Parola Sapienza Spirito. Dalla Sapienza al Logos di Dio

Dalla Sapienza al Logos
La Parola creatrice. Cattedrale di Girona, XI secolo. Di JosepBC – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=46256201

Abbiamo parlato di Spirito, poi di Parola, dalla Parola siamo risaliti alla Sapienza. Adesso dalla Sapienza torniamo al Logos: perché?

Di questi tre attributi divini, l’unico a godere di una vera e propria personificazione nell’Antico Testamento è proprio la Sapienza, che si presenta ai lettori del libro dei Proverbi, del Siracide e di Baruc come una figura femminile che ammaestra gli uomini nelle vie della sapienza di Dio dopo aver presieduto alla creazione. Mentre lo Spirito rappresenta forse, maggiormente, la potenza di Dio, la sua forza vitale e vivificatrice, la Parola e la Sapienza rappresentano piuttosto la sua mente, il suo pensiero, venendo a coincidere fra di loro quanto a sfera di azione. Perché allora ha prevalso l’identificazione del Cristo, Figlio di Dio, con il Verbo, anziché con la Sapienza? Eppure era la Sapienza ad essere stata personificata nell’Antico Testamento.

Una personificazione del Logos

Veramente una volta troviamo nelle antiche Scritture una sorta di personificazione letteraria della Parola, ma nel greco del libro della Sapienza:

Sapienza 18 14 Mentre un quieto silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso,15 la tua Parola (il tuo Logos) onnipotente dal cielo, dai troni regali, come inflessibile guerriero si slanciò in mezzo alla terra votata alla morte.

15ὁ παντοδύναμός σου λόγος ἀπ’ οὐρανῶν ἐκ θρόνων βασιλείων ἀπότομος πολεμιστὴς εἰς μέσον τῆς ὀλεθρίας ἥλατο γῆς 

Questo versetto appartiene alla liturgia della Mezzanotte di Natale, perché si attaglierebbe perfettamente alla discesa del Verbo sulla terra, se… se non parlasse, invece, della Parola di Dio che scende dal trono dell’Altissimo la notte della prima Pasqua per sterminare i primogeniti degli egiziani. L’uso che ne fa la liturgia è un perfetto esempio di senso accomodatizio del testo biblico, che viene utilizzato per adattare un’espressione biblica ad una circostanza di cui assolutamente non parla ma che esprime bene dal punto di vista letterario. Un uso innocuo, se si sa quel che si fa.

Rappresenta, comunque, una forma di personificazione della Parola, che evidentemente nel mondo ebraico di lingua greca era conosciuta. Giovanni la aveva a portata di mano…

Dalla Sapienza al Logos

Da notare, naturalmente, che Parola, in greco come, del resto, anche in ebraico, è di genere maschile, e quindi l’uso di questo termine (in italiano Verbo, per fargli assumere il genere maschile) si adattava meglio alla persona di Gesù di Nazareth rispetto al termine Sapienza che è femminile in entrambe le lingue. Ed ecco che Gesù è presentato nel Nuovo Testamento principalmente come Verbo di Dio, e non come Sapienza di Dio (eccezioni sono Lc 7,35; 1 Cor 1,24).

Ecco perché le due categorie della Sofia e del Logos si sono unificate nell’unica Persona del Logos di Dio incarnato, chiamato naturalmente anche Figlio perché generato dal Padre. Rintracciamo così nell’Antico Testamento un percorso molto lungo che poi alla fine conduce proprio al Mistero della Santissima Trinità: da questo punto di vista, l’Antico Testamento è una preistoria in cui esistono solo dei tenui indizi, non c’è ancora la piena Rivelazione. E mentre nelle antiche Scritture si ricorre agli attributi di Parola, Sapienza e Spirito per spiegarsi come Dio, che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere, possa essere presente al creato e alla storia, nella Rivelazione cristiana si comprende che la Parola si è fatta carne per dimorare Uomo fra gli uomini, e che lo Spirito è il Consolatore che non fa mai mancare la sua presenza.