
Davide e i salmi: un rapporto obbligato. La maggior parte dei salmi comincia con un «titolo» che ne esprime l’autore o descrive le circostanze della loro composizione. Risulta qui evidente la tradizione secondo cui i Salmi furono composti, in gran parte, da Davide. Si ritiene che i salmi non siano stati messi per scritto prima del VI secolo a.C., e poiché Davide ha regnato verso l’anno 1000, il materiale risalente a Davide dovrebbe essere stato preservato dalla tradizione orale per secoli. Cosa indubbiamente possibile nella tenace memoria popolare di quei tempi. Ma perché è così duratura e importante l’attribuzione dei salmi a Davide? Chi è Davide?
Il Davide delle Cronache
Sulla figura di Davide si dilungano numerosi testi biblici, in particolare i libri di Samuele, Re e Cronache. Il Cronista, addirittura, fa di Davide il punto focale di tutta la storia, facendoci scorrere davanti agli occhi pagine e pagine di genealogie, ben 9 capitoli fitti di nomi quasi fossero titoli di coda (qui, di apertura) che fluiscono rapidi in una corsa vertiginosa di secoli, finché giunto a Davide il tempo sospende il suo flusso: è come se trattenesse il respiro perché ha ottenuto il proprio scopo, quello di arrivare a contemplare in Davide l’istitutore del culto e del canto, il compositore di laudi al suono di strumenti musicali, il culto dei «cantori con gli strumenti musicali, arpe, cetre e cembali, perché, levando la loro voce, facessero udire i suoni di gioia» (1 Cr 15,16).
Siamo nel IV secolo quando il Cronista compone la sua opera, dunque molto lontani dall’epoca in cui Davide è vissuto (XI secolo), e il vagheggiamento della sua figura idealizzata, ieratica come un’icona, ne sopprime tutti gli aspetti umani, la persecuzione, il travaglio per salire al trono, il peccato, le tragedie familiari, la detronizzazione e l’esilio, il declino senile. Resta solo il santo re Davide, autore dei Salmi e organizzatore del culto del tempio: non tanto, però, quello sacrificale, quanto quello, più puro, del canto.
Nell’opera storica del Cronista non è più il sacrificio cruento ad essere gradito a Dio, ma l’offerta delle labbra che cantano a lui. E, in effetti, nel corso dei secoli il sacrificio è del tutto cessato, mentre il canto dei salmi è rimasto… Un canto di cui Davide viene riconosciuto come l’iniziatore, anche se le forme poetiche cui i salmi si rifanno sono pre-davidiche, di origine cananaica e pagana.
Il Davide di Samuele

Ma anche il più arcaico libro di Samuele, che riporta tutti gli aspetti problematici della vicenda e della figura di Davide, ha cura di presentare il re non solo come cantore di corte (1 Sam 16,23), ma anche in atto di danzare e cantare davanti all’arca di Dio con gioia (2 Sam. 6,12), con tutte le forze, con canti e con cetre, arpe, timpani, sistri e cembali (6,5); «Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore… Cinto di un efod di lino… con tripudi e a suon di tromba» (6,14 s.), «saltava e danzava» (6,16). L’importanza della musica sacra per Davide è innegabile, tanto è vero che è rimasto la figura centrale, come compositore e orante, nel Salterio.
L’arpa di David
Il Talmud narra che un’arpa era appesa sopra il letto di David, e a mezzanotte un vento del nord soffiava e faceva sì che la lira suonasse da sola. David si svegliava all’istante e pregava fino alle prime luci dell’alba.
Le opinioni divergono riguardo al numero di corde dell’arpa di Davide. Da alcuni Salmi risulta che essa aveva sette corde; al contrario, è possibile interpretare il titolo di un altro salmo come se l’arpa avesse otto corde. Ma non si può ignorare il titolo di un altro salmo che annota: «Sul decacordo e sulla lira, con canti accompagnati da un’arpa», e ciò implica che l’arpa avesse dieci corde. Quindi, David suonava con un’arpa a sette corde, ad otto o a dieci?
