Servizio militare e obiezione di coscienza. Una recensione

Martirio della Legione tebana, secondo la narrazione agiografica prima decimata e poi sterminata per aver rifiutato di massacrare dei cristiani (III secolo). Sebastiano Vini, 1570-1575 circa. Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=73656406

Pubblico volentieri una recensione dell’amico Mario Cignoni in merito ad un libro del 1987 tornato però (o meglio, rimasto sempre) di tragica attualità: I cristani e il servizio militare di Enrico Picciarelli.

Cristiani e servizio militare: la recensione di Mario Cignoni

Cristiani e servizio militare

«In Italia la questione della compatibilità o meno del servizio militare con la dottrina cristiana è venuta alla ribalta in maniera conflittuale negli anni Sessanta del secolo scorso, quando don L. Milani pubblicò il libro “L’obbedienza non è più una virtù” (Libreria Ed. Fiorentina 1965) in polemica con una dichiarazione di alcuni Cappellani militari in congedo che avevano definito “vile e anticristiana” l’obiezione di coscienza. Vi furono in quel periodo molti giovani che obiettando rifiutarono di indossare la divisa militare e furono per questo perseguiti dalla legge con la carcerazione. Vi furono vivaci reazioni del mondo politico, finché negli anni Novanta fu possibile, in alternativa, la introduzione del “servizio civile”.

A guardar bene, il fenomeno della obiezione ha radici molto più lontane da ricercare addirittura nei primi secoli della storia del cristianesimo. Il libro I CRISTIANI E IL SERVIZIO MILITARE curato da Enrico Picciarelli (Nardini Editrice 1987) raccoglie in maniera dettagliata le testimonianze dei primi tre secoli.

Testimonianze dei primi tre secoli

La parte descrittiva dei documenti storici riferiti a cristiani che hanno affrontato il martirio per non impugnare la spada, è preceduta da una introduzione dottrinale in cui fra l’altro “si annuncia esplicitamente la liberazione totale dell’uomo e l’autonomia della coscienza individuale nei confronti del potere politico”.

I riferimenti biblici sono una costante, riferiti sia all’Antico Testamento sia al Nuovo.

“La guerra nell’Antico Testamento è un fatto accettato che fa parte del normale rapporto fra i popoli”, ma già nell’ottica dei Profeti la pace, e quindi la cessazione della guerra, è concepita come soluzione definitiva con la trasformazione delle lame in falci e aratri.

Novità cristiana

“Nella sua novità il Cristianesimo eleva la religione a livello individuale: essa appartiene alla coscienza dell’individuo, ma nello stesso tempo trascende l’individualismo nell’unione con tutta l’umanità”.

Così i primi cristiani tendono a demitizzare lo Stato e a maggior ragione la figura dell’Imperatore che veniva espressa con i titoli di dominus e deus.

Da questa intolleranza derivano i primi fenomeni di obiezione e quelli di un rifiuto di una coercizione che tendeva a dirigere le coscienze, con il pericolo di una idolatria nella società civile.

Una abbondante storiografia è riportata a sostegno delle ragioni di una avversità all’uso della violenza e delle armi. Fra gli altri autori si riportano brani di Giustino (II sec), Ireneo (II sec), Atenagora (II sec), Clemente di Alessandria ( II e III sec), Origene ( III sec), Tertulliano ( II e III sec).

In appendice al testo sono riportati come Acta et passiones veri e propri verbali di processi istruiti contro soldati che si sono rifiutati di imbracciare le armi e per questo hanno subito il martirio. Significativi quello di Massimiliano (p. 291) e quello di Marcello (p. 303).

Il fenomeno della obiezione di coscienza nei confronti del servizio militare si esaurisce nel IV secolo con Costantino e con l’inizio del cristianesimo recepito come religione di Stato: così, da allora, l’aquila imperiale diviene “l’uccel di Dio”, come riporta Dante nella Divina Commedia (Par. VI, v. 4). Non vi è più incompatibilità fra l’esser cristiani e soldati dell’imperatore. In seguito la logica della locuzione dello scrittore romano Publio Vegezio (V sec.) “Si vis pacem para bellum” (a significare che è opportuno avere sempre un buon esercito per preservare la pace) verrà comunemente accettata, e lo è anche oggi a sostegno della politica degli Stati considerati più pacifici del pianeta compresi quelli appartenenti alla NATO.

Mario Cignoni