del romanzo di Dick apprendono che la guerra è stata invece vinta dall’Asse con le conseguenze catastrofiche che possiamo immaginare. Invece i personaggi del romanzo di Dick, leggendo un libro fittizio ma per loro realmente esistente, apprendono che la guerra è stata vinta dagli Alleati, Usa e Inghilterra.

Però non tutto in esso corrisponde alla realtà del nostro mondo. Nel romanzo proibito, grazie al supporto degli Stati Uniti, la Cina, governata da Chiang Kai-shek, vive un periodo di sviluppo; in molti paesi di Africa e Asia vengono spediti dei kit televisivi grazie ai quali i popoli imparano a leggere ed a costruire pozzi e purificare le acque, divenendo mercati di riferimento per le aziende americane; così pure in India, Birmania, Africa e Medio Oriente sotto l’influenza dell’Impero britannico. L’Unione Sovietica, vincitrice in guerra, soccombe a causa della sua struttura sociale ed economica.

Questo panorama idilliaco viene sconvolto dalle mire espansionistiche dell’Impero britannico che, ancora guidato da Winston Churchill, diventa sempre più razzista e nazionalista giungendo a creare dei campi di concentramento per gli oppositori politici, mentre  gli Stati Uniti hanno già posto fine alle discriminazioni razziali. Le tensioni tra le due nazioni sfoceranno in una guerra fredda per la conquista dell’egemonia, in cui sembra emergere l’impero britannico divenuto unica superpotenza mondiale.

Questo romanzo, che per i personaggi del libro di Dick è totalmente di fantasia, apre loro orizzonti di speranza. Per questo è vietato nelle zone di dominio nazista, ed un killer viene inviato ad ucciderne l’autore. Il tema della pericolosità dei libri anche se fantastici è un classico. Probabilmente Philip K. Dick non conosceva, negli anni Sessanta, la produzione fantasy ruotante intorno al circolo oxoniano degli Inklings con Tolkien e Lewis, né la loro teoria della mitopoiesi, né il valore che essi attribuivano alla fantasia.

Una digressione: fantasia e realtà

Prima di tutto, Tolkien e Lewis stabiliscono la dignità della fantasia. Nel suo saggio On Fairy Tales, Tolkien precisa che la Fantasia non è affatto opposta alla Ragione: «La Fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione […]. Al contrario, più acuta e chiara è la ragione e migliori fantasie produrrà» (Albero e Foglia, Rusconi 1976, pp. 75 ss.).

La fantasia in Tolkien e Lewis è perciò tutt’altro che una fuga dalla realtà. È significativo che i piccoli protagonisti delle Cronache di Narnia, fuggendo da una guerra che viene combattuta nel loro mondo entrino, passando attraverso un armadio, in un mondo nel quale un’altra guerra si sta combattendo; a ricordarci che la fantasia è un aiuto per tornare ad affrontare la dura realtà. Non si tratta dunque di una fuga dalla realtà verso un paradiso artificiale, ma, al contrario, di una ri-appropriazione della realtà, nel senso addirittura di una intensificazione del proprio rapporto con il mondo reale,  di un ritorno alla realtà con uno sguardo diverso, con uno spirito impegnato.

Fantasia: una luce diversa

Secondo l’etimologia possibile del termine fantasia, esso deriverebbe da fōs = luce e indicherebbe «l’apparire interiore degli oggetti che i sensi vedono all’esterno» (P. Antonio Spadaro S.J., La fantasia: evasione o visione? in «Civiltà Cattolica» N. 3715 del 2 aprile 2005, p. 37). Un aiuto a vedere, comprendere ed agire, quindi.

Perciò i regimi e le mentalità autoritarie sono molto diffidenti nei confronti di una fantasia che può dire il vero e l’accusano di evasione, nota Lewis, che già, in una lettera al celebre scrittore inglese di fantascienza Arthur Clarke, aveva riferito il pensiero di Tolkien.

I carcerieri e l’evasione

«Storie come queste possono forse spiegare quel rancore politico a malapena mascherato che penso di aver notato in un articolo sulla fantascienza. L’insinuazione era che chi legge o scrive storie del genere è con tutta probabilità un fascista […].

Di qui la difficoltà che queste storie sollevano in chiunque, per qualsiasi ragione, ci voglia tenere incatenati nel conflitto immediato. Ecco perché persone simili hanno sempre pronta l’accusa di “evasione”.

