Due alberi, dunque, stanno in mezzo al giardino. La simbologia dell’albero è presente anche nei miti pagani, soprattutto per quanto riguarda l’albero della vita.
L’albero della vita
La pianta della vita è simbolo di prosperità, ed è menzionata nelle iscrizioni regali assire:
«Noi eravamo dei cani morti, ma il re mio signore ci ha reso la vita presentando alle nostre nari la pianta della vita».
Adad-Ninari, re degli assiri, dichiara che il dio Assur «ha reso buono come la pianta della vita il suo governo sulle genti del paese di Assur».
Il re Assarhaddon, figlio di Sennacherib, promette: «Il mio regno sarà salutifero per i corpi degli uomin quanto la pianta della vita».
In Egitto si ricordava una pianta da cui si distillava una bevanda di immortalità per gli dei e gli uomini, come il nettare degli dei dell’Olimpo; secondo le tradizioni iraniche la salute, la forza e la longevità erano conferite da Haoma, chiamato «l’albero che allontana la morte».
L’albero della conoscenza del bene e del male
L’albero della conoscenza del bene e del male, invece, non ha paralleli espliciti nella letteratura mondiale e neppure in altri luoghi della Bibbia. Anche la letteratura mesopotamica lo ignora. Esiste però una divinità sumerica dal nome Nungish-zi-da che significa «Signore dell’albero della verità» o «dell’albero vero», e nella iconografica babilonese all’ingresso del cielo sono rappresentati l’albero della vita e l’albero della verità. A Mari si è scoperto un sigillo che rappresenta una divinità fra due alberi.
Inoltre, in tutta l’antichità la conoscenza mantica era spesso collegata ad alberi famosi. In Grecia la quercia di Dodona, in Genesi 12,6 la quercia di Moreh = Colui che insegna, in Giud 9,37 la «quercia degli indovini»; in Giud 4,5 la palma di Deborah, seduta sotto la quale Deborah giudicava gli israeliti.
Cosa simboleggia l’albero della conoscenza?
«Da‘ath» = conoscenza nel linguaggio biblico non è solo un’attività intellettiva, ma un conoscere esperienziale che coinvolge tutta la vita dell’uomo. Nella letteratura sapienziale equivale al discernimento, cioè alla comprensione non delle cose ma del valore, dell’utilità di esse.
«Conoscere il bene e il male» («tov wara‘») è una formula che ricorre spesso nella Bibbia a indicare la totalità positiva o negativa, quindi la conoscenza di tutto. Qui può designare l’onniscienza, che è prerogativa solo divina, ma anche la distinzione fra il bene e il male: questa sapienza deriva all’uomo solo da Dio e non dal suo arbitrio. Ricordiamo che «yada‘» = conoscere non indica solo la conoscenza intellettuale ma anche l’esperienza, la familiarità, l’amore, il possesso. Quindi il limite non si riferisce alla capacità cognitiva dell’uomo ma alla decisione di ciò che è bene e ciò che è male.
Più che una proibizione, dunque, l’albero della conoscenza del bene e del male, vietato all’uomo, rappresenta un limite: l’uomo deve cercare le proprie risposte solo in Dio, non può affermare la propria assoluta autonomia, negando lo statuto di creatura. L’uomo riceve tutto da Dio, e fin quando accoglie la sua grazia può prendere senza limiti dall’albero della vita, ma deve rispettare la legge della propria condizione creaturale.