Lettura continua della Bibbia: Luca. Controversie (20,20-21,4)

Controversie
Il tributo a Cesare. Di James Tissot – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10957525

I tentativi degli avversari di Gesù sono subito messi in opera.

Controversie con gli erodiani: Il tributo a Cesare (20,20-26)

Degli infiltrati, incaricati di spiarlo e provocarlo per coglierlo in fallo, cercano di spingere Gesù a schierarsi dalla parte degli zeloti per porlo in opposizione con il potere costituito (20,20-26). La domanda che pongono sembra ammettere solo un sì o un no in risposta: sì, è lecito pagare il tributo all’imperatore, riconoscendo così il governo romano, oppure no, non è lecito pagarlo, quindi ci si deve opporre. Ma Gesù ha pronta una terza via: il denaro, che porta impressa l’immagine dell’imperatore, a lui appartiene; l’uomo, che porta impressa l’immagine di Dio, appartiene a Dio.

Controversie con i sadducei: La resurrezione (20,27-40)

La questione successiva è parodistica: i sadducei non credono nella resurrezione e ne mettono in ridicolo l’idea con la storia della donna che ha avuto sette mariti (20,27-40). La fede nella resurrezione si esplicita tardivamente nella Sacra Scrittura, alla metà del II secolo a.C.: il primo testo indubitabile è il capitolo 12 del libro di Daniele.

Ma Gesù dimostra la verità della dottrina sulla base proprio del Pentateuco, l’unica parte della Scrittura che i sadducei riconoscevano, quindi li combatte sul loro stesso terreno: dichiarandosi a Mosè  come “Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe”, il Signore proclama che essi sono vivi in lui. Quanto alla questione burlesca posta dagli avversari, nel mondo futuro non ci saranno più nozze, perché il corpo risorto sarà trasfigurato, glorioso e non più soggetto alla morte. È così importante la fede nella resurrezione, che in questo caso Gesù, che non si schiera mai con le parti del suo tempo, prende invece posizione con i farisei che nella resurrezione credevano, e riceve il loro consenso.

Il rapporto del Messia con Davide (20,41-44)

Infine, per l’unica volta, è Gesù che provoca una discussione di tipo rabbinico. Se il Cristo Messia è semplicemente un discendente di Davide, come mai Davide, cui è attribuito il salmo 110, lo chiama in esso “mio Signore” (Sal 110,1)? Dunque non è semplicemente un suo figlio (20,41-44). I dottori della legge, che usurpano l’autorità sul popolo di Dio e si ammantano di rispettabilità, ostentando una religiosità ipocrita, in realtà vivono di sopraffazioni e di finzioni; da parte loro, i ricchi offrono il loro superfluo alla casa del Signore.

Ricchi e poveri (20,45-21,4)

Nell’atrio del tempio erano collocate 13 casse per le offerte. Un sacerdote valutava ogni importo e ne proclamava il valore e l’intenzione, gettandolo in una di queste casse. Nella tredicesima, però, si gettavano le offerte spontanee e senza intenzione. È la povera vedova, che offre al tempio due spiccioli, tutto il suo avere, ad aver compreso che cosa sia la fede: vive per Dio e gli dà tutta se stessa (il suo avere è, alla lettera, “tutta la sua vita”: il greco bios, che indica i mezzi di sussistenza, in primo luogo è la vita stessa). Questa povera donna col suo atto ci dice, in definitiva, chi sia Gesù: il Dio che si è svuotato di sé per amore (20,45-21,4).