Dodici anni con Francesco

Dodici anni con Francesco

Dodici anni con Francesco, dunque. Con papa Francesco: perché con l’altro Francesco, il santo di Assisi, stiamo facendo un cammino da oltre otto secoli. Ma proprio il papa che ha voluto prendere il suo nome (una delle sue mosse spiazzanti) ce lo ha voluto rinverdire nella Chiesa.

I miei Papi

Io i papi di questi ultimi ottant’anni li ho visti tutti di persona, persino papa Luciani. Il grande papa della mia infanzia, Pio XII, in una udienza alla diocesi di Livorno, in S. Pietro. Ero piccola, ricordo che rischiai di essere schiacciata dalla folla che si accalcava per vederlo. Papa Giovanni, che sconvolse gli schemi col suo comportamento non formale, anche lui in una udienza in S. Pietro alla diocesi di Livorno: disse che Livorno era una bella città, che c’erano i Quattro Mori… cosa si poteva volere di più? Doveva essere un papa di transizione e cambiò il mondo. Paolo VI, sempre in S. Pietro sulla sedia gestatoria, il papa del post-concilio. Persino Giovanni Paolo I, incredibile! Eravamo a Roma quando fu eletto e si presentò alla Loggia delle Benedizioni: la sua vita da papa una toccata e fuga… Poi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, lontanissimi, nelle udienze che ormai si tenevano in piazza S. Pietro. Ma papa Francesco… lui l’ho visto più volte e l’ho anche incontrato di persona in una udienza all’Abi (Associazione Biblisti italiani) nella sala Sisto-Clementina dei Palazzi vaticani. Una grazia per me. E per tutti…

Dodici anni con Francesco

Dodici anni fa non conoscevo affatto il card. Bergoglio quando con la sua corte, divenuto Francesco, si presentò al fatidico balcone. Temevo di sentire, nell’annuncio dell’Habemus Papam, un altro nome tra quelli papabili che non menziono; invece fu fatto un nome che mi era sconosciuto. Vedendolo, mi sembrò una sorta di Pio XI molto legato nei movimenti, quasi ingessato. Ma quando si sciolse in quel Buonasera! l’apparenza disparve e rimase il sorriso. E le parole!

Le prime parole di Francesco

«Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo; ma siamo qui.

Vi ringrazio per l’accoglienza della comunità diocesana di Roma al suo vescovo. Grazie e prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito Benedetto XVI…

E adesso incominciamo questo cammino vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma che è quella che presiede nella carità a tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, d’amore, di fiducia fra noi. Preghiamo sempre per noi l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo… sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa tanto bella città

Adesso vorrei dare la benedizione. Ma prima vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica, la preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo vescovo.

Adesso vi do la benedizione, a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà…

Fratelli e sorelle, vi lascio; grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto: ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buonanotte e buon riposo».

Queste semplici parole

In queste semplici parole c’era già il complesso programma del suo Pontificato. Con quel “Vescovo di Roma” (della Chiesa «che presiede nella carità tutte le Chiese») ripetutamente affermato aveva abbattuto in un sol colpo una barriera di mille anni con la Chiesa ortodossa, tanto che Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, ascoltando queste parole si precipitò a prendere il primo aereo per Roma per poterlo incontrare. Fu anche il primo Patriarca di Costantinopoli, successore dell’apostolo Andrea, a partecipare alla cerimonia d’inizio di un pontificato in Vaticano. In un successivo incontro, Francesco lo chiamò «Mio fratello Andrea»!

In queste semplici parole era già contenuto il processo di sinodalità tuttora in corso: questo vuol dire, infatti, camminare insieme; «Incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo». Era anche il senso del chiedere al popolo di pregare per il suo Vescovo, prima che il Vescovo impartisse la benedizione al suo popolo: non annullare la gerarchia, ma restituirla ad una dimensione anche palpabile di comunione.

In queste semplici parole era già espressa quella volontà di farsi prossimo all’intera famiglia umana, che poi preciserà con le immagini della Chiesa «ospedale da campo», della Chiesa «in uscita», del pastore che sa di pecora e con la richiesta della «conversione pastorale» a tutta la compagine ecclesiastica.

Il suo nome «Francesco», inedito per il Papato, portava in sé tanti significati: la cura verso i poveri; il rapporto fraterno con tutti gli uomini, al di là dei muri, anche con i popoli di altre fedi; la fratellanza con tutto il creato.

Sembra talvolta che Francesco voglia forzare la Chiesa a cambiare… ma è lui, invece, a seguire la Chiesa nel suo cammino, come chiarì in una intervista del 17 novembre 2017 per Avvenire: «Non sono io. Questo è il cammino dal Concilio che va avanti, che s’intensifica… motus in fine velocior, come dice Aristotele. Questo è il cammino della Chiesa. Io seguo la Chiesa».

In quelle semplici parole di quella prima sera era già contenuto tutto il programma di questi dodici anni con Francesco… che il Signore ce lo conservi ancora a lungo.