Ci si può chiedere che importanza abbia tutto questo. Nessuna, da un punto di vista letterale. Ma se si passa ad un significato spirituale, dobbiamo osservare che la musica è una delle realtà più raffinate del mondo terreno, trascende parola e intelletto e arriva a toccare le profondità dell’anima. Perciò il numero delle corde dell’arpa, secondo i rabbini, rappresenta i vari livelli di spiritualità. La stessa parola arpa, in ebraico kinnor, è composta dalla parola ner che significa lume (una allusione all’anima, che nel Libro dei Proverbi viene paragonata al lume di Dio), e dalle due lettere Kaf e waw che sommate danno il valore numerico del Nome stesso di Dio. L’arpa, quindi (questa spiegazione si trova nello Zohar), porta in sé la connotazione di «Lume del Signore», anima illuminata da Dio.
Sette, otto, dieci corde…
Ora, il numero sette rimanda alla natura (sette giorni della creazione, sette colori dell’arcobaleno, sette anni del ciclo sabbatico che porta al riposo della terra, sette attributi dell’animo umano: benevolenza, severità, armonia, perseveranza, umiltà, fondamento e splendore …). L’arpa a sette corde richiama dunque l’affinamento spirituale della natura umana.
Il numero otto, successivo a sette, è invece al di sopra della natura: è la santità che si eleva sull’ordine naturale. Nell’era messianica, i leviti cantori suoneranno un’arpa a otto corde.
Nel Mondo a Venire, poi, che succederà alla venuta del Messia, quando il mondo giungerà alla propria perfezione, ad essere suonata sarà l’arpa a dieci corde. Il mondo stesso è stato creato con Dieci Parole, e con Dieci Parole, cioè con i Dieci Comandamenti, Dio ha formato il suo popolo.
Il titolo dei salmi e Davide

Queste 150 straordinarie composizioni poetiche che sono i Salmi, e che costituiscono uno dei libri più celebri dell’Antico Testamento e quello che insieme ai Vangeli è il più usato nella liturgia cristiana, sono per la maggior parte fornite di «titoli» (solo 34 ne sono prive, e sono chiamate «salmi orfani») che cercano di storicizzare i salmi contestualizzandoli in qualche modo in un concreto momento storico.
Ben 101 salmi portano nel titolo il lamed di autore o di attribuzione, e di questi ben 73 volte il riferimento è a Davide. Non è detto che il titolo «di Davide» voglia presentare questi come l’autore letterario: il significato potrebbe essere più generico, come «dedicato a Davide», «ispirato a Davide» o «sullo stile di Davide».
Anche quando il titolo vuol legare la composizione di un salmo ad una circostanza storica della vita del re, non è detto che questo ci porti necessariamente a lui come all’autore letterario del salmo stesso: ne sono esempi i salmi 51, di epoca esilica, quindi molto posteriore a Davide, e 29, addirittura risalente ad un antico inno cananeo.
Al di là della paternità letteraria
In alcuni casi la paternità letteraria davidica è plausibile, come per il salmo 18, che trova un parallelo in 2 Sam 22,2-51. Ma Davide resta comunque la figura di riferimento, l’iniziatore e l’ispiratore di un genere letterario che nei secoli ha continuato a guardare a lui, «il Cantor dello Spirito Santo» come lo chiama Dante (Par. XX,37-42), colui che con la dolcezza del suo canto ha innalzato a Dio un santuario, non fatto di muri e di altari sacrificali, ma fatto del giubilo del cuore e del sacrificio delle labbra oranti davanti al Signore della sua vita.
Davide, nel Salterio, resta il tipo dell’orante, ma anche, per la sua qualità regale, il tipo del Messia, mediatore di alleanza eterna, e il tipo del profeta, colui che parla in modo ispirato celebrando le lodi del Signore. Ma ci sono altri motivi che giustificano il collegamento dei salmi a Davide. Motivi che riguardano la dimensione della preghiera.
(Continua)