Dinah era stata vittima di violenza fisica e familiare, privata almeno in apparenza di ogni volontà di decidere. Tamar è vittima della vita stessa, che le toglie la possibilità di divenire madre, ma anche del patriarca Giuda, che le impedisce di esercitare il suo diritto di avere figli. In un certo modo, anche lui le fa violenza.
I primi ad usarle violenza, veramente, erano stati i suoi sposi, in successione, con i loro peccati. Quello di Er non è specificato, ma Onan aveva ceduto all’egoismo di rifiutare al fratello scomparso, e alla di lui moglie, il diritto di avere un figlio lasciando così dietro di sé una discendenza. La tradizione post biblica (apocrifa e rabbinica) equipara a questo il peccato di Er, che non si sarebbe mai unito a sua moglie per non avere figli da lei, oppure avrebbe evitato la possibilità del concepimento, forse pernon rovinare la sua bellezza con una gravidanza.
Tamar: da oggetto di violenza a redentrice
Ma Tamar non è, come Dinah, un soggetto passivo, e prende in mano il proprio avvenire. Lo fa in modo deviato e moralmente riprovevole, mediante un inganno, un adulterio e un incesto: ma l’evidenza dei fatti convince Giuda che il maggior colpevole è lui, che ha privato una donna del più grande dei suoi diritti. In Genesi 38, l’incesto diviene redentivo e impedisce a Giuda l’oblio della sua discendenza attraverso la continuazione del suo nome. Grazie a Tamar!
Può sembrare assurdo quanto veniamo dicendo, ma infrangendo le regole del patriarcato Tamar lo salva, e la giustizia trionfa in un modo ben bizzarro, attraverso forzature e storture. Giuda, da parte sua, si riscatta con il condannarsi da solo: anche lui ha molto sofferto, ha perso due figli e la moglie, vede incerta la sorte della propria discendenza, e non trova migliore soluzione che procrastinare ogni decisione… è Tamar a decidere ed agire per lui.