
Non sono certo rimasta allibita dalla lettura del rapporto Censis 2024 commissionato dalla Cei sulla spiritualità degli italiani: no davvero. I dati possono essere sconfortanti per qualcuno, ma in certe zone non suscitano certo meraviglia…
Mi spiego: solo il 15,3% degli interpellati partecipa assiduamente ai riti religiosi. Niente di sconvolgente, se si pensa che a Piombino, dove abito, una trentacinquina di anni fa la percentuale era del 2%, la più bassa d’Italia, e Livorno non stava certo meglio; ma qualche anno dopo, da una indagine che avevo curato personalmente tra le parrocchie, risultava che la pratica religiosa si aggirava sull’8% circa. Io dico sempre che quando si tocca il fondo del mare ci possono anche dare una pala e farci scavare ancora, ma poi non si può fare altro che risalire…
Dati Censis 2024: Cattolici di nome e non di fatto
I dati Censis rilevano che per il 71,1% gli italiani si definiscono cattolici – di nome, però. La definizione è approssimativa, perché solo il 15,3% si dice praticante, mentre il 34,9% afferma di partecipare saltuariamente alla vita della Chiesa e il 20,9% si dichiara cattolico non praticante. Rimane dunque, per la maggior parte degli italiani, un qualche legame con la Chiesa cattolica, una sorta di identità, ma il più delle volte piuttosto tenue.
Più buie sono le previsioni per il futuro: perché la percentuale di coloro che si dichiarano cattolici nella fascia dai 18 ai 34 anni scende al 58,3%, e i praticanti sarebbero appena il 10,9%.
Una fede fai-da-te
Ma il problema dal mio punto di vista non riguarda i non credenti. Il problema è quel 55,8% degli italiani che si dichiara cattolico ma si limita ad una pratica religiosa saltuaria o addirittura assente. Il primo elemento che emerge in questo panorama è una concezione individualistica della fede: conta solo l’interiorità e non la dimensione comunitaria. L’appartenenza alla Chiesa, se c’è, resta spesso solo formale, ma non entra nell’esistenza. Oltre la metà di coloro che si dichiarano cattolici ma rimangono lontani dalla pratica regolare, il 56,1% degli italiani, spiega infatti di farlo perché vive “interiormente” la fede.
(Continua)