Non l’avevo mai pienamente compreso finché il mio amico il professor Tolkien non mi fece la semplice domanda: «Che tipo di uomini ti aspetteresti più preoccupati e più ostili all’idea di un’evasione?» e diede poi l’ovvia risposta: i carcerieri. L’accusa di fascismo è solo una copertura. I fascisti, tanto quanto i comunisti, sono carcerieri; ed entrambi ci assicurerebbero che l’attività propria di un prigioniero è la prigione.

Ma forse dietro tutto questo si cela una qualche verità: chi medita a lungo sul passato remoto o sul futuro, oppure fissa a lungo una notte stellata, è meno adatto di altri a essere un partigiano ardente o ortodosso»

(C.S. Lewis, Sulla fantascienza, Discorso tenuto a Cambridge il 24 novembre 1955, in Come un fulmine a ciel sereno, Marietti 2005, pp. 204 s.).

Guerra ai libri

È un dato di fatto – succede anche adesso – che le dittature fanno la guerra ai libri non meno che alle persone. Ad esempio, 1984 di Orwell è stato recentemente vietato in Bielorussia. Il mondo distopico dell’autore inglese potrebbe indurre i lettori a pensare.

La fantasia insomma, lungi dal distogliere dalla realtà, aiuta a rapportarsi con essa. Lo fanno i personaggi di Dick che stanno leggendo la storia alternativa del romanzo fittizio; lo fanno anche i lettori di Dick? Ovvero, il romanzo aiuta i lettori a meglio rapportarsi con la realtà e con i problemi che essa comporta a livello individuale e sociale?

I personaggi

Opera derivata: Carnby , Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=41932051

Il romanzo di DIck è complesso, si muove (poco) seguendo le problematiche interiori dei personaggi e potrebbe essere di faticosa lettura, dato anche il continuo cambio di inquadratura, il salto dall’uno all’altro. L’andamento è di tipo introspettivo e se sul piano dell’azione succede poco o nulla, sul piano della personalità dei protagonisti qualcosa accade: come nel caso di Childan che, da servile trafficante di merce ambita dai giapponesi, comprende infine il valore della propria nazione e cultura; o di Tagomi che d’istinto farà grazia ad un ebreo senza neppure conoscerlo.

«Se non si può salvare il mondo dalla dittatura e dalle pratiche di sterminio di quell’Impero del Male che è il nazismo, almeno si può redimere la vita di un artista americano emarginato e perseguitato, affinché continui a “parlare”, in modo sommesso e indiretto, al proprio Paese» (Carlo Pagetti, Introduzione a La svastica sul sole, Fanucci 2019, p. 12).

C’è, dunque, una qualche forma di redenzione per i protagonisti di una storia di acquiescenza verso un potere rozzo e brutale come quello nazista o sottile e raffinato come quello nipponico, ma le vicende procedono faticosamente per il lettore, rallentato dalle tante storie affiancate che non si incontrano che di rado, talvolta per niente. L’idea, ripeto, è geniale (anche se Dick non è stato il primo ad averla), la realizzazione meno. Alla fine, il protagonista si rivela forse essere quell’uomo nell’alto castello che ha avuto il coraggio di proporre una realtà alternativa. Come a dire: solo i libri permettono uno sguardo nuovo e coraggioso sulla realtà. Che cosa tragga il lettore da tutto questo rimane problematico. Forse, un incoraggiamento a farsi carico dei problemi umani, almeno per quel tanto che un singolo individuo può fare con piccoli gesti nella sua vita. Un incoraggiamento a pensare.

La visione di fondo

L’ottica di Dick è sicuramente pessimistica. L’occupazione nipponica, nell’interpretazione di Dick, risulta civile e umana, in contrasto con la realtà storica della politica bellica del Giappone, specialmente in Cina. L’umanità dà il peggio di sé nella dittatura nazista.

«Vogliono essere gli agenti, non le vittime, della storia. Si identificano con la potenza di Dio e credono di essere simili a dèi. Questa è la loro pazzia di fondo. Sono sopraffatti da qualche archetipo; il loro ego si è dilatato psicoticamente a tal punto che non sanno più dire dove cominciano loro e dove finisce la divinità. Non è hybris, non è orgoglio; è l’ego gonfiato a dismisura, fino all’estremo… la confusione fra colui che adora e colui che è adorato. L’uomo non ha divorato Dio; Dio ha divorato l’uomo» (P.K. DIck, La svastica sul sole, p. 66).

Una cosa si può notare nei panorami storici abbozzati da Dick nel romanzo, quello totalmente alternativo della vittoria dell’Asse e quello in parte alternativo della vittoria degli alleati nel finto romanzo dentro il romanzo; in entrambi i casi, la Russia sparisce dalla scena internazionale, o perché sbaragliata dai tedeschi o perché collassata per ragioni interne. Un pio desiderio dell’autore?