Le dimissioni di Benedetto XVI. Il testo

Dimissioni Benedetto XVI: testo

Benedetto XVI aveva dunque preso una sofferta ma ponderata e convinta decisione: quella di rassegnare le sue dimissioni (vedere QUI). Avrebbe voluto annunciarlo il 21 dicembre, ma il segretario lo convinse a rimandare onde non funestare il Natale. Fu scelto, allora, l’11 febbraio, giornata mondiale del malato, come data più adatta. C’era, adesso, da stendere il testo. Apriti cielo!

Gli errori della Declaratio

Il testo originale latino conteneva infatti tre errori, di cui due impercettibili nella traduzione italiana, e il terzo puro refuso di digitazione: 29 anziché 20. Sì, gli errori sono grossolani, ma tutti giustificabili nell’emozione del momento non solo di Benedetto XVI ma anche dei suoi collaboratori (per non parlare della tarda età del Pontefice), e prontamente corretti. Ma no, Cionci ne fa un gran chiasso. Scrive, in Codice Ratzinger:

«La nostra inchiesta è partita proprio dagli errori di latino nella Declaratio, già rilevati “a caldo” dai filologi Luciano Canfora e Wilfried Stroh che, anni dopo, il latinista Fra Alexis Bugnolo interpreta per la prima volta come segnali per attirare l’attenzione sulla Declaratio… Essa, oltre a presentare degli errori di sintassi, è anche scritta in un latino molto semplificato, quasi gergale, come hanno confermato tutti i latinisti già interpellati. Tutto questo è imprevedibile e impensabile per un eccellente, raffinato latinista come Joseph Ratzinger, un sommo intellettuale ecclesiastico capace perfino di pensare o dettare omelie in latino. Appare quindi evidente che tali errori fossero funzionali a richiamare l’attenzione sull’invalidità dell’atto inteso come rinuncia» (p. 76).

Gli errori, secondo Cionci, non possono che essere voluti per segnalare criticamente che la dichiarazione non vuole in realtà significare quello che sembra e che le dimissioni sono invalide.

Cioè, dal fine latinista Ratzinger, che aveva 86 anni e si sentiva declinare le forze fisiche e psichiche, come afferma anche nella Declaratio (vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur), Cionci pretenderebbe il rigore linguistico di Cicerone, pena la presunta nullità dell’atto?

Le dimissioni: l’iter del testo

Seguiamo invece il racconto del suo segretario particolare, don Georg.

«Benedetto aveva cominciato a fine gennaio a stendere la bozza del testo che avrebbe letto in Concistoro. La sua decisione di scrivere in latino fu ovvia, poiché da sempre è questa la lingua dei documenti ufficiali della Chiesa cat­tolica. La formula della rinuncia venne ultimata dal Papa il 7 febbraio. Portai personalmente il foglio nell’apparta­mento del cardinale Bertone, dove lo leggemmo insieme con monsignor Giampiero Gloder, coordinatore in Segreteria di Stato della redazione finale dei testi pontifici. Vennero suggerite piccole correzioni ortografiche e qualche pre­cisazione giuridica, cosicché il testo definitivo fu pronto per domenica 10 febbraio, quando si provvide anche alle traduzioni in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco».

La revisione del testo

Come è ovvio, anche questo documento, come tutti i documenti pontifici, fu sottoposto all’esame di una serie di persone che dovevano dargli la forma finale. Don Georg continua:

«L’estrema segretezza con cui fu elaborato il testo com­portò il coinvolgimento di pochissime persone. Come è ovvio, la competenza linguistica spesso privilegia la capa­cità di leggere da una lingua straniera e di comprenderne le sfumature. Non sempre è altrettanto perfetta la scrittura direttamente in quella lingua, particolarmente se non c’è un costante esercizio. Perciò, cercando di dare un anda­mento armonioso alla costruzione latina, non ci si accorse che una concordanza latina non era corretta: l’accusativo commissum collegato al dativo ministerio, al posto di com­misso, nella frase “declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus cardinalium die 19 aprilis MMV commissum” (“dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005”).

Per una inappropriata digitazione, la prima versione resa nota dalla Sala stampa recava altri due errori, come il pre­cedente rapidamente sistemati sul sito vaticano nel primo pomeriggio di quell’11 febbraio: un pro Ecclesiae vitae al posto di pro Ecclesiae vita («per la vita della Chiesa»), e un hora 29 invece di hora 20. Ma questi non erano presenti sul foglio che Benedetto tenne fra le mani, poiché, come si rileva dalla videoregistrazione, ambedue furono invece pronunciati correttamente (Nient’altro che la verità, p. 200-201)».

Il video dell’annuncio

Niente di contorto, dunque. A meno che sia papa Ratzinger che il suo affezionato segretario don Georg non fossero due mentitori incalliti… Riascoltiamo, a questo proposito, la dichiarazione spontanea di Benedetto XVI a conclusione del suo saluto ai cardinali:

«Prima di salutarvi personalmente desidero dirvi che continuerò ad esservi vicino con la preghiera specialmente nei prossimi ciorni [sic] affinché siate pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che il Signore vi mostri qvello [sic] che è voluto da Lui. E tra voi c’è anche il futuro Papa al quale già occi [sic] prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza. Per tutto questo con affetto e riconoscenza vi imparto [sic] di cuore la benedizione apostolica».