Ci sono autori che appartengono ad ogni tempo perché sono appartenuti fortemente al proprio. Non hanno sorvolato la vita, non l’hanno attraversata stando a guardare e facendo finta di non esserci, ma hanno profuso il loro impegno. Hanno cercato di leggere la realtà del passato e del presente ed hanno tentato di profilare una realtà futura; per questo hanno conosciuto l’uomo e la storia nel profondo e rimangono sempre attuali.
Dante è uno di questi: uomo che raccoglie in sé l’eredità della classicità e del Medioevo, porta già in sé anche i germi del futuro. È in qualche modo un nostro contemporaneo.
Quindi, che cosa ha da dire la sua Commedia – divina, giustamente, la appellò il Boccaccio – ai nostri tempi, tempi opachi in cui è forte il desiderio di sicurezza e di benessere, ma non altrettanto forti sembrano le risposte a questo desiderio?
Una triplice «conversione»
Von Balthasar, esaminando l’opera di Dante, individuò una triplice conversione del poeta:
- La conversione alla lingua volgare (facendone uscire un messaggio rivolto a tutti)
- Alla laicità (facendo uscire la riflessione teologica dalle scuole per farla divenire indagine sulla possibilità di una esistenza etico-politica nel mondo)
- Alla storia (uscendo dalla Turris eburnea dello studioso in quanto l’opera dello scrittore mira alla concretezza dell’agire, alla storia, appunto).
E la Divina Commedia è tutto questo, pur facendo uso di un linguaggio fantastico. In fondo – non vi sembri azzardata questa immagine – la Divina Commedia è un poderoso fantasy, e come direbbero concordemente Tolkien e C.S. Lewis moderni padri di tal genere letterario, la fantasia non è evasione dalla realtà, è visione della realtà da un angolo divergente che, proprio perché inconsueto, fa luce (phaino), coinvolge e sprona a prendere posizione di fronte ad essa.
Di realtà nel poema dantesco ce n’è tanta. La Divina Commedia non è un castello di sogni, è una cattedrale poetica che raccoglie ed offre in sé tutto quanto esiste nella vita; in male (per denunciarlo) e in bene (per additarlo). Ma è una cattedrale dinamica, non statica, che conduce in avanti. Le rime delle terzine dantesche, che si snodano per ben 100 canti, costituiscono esse stesse un cammino che accompagna il pellegrinaggio del lettore verso la mèta, di rima in rima. ABA, BCB, CDC… tutta la vita dalla A alla Z, anzi dall’Alfa all’Omega.
Un poema che parla di impegno
Prima di tutto, quindi, la Divina Commedia parla di impegno. È risaputo che, se c’è una categoria verso la quale Dante non prova che disprezzo, si tratta degli ignavi, che dalla vita si tirarono fuori, limitandosi ad osservarla e sfruttarla (accomunati, in questo, agli avari ed ai traditori). Le situazioni vanno affrontate, non evitate o utilizzate a proprio uso e consumo. Uscire dall’interesse privato verso la storia, questo è il primo insegnamento.
Uno sguardo «divino» sulla realtà
Poi, Dante invita a rivolgere alla realtà uno sguardo «divino», o per meglio dire «teologico». Senza pretendere di vedere il mondo come lo vede Dio – non è questo il senso, anzi ammonisce: «state contenti, umane genti, al quia…» (Purg. III, 37) – la Divina Commedia incita ad avere una visuale ampia, non condizionata dai particolarismi: una visione storica che sia orientata dalla storia della salvezza e non si lasci sconfortare dai miseri risultati degli sforzi umani (Purg. XI, 91: Oh vana gloria de l’umane posse!). Quindi, uscire verso la storia con lo sguardo di Dio.
I Papi e Dante
Parafrasando papa Francesco in quel che abitualmente dice a proposito della Chiesa, possiamo definire Dante un poeta in uscita. Che cosa hanno da dire i Papi sul Sommo Poeta?
Benedetto XV, nel 1921, celebrò il sesto centenario della morte di Dante con una enciclica (In Praeclara Summorum, l’unica dedicata ad una persona non canonizzata) in cui rivendicava il Sommo Poeta alla Chiesa (il testo QUI).
Toccò poi a Paolo VI commemorare nel 1965 il settimo centenario della nascita qualificando la Divina Commedia come «il poema del miglioramento sociale nella conquista di una libertà, che è franchigia dall’asservimento del male, e che ci conduce a trovare e ad amare Dio» col professare un umanesimo in cui tutti i valori umani sono riconosciuti ed esaltati senza che la contemplazione li vanifichi (lettera apostolica Altissimi Cantus, il testo QUI).
Francesco, infine, cui è spettata la commemorazione del VII centenario della morte di Dante, il 25 marzo 2021 nella lettera apostolica Candor Lucis Aeternae (QUI) ricorda in particolare: «Il Sommo Poeta, pur vivendo vicende drammatiche, tristi e angoscianti, non si rassegna mai, non soccombe, non accetta di sopprimere l’anelito di pienezza e di felicità che è nel suo cuore, né tanto meno si rassegna a cedere all’ingiustizia, all’ipocrisia, all’arroganza del potere, all’egoismo che rende il nostro mondo «l’aiuola che ci fa tanto feroci» (Par. XXII, 151)».
Poeta del cammino
Profeta di speranza, cantore della misericordia di Dio, paladino della dignità umana e della libertà di scelta, Dante è il poeta del cammino di santità che dagli abissi della miseria conduce verso l’ultima salute (Par. XXXIII, 27). Ma è anche il poeta del cammino della storia, che non fugge a nascondersi ma, come San Francesco per il quale il convento era il creato intero, esce verso la vita.
Perciò papa Francesco, nella sua lettera, ci invita a farci suoi compagni di viaggio, e conclude:
«In questo particolare momento storico, segnato da molte ombre, da situazioni che degradano l’umanità, da una mancanza di fiducia e di prospettive per il futuro, la figura di Dante, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità, può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino. Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, “l’amor che move il sole e l’altre stelle” (Par. XXXIII, 145)».
Per una recensione del musical “La Divina Commedia” di Frisina, cliccare QUI.