
Oggi facciamo memoria di un sacerdote dalla vita un po’ singolare, perché è stato parroco e docente di S. Scrittura, ma ha sempre cercato di comporre questa sua vocazione con un’altra passione nata ancora più a monte: la musica. Sto parlando di don Paolo Pasolini, scomparso il 14 giugno scorso a Piombino, nell’ospedale di comunità ove era ricoverato. Soffriva, infatti, di varie patologie che ne hanno minato gravemente il fisico. Aveva 72 anni.
La sua scomparsa ha lasciato un vuoto in molte persone, non ostante il calvario che negli ultimi anni aveva dovuto affrontare e che gli aveva impedito l’esercizio del ministero attivo. «Addio al parroco amato da tutti», titola il giornale online MaremmaOggi. E prosegue: «Don Paolo viene oggi ricordato da molti per la sua cordialità e la grande passione musicale. Quel sorriso, quell’animo buono, che così tante volte avevano accolto i fedeli in chiesa, saranno ricordati da tanti».
Lascio che sia lui stesso a raccontarsi, come fece nel 2014 quando gli chiesi di presentarsi sulle pagine locali di Toscana Oggi.
Don Paolo si racconta

«Nato a Rimini l’8 maggio 1951, già all’età di 4 anni mostravo un interesse particolare per la musica. Terminata la scuola dell’obbligo e dopo una breve esperienza di lavoro come odontotecnico, entrai a far parte del gruppo “I Bisonti” il cui leader è Bruno Castiglia. Mi trasferii a Milano all’età di 15 anni nel 1966 e vi rimasi fino al 1971. Periodo in cui i Bisonti riscuotono un discreto successo in tutto il Paese con il brano “Occhi di sole”.
Numerose le tournée in Italia e all’estero e le partecipazioni agli eventi cult dell’epoca: “Sette voci”, “Disco per l’estate”, “Cantagiro”, ecc. All’attivo i Bisonti hanno anche 2 LP e più di una decina di 45 giri.
Tornato a Rimini nel 1971, formai nuovi gruppi musicali ed una casa di produzione di audiovisivi nel campo della pubblicità. Tramite Greenpeace, girai anche due documentari sulle foche spiaggiate a causa della diossina nel Mare del Nord e sui delfini in cattività.
La svolta della vita: il coro dei camaldolesi
Nel 1978 la svolta. Sollecitato da un amico riminese, rimasto senz’auto e desideroso di recarsi a Camaldoli per salutare alcuni amici monaci che si stavano per spostare in Trentino per fondare un nuovo monastero camaldolese, accettai di accompagnarlo a Camaldoli. È il 12 dicembre del 1978, intorno alle 19 di sera: giungiamo in monastero proprio durante il Vespro. La visione dei monaci che intonavano Salmi nel coro della chiesa del monastero in un’atmosfera surreale, e la conoscenza dei monaci stessi, lasciano una traccia profonda in me: di lì a poco sarei diventato un assiduo frequentatore di Camaldoli. Quell’esperienza mi indurrà ad approfondire il mio rapporto con Dio e con la fede.
La vocazione sacerdotale
Sostenuto da un sacerdote che diventerà il mio padre spirituale, iniziai il cammino degli studi che si concluderà a Roma nel 1993 con la Licenza in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana. Dopo essere entrato a far parte dei Missionari del Preziosissimo Sangue, fondati da S. Gaspare del Bufalo, ed ordinato sacerdote nel 1990, rimasi a Roma fino al 2006 per poi essere accolto nella Diocesi di Massa Marittima – Piombino».
Nella diocesi di Massa Marittima – Piombino

Qui cessa il suo racconto. Continuo io la sua storia, dopo l’approdo nella nostra diocesi. Ricordo l’incarico di direttore dell’Archivio storico diocesano, di viceparroco o parroco in varie località come Follonica, San Carlo (San Vincenzo), Portoferraio e infine di parroco della parrocchia della Madonna di Montenero ai Diaccioni di Piombino. Ma lo ricordo soprattutto per le mansioni di docente che ha svolto presso la nostra Scuola di Teologia, dove ha tenuto corsi di Ecumenismo oltre che di Ebraico e di Letteratura paolina.
