Uno degli episodi più famosi e significativi del libro dei GIudici resta, nei cap. 4-5, quello che ha per protagonista una profetessa, Deborah, che incita il condottiero Baraq alla vittoria contro Sisara capo dell’esercito di Canaan, e vedendo la sua incertezza lo ammonisce che Dio metterà il suo nemico nelle mani di una donna (Giaele). La vittoria è celebrata da Deborah con un canto epico.
Giudice, profeta e madre
Gdc 4,4 presenta Debora indicandone tre caratteristiche: profetessa, sposa e giudice. Il nome, Deborah, significa «Ape»: un nome pacifico, casalingo, produttivo. Un nome materno: nel Preconio pasquale, il cero che simboleggia Cristo viene definito «frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce; pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore, ma si accresce nel consumarsi della cera che l’ape madre ha prodotto per alimentare questa preziosa lampada».
Il nome di Deborah, d’altra parte, è composto dalle tre lettere DBR, radicali del verbo dabar, parlare, e del sostantivo dabar, il quale significa sia parola che cosa: una «parola che diviene fatto». L’ape ronza ma opera e produce. Deborah parla e opera, con la sua parola e con le sue azioni raccoglie il popolo dandogli unità e identità. Il testo la presenta inoltre come eshet Lappidoth, che può significare «moglie di Lappidoth», ma anche «donna del fuoco» (Lappidoth significa infatti «fiaccole»), donna impetuosa, fiammeggiante, vicina al Dio che si rivela in mezzo alla tempesta.
Gdc 5,7 le farà pronunciare queste parole profetiche:
«fin da quando sorsi io, Deborah,
sorsi [come] madre in Israele».
Deborah, che siede sotto «il palmeto di Deborah» per amministrare la giustizia, sorge come il sole, si alza per salvare Israele, madre in Israele. Questo titolo inusuale la equipara, ben oltre la concezione corrente della maternità esclusivamente intesa come maternità fisica, ai patriarchi.
Pure inusuale è l’esercizio della profezia da parte di donne, eppure la tradizione giudaica conosce 7 donne col titolo di profetessa: Sara – Myriam – Deborah– Anna – Abigail – Hulda – Ester [in corsivo quelle che ricevono il titolo di profetessa dal testo biblico], persone che hanno letto la volontà di Dio nei fatti della vita.
L’Ape e il Fulmine
Baraq, che è il capo delle truppe (il suo nome significa Fulmine: un vero e proprio fulmine di guerra, che ha paura del nemico!), prende coraggio solo dalla fede di Deborah e scendendo dal monte Tabor sconfigge l’esercito di Sisara, ma Sisara stesso cadrà per mano di una donna non israelita, Giaele (significato del nome: «Capra di montagna»), moglie di un Qenita.
L’azione normale della donna si svolge al coperto: Deborah giudica sotto la sua palma, Giaele si muove dentro la sua tenda. La storia della salvezza le spinge all’aperto: Deborah si alza e marcia con Baraq, Giaele esce incontro a Sisara.
Alla gloria delle loro azioni corrisponde l’umiliazione dei due uomini. È una storia alla rovescia, dove vincono i deboli che credono nella forza di Dio.