
Notizie incoraggianti, almeno tecnicamente, sul fronte della de-estinzione: si può fare, si farà, i primi cuccioli di mammut lanoso sono previsti per il 2028… Alle porte co’ sassi, come si dice dalle nostre parti.
Il motivo è quello di preservare o restaurare la biodiversità, conservando o riportando in vita per quanto possibile specie che nel primo caso sono in via di estinzione e nel secondo sono già estinte. Già, ma da quanto tempo? Non certo da 65 milioni di anni, come nel romanzo visionario di Crichton Jurassik Park: il Dna dei dinosauri, ammesso che venga trovato, è troppo deteriorato dal tempo edace perché possa essere utilizzato. Spiacente.

Se il Dna dei dinosauri è destinato a rimanere nel mondo della fantascienza, ce ne sono altri molto più freschi: quello del mammut, estinto “solo” da 4.000 anni, del dodo, in vita fino al 1681, del tilacino o tigre della Tasmania, vivente con certezza fino al 1936 e forse – chissà – ancora esistente in qualche angolo nascosto del suo habitat… Questi casi sono ritenuti plausibili per un progetto di de-estinzione, cui si sta già lavorando. Tanto più che si tratta di animali vittime della sesta estinzione di massa, quella provocata dall’uomo e non da eventi naturali come le precedenti (Siluriana, 450 milioni di anni fa: esplosione di una supernova? Devoniana, 375 milioni di anni fa: riscaldamento globale? Triassica, 250 milioni di anni fa: asteroide? Giurassica, 200 milioni di anni fa: riscaldamento globale? Cretacea, 65 milioni di anni fa: asteroide?).

L’azienda biotecnologica di Dallas “Colossal Bioscience” (ahimè, mi sa tanto di ByoGen, la società che combina tutti quei guai a Jurassic Park…) sta compiendo significativi progressi per raggiungere l’ambizioso traguardo di riportare in vita i tre animali sopradetti. Il progetto più avanzato è quello riguardante i mammut. Non si tratta propriamente di clonazione, ma di manipolazione genetica consistente nel selezionare i caratteri genetici più arcaici creando un embrione da far gestare ad una femmina di elefante asiatico, specie che condivide con il mammut il 99,6% del materiale genetico: una passeggiata…
Il tilacino

Grandi progressi anche per il tilacino o tigre o lupo della Tasmania, il cui embrione dovrebbe essere impiantato in una femmina di topo marsupiale dalla coda grassa, il più simile geneticamente. Le dimensioni sono ben diverse, ma trattandosi di marsupiali i neonati sono di dimensioni minuscole e non causerebbero problemi alla madre surrogata. Inoltre, l’habitat della Tasmania è rimasto quasi invariato e consentirebbe una facile reintroduzione in natura della tigre della Tasmania. Un po’ più in alto mare, invece, il progetto “dodo”.
La de-estinzione si può fare, ma è giusto farla?

La de-estinzione è il processo di ricreazione artificiale di un organismo appartenente ad una specie estinta. La clonazione è il metodo più conosciuto, ma l’allevamento selettivo ha già dimostrato di poter essere utilizzato con successo (come nel caso del Quagga).
Secondo l’azienda responsabile del progetto, di una reintroduzione di queste specie beneficerebbero anche gli equilibri ecosistemici. I mammut, soprattutto, calpestando il permafrost, la crosta gelata della Siberia, gli impedirebbero di sciogliersi emettendo nello scioglimento quantità micidiali di gas metano. Cioè, calpestando l’erba, abbattendo alberi e compattando la neve, rallenterebbero il disgelo del permafrost che comporta il pericoloso rilascio di metano nell’atmosfera. Pensate! Il ritorno dei mammut potrebbe contribuire a restituire stabilità ad un ambiente naturale la cui compromissione, causata dal riscaldamento globale prodotto dall’uomo, avrebbe effetti disastrosi sul pianeta in cui viviamo. Non tutti gli studiosi sono d’accordo, per alcuni questi animali potrebbero trovare il proprio posto solo in un recinto. Proprio come in Jurassic Park.

Il processo di de-estinzione, in effetti, è controverso: molti affermano che sarebbe meglio concentrarsi sulla conservazione delle specie attualmente a rischio, e fanno presente che gli habitat originali delle specie estinte ormai si sono adattati alla loro assenza. Che cosa succederebbe con la loro reintroduzione in natura? Diverrebbero a loro volta specie invasive? Inoltre, questi progetti possono solo portare ad imitare le caratteristiche genetiche delle specie estinte, ma non possono rigenerare perfettamente la loro diversità genetica.
Con la de-estinzione avremmo di fronte un processo fortemente manipolatorio della natura. D’altra parte, riportare in vita questi magnifici animali potrebbe costituire una sorta di risarcimento alla natura stessa per le perdite che le sono state inflitte.