L’accoglienza
Persona sempre disponibile, gentile, cordiale, ha lasciato il segno in chi lo ha conosciuto. È rimasto come un’icona di accoglienza e amabilità. E questo non solo con gli esseri umani, chiunque fossero: amante degli animali come creature di Dio, aveva due gatte, due randagie, Petra e Mammina, che adesso sono ben collocate presso il gattile dell’Enpa al Castello di Piombino.
Sensibile ai temi sociali e caritativi, rispose subito all’appello che papa Francesco lanciò nel 2015 invitando le parrocchie all’accoglienza dei migranti. Scriveva:
«Quella del Papa è un’idea splendida. E come parroci dovremmo organizzarci per accogliere i profughi negli spazi delle nostre canoniche. Dovremo trovare le modalità e i criteri attraverso i quali seguire questa strada così che le parrocchie si possano fare carico delle famiglie di migranti… Non è più ammissibile restare a guardare in silenzio le immagini di questa tragedia, ma è importante che tutti si mettano in gioco. La mia parrocchia è pronta a fare la sua parte anche se al momento non disponiamo di locali liberi per l’ospitalità dei migranti. Valuteremo eventuali soluzioni. Il prossimo passo sarà incontrarsi con le istituzioni e i vari enti pubblici per capire come poterci muovere».
Purtroppo le vicende della vita lo hanno portato via prima che potesse concretizzare questo suo desiderio.
La musica
Don Paolo non ha mai dimenticato nemmeno la sua passione per la musica, continuando a coltivarla privatamente col gruppo piombinese Grey & Green dove continuava a fare il tastierista. Un altro gruppo che ha beneficiato della sua partecipazione è quello dei Clippers, nato verso il 2012 quando era così composto (lo descriveva lui stesso):
«Francesco, avvocato e insegnante piombinese, voce leader e mente dei Clippers; Luca, geologo, al sax tenore; Gianluca, Chef titolare di ristorante, alla chitarra elettrica; Claudio, promotore finanziario, al basso elettrico; infine lo stesso don Paolo, last entry ex Bisonti e più anziano del gruppo, alle tastiere».
Il gruppo, continuava don Paolo, «si è distinto per la duttilità del suo repertorio: dai brani classici della canzone italiana (Conte, de Gregori, ecc.) ai brani altrettanto classici della tradizione Rock (Lou Reed, David Bowie, Beatles, Pink Floyd, ecc.)». Ho voluto riportare le sue parole perché mi sembrava importante mettere in evidenza la sua competenza, la sua professionalità in materia, che non toglieva niente alla sua vocazione di sacerdote, anzi serviva a dare testimonianza anche al di fuori dell’ambiente ecclesiale.
L’Uomo interiore
Poi, dopo varie vicissitudini, l’aggravamento delle condizioni di salute e la morte. Due passi in particolare mi hanno colpito delle letture della Messa delle Esequie.
2 Corinzi 4
16 «Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. 17 Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, 18 perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.
Dal Vangelo secondo Giovanni
14 «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, ve l’avrei detto».
Ecco: a nulla vale rafforzare e sviluppare l’esteriorità, se non cresce l’Uomo interiore. Non ho dubbi che nella sua tribolazione don Paolo si sia affinato interiormente nell’Uomo interiore che era, preparandosi alla vita eterna nel Signore. Il quale ha tante dimore presso il Padre suo… sicuramente per don Paolo ci sarà un posto speciale.
Allora ad-Dio, don Paolo, il Signore ti dia pace – quella pace che negli ultimi tempi, umanamente, hai forse avuto ben poco. Certamente il nostro ricordo ti accompagnerà a lungo, e tu prega per noi.