Il rapporto dell’uomo con la terra: la crescita demografica

Relazione del prof. Alessandro Cocchi sul rapporto fra uomo e terra. Parte terza

Attraverso la scienza e la tecnica, contemporaneamente all’attuarsi della rivoluzione industriale, sta succedendo qualcosa di assolutamente nuovo nella storia: la crescita demografica.

La crescita demografica: i dati

Il seguente grafico è un’elaborazione basata su dati delle Nazioni Unite.

Crescita demografica
Fonte immagine: https://overpopulation-project.com/grafici/

Qui si parte dal 10.000 avanti Cristo e si finisce ai giorni nostri. Guardate la curva della crescita della popolazione mondiale che arriva all’anno Zero, nascita di Cristo, con una popolazione mondiale stimata di 190 milioni di persone: equivalente, per dare un’idea, alla attuale popolazione del Brasile. Provate a distribuire la popolazione del Brasile su tutto il pianeta, o quella della Nigeria che conta circa 200 milioni di abitanti…

Nell’anno Zero, diciamo, siamo 190 milioni di persone. Grosso modo, si arriva ai primi dell’Ottocento che siamo a 990 milioni. Cioè, ci sono voluti 1800 anni dopo la nascita di Cristo per passare da 190 milioni di persone nel mondo a circa 1 miliardo all’inizio dell’Ottocento.

Nel 1928, dopo soli 128 anni, la popolazione già raddoppiata. Nel dopoguerra, nel 1960, gli abitanti del pianeta sono 3 miliardi; oggi sono 8 miliardi.

La crescita demografica: fattori

Quindi la crescita della popolazione mondiale è stata accelerata moltissimo proprio grazie a uno sviluppo tecnologico, soprattutto nel campo della medicina, ma non solo: anche nel campo dell’agricoltura che ha portato a una migliore alimentazione, prima nei paesi più ricchi poi gradatamente, anche se certamente in maniera insufficiente, nei paesi più poveri. La crescita demografica è dovuta anche alle grandi campagne di vaccinazione: il primo vaccino risale a 300 anni fa, quello contro il vaiolo. I vaccini non sono una novità arrivata con il Covid, è cosa antica.

Dai primi dell’Ottocento in poi, con una certa distribuzione del benessere, l’affermazione di una borghesia sempre più diffusa, di un certo medio che mangia meglio, si ha l’allungamento della vita media. Ai tempi di Cristo la vita media era di 30, 40 anni al massimo. La speranza di vita oggi è vicino agli 80 o superiore agli 80 come in Giappone e in Italia che sono tra i paesi più longevi del mondo.

Crescita demografica ed agricoltura

La crescita demografica spinge anche l’agricoltura. A livello mondiale assistiamo ad una rivoluzione verde, perché non si può più continuare con un’agricoltura prevalentemente di sussistenza com’era quella di un tempo: c’è bisogno di industrializzare l’agricoltura e questo avviene a partire dalla prima metà del Novecento ma esplode negli anni Sessanta, sostanzialmente quando la pressione demografica si fa veramente forte.

Quindi: sviluppo demografico pressante, sviluppo tecnologico, sviluppo scientifico, industrializzazione… Grandi movimenti migratori in gran parte del pianeta; le grandi città spopolano le campagne, attirano la popolazione contadina, e il processo è tuttora in corso, soprattutto nei paesi cosiddetti in via di sviluppo o a basso reddito. Tutto questo incide, fa in modo che il nostro rapporto con la natura cambi per forza di cose.

La natura come miniera da sfruttare

Crescita demografica

La natura da dispensatrice di ricchezza e bellezza diventa una cava di prestito, diventa un luogo da cui rapinare, da cui estrarre sempre più rapidamente le materie prime per far fronte a una popolazione che cresce in maniera esponenziale. Per far fronte a uno sviluppo scientifico e tecnologico che subisce delle accelerazioni assolutamente imprevedibili c’è bisogno di legname, c’è bisogno di ferro, c’è bisogno di rame per i cavi elettrici, c’è bisogno di acqua per irrigare, c’è bisogno di elettricità: c’è bisogno di tutto e in maniera sempre più massiccia. Sempre più il modello di produzione e consumo che si genera crea dei nuovi modelli interpretativi, delle nuove culture, in qualche modo.

Fiducia in un progresso illimitato

Fino a tutti gli anni Cinquanta il progresso, lo sviluppo veniva concepito come illimitato, sull’onda di un ottimismo vincente fino a quel momento, sull’onda lunga del positivismo di stampo ottocentesco. Nessuno pensava negli anni Cinquanta che lo sviluppo avrebbe avuto dei limiti. Gli economisti classici dei primi dell’Ottocento a cominciare da Smith, Ricardo, avevano già teorizzato il cosiddetto stato stazionario cioè che lo sviluppo non sarebbe stato infinito e saremmo arrivati a un equilibrio. Ma questo equilibrio era irraggiungibile e lo è tutt’ora con una popolazione in crescita; eppure è questo il modello interpretativo che noi nati negli anni Cinquanta abbiamo. Siamo cresciuti nell’idea che la scienza, la tecnica, lo sviluppo avrebbero comunque soddisfatto i nostri bisogni: bastava poter attingere alle risorse – petrolio, gas, metalli, acqua, prodotti del suolo – quanto basta per soddisfare le nostre esigenze.

Tutto questo ha cambiato il rapporto uomo – natura, lo ha alterato, ha reso la terra in qualche modo asservita agli obiettivi della crescita, asservita agli obiettivi del nostro modello di produzione e consumo fino a che non sono cominciati a suonare dei campanelli di allarme, da quando si è preso coscienza che le cose così non potevano andare avanti.