In ricordo di don Mario Marcolini

Don Mario Marcolini

Cinque maggio 2008. La stampa locale titolava: «Grande folla per don Mario. La città si ferma e piange», e così ricordava don Mario Marcolini:

«Portoferraio ieri mattina si è fermata per l’ultimo omaggio al “suo” arciprete. Negozi chiusi in segno di lutto, saracinesche abbassate, bandiere del Palazzo municipale a mezz’asta e labari di enti e associazioni abbrunate. È stato l’estremo saluto a don Mario Marcolini, pochi minuti prima che il feretro, accompagnato dai familiari, s’imbarcasse sul traghetto per far ritorno al suo paese d’origine, Terno d’Isola (Bergamo). Quando la bara è uscita dalla porta centrale del duomo, la chiesa dove era stato chiamato dall’allora vescovo della diocesi Gualtiero Bassetti nel lontano aprile 1998, l’orologio della torre del municipio scandiva i rintocchi di mezzogiorno e la campana della chiesa suonava a distesa: il sacro e il profano, l’uno di fronte all’altro; in mezzo la fiumana di gente stretta attorno al feretro…

Nonostante la giornata lavorativa, ieri mattina la chiesa era stracolma di cittadini, come nei giorni delle grandi festività religiose. Persino dal sagrato, gruppi di persone hanno assistito alle esequie di don Mario».

Una persona molto popolare

Fu infatti una grande partecipazione di popolo la caratteristica peculiare di quella triste circostanza. C’erano gli scolari di alcune classi dove don Mario aveva insegnato religione, le Acli, le associazioni di volontariato, gente comune. Don Giorgio Mattera lesse la lettera di monsignor Gualtiero Bassetti che aveva nominato don Marcolini parroco della Natività.

«I fedeli lo hanno accompagnato fino a Porta a Mare», continua il cronista, «poi, con un lungo applauso, lo hanno restituito ai suoi cari». La gente lo attendeva per la messa delle 9, ma lui non si era presentato, provocando l’allarme tra i fedeli che avevano poi fatto la tragica scoperta. Don Mario Marcolini era stato trovato morto nella sua camera. Era il 5 maggio 2008.

Persona dinamica e atletica, portava bene i suoi 57 anni, si muoveva per la città in bicicletta, ed aveva un amichevole contatto con la gente di Portoferraio. Don Mario Marcolini era nato in provincia di Bergamo il 10 settembre 1951 ed aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 5 giugno 1976; il 26 aprile 1998 era arrivato alla parrocchia della Natività dopo essere stato vice parroco a San Vincenzo e parroco a Riotorto per oltre 10 anni.

Aveva obbedito senza fare storie alla richiesta del vescovo che lo mandava a Portoferraio, anche se lasciare il «continente» aveva comportato per lui anche la rinuncia alla docenza di Roma, dove insegnava da diversi anni essendo in possesso della licenza in catechetica conseguita presso la Pontificia università Salesiana. Aveva, invece, continuato a mantenere un vivo rapporto con la Scuola di teologia di Piombino, dove insegnava fin dal momento della sua costituzione nel 1999, quando era sede periferica dell’Issr «N. Stenone» di Pisa, ed era molto apprezzato dagli studenti.

Un uomo povero

E noi della Scuola di teologia c’eravamo, alle sue esequie, nella ressa che affollava il duomo di Portoferraio. C’eravamo, e rimanemmo assai colpiti dalla prima lettura della Messa, che non era altro che la lettura della Messa feriale del giorno:

«“Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l’eredità con tutti i santificati. Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!”. Detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave» (At 20, 32-38).

Da non credere! Memori delle corse folli in macchina per accompagnare don Mario al porto in modo da fargli prendere di corsa la nave, gli studenti non potevano che rimanere colpiti dalla coincidenza. Ma non è l’unica: le parole «non ho desiderato né argento né oro, in tutte le maniere vi ho dimostrato che si devono soccorrere i deboli», si attagliano a meraviglia allo stile di vita di don Mario, alla cifra principale della sua esistenza: un uomo povero, innamorato dei poveri e dei libri.

La carità sociale e la carità intellettuale

Due le linee portanti della sua ministerialità: la carità, la cura delle persone in stato di bisogno materiale e sociale, e la cultura, la cura della formazione religiosa, quella «carità intellettuale», come la denominò Rosmini, in grazia della quale era stato per anni direttore dell’ufficio catechistico diocesano. In ricordo della sua attenzione ai deboli, nel 2010 la sua cittadina natale gli aveva dedicato una struttura pubblica dedicata alla carità.

Uomo intelligente, libero, schietto, diretto, era maestro di catechetica e di scienze umane. Il suo ricordo accompagnerà chi lo ha conosciuto.