I capitoli 11-20 del libro di Geremia sono disseminati di sfoghi del profeta, chiamati “Confessioni di Geremia”: sono i suoi lamenti nei riguardi del ministero che deve svolgere, un ministero di rimprovero, duro, insopportabile rispetto alla sensibilità e delicatezza di carattere che egli dimostra di avere. Per natura è timido e introverso, soffre terribilmente nel dover annunciare sventure al suo popolo, e tuttavia fa forza su se stesso e riesce a vincersi, ma il prezzo che paga è alto. Lo dice in queste sue “Confessioni” (nel senso di esternazioni del suo dolore) raggruppate in sette blocchi di sfoghi che attestano il suo dramma interiore.
Come un agnello mansueto (cap. 11)
La prima confessione è contenuta nel cap. 11:
19 Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: «Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato».
20 Ora, Signore degli eserciti, giusto giudice,
che scruti il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa.
L’immagine dell’agnello avrà fortuna, perché sarà ripresa dal Deutero-Isaia come immagine del Servo sofferente (cap. 53) e poi dal Battista, nel Vangelo di Giovanni, in relazione a Gesù. Geremia se ne serve per esprimere la sua condizione di vittima inerme di un complotto nei cui riguardi chiede vendetta. Non si può pretendere da lui una maturità spirituale come quella che si svilupperà soltanto qualche secolo dopo: nella sua afflizione soffre tremendamente e desidera la fine delle sofferenze e il ristabilimento della giustizia nei suoi confronti.
Ma il bello deve ancora venire.
La terza confessione (capitolo 15)
15 10 Me infelice, madre mia, che mi hai partorito
oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese!
Non ho preso prestiti, non ho prestato a nessuno,
eppure tutti mi maledicono.
11 Forse, Signore, non ti ho servito del mio meglio,
non mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico,
nel tempo della sventura e nel tempo dell’angoscia?
Benché sia così amara questa invocazione, il profeta non manca di ricordare che egli ha addirittura pregato per i suoi persecutori.
15 Tu lo sai, Signore,
ricordati di me e aiutami,
vendicati per me dei miei persecutori.
Nella tua clemenza non lasciarmi perire,
sappi che io sopporto insulti per te.
Come un torrente infido: il testo
15 16 Quando le tue parole mi vennero incontro,
le divorai con avidità;
la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore,
perché io portavo il tuo nome,
Signore, Dio degli eserciti.
17 Non mi sono seduto per divertirmi
nelle brigate di buontemponi,
ma spinto dalla tua mano sedevo solitario,
poiché mi avevi riempito di sdegno.
18 Perché il mio dolore è senza fine
e la mia piaga incurabile non vuol guarire?
Tu sei diventato per me un torrente infido,
dalle acque incostanti.
19 Ha risposto allora il Signore:
«Se tu ritornerai a me, io ti riprenderò
e starai alla mia presenza;
se saprai distinguere ciò che è prezioso
da ciò che è vile,
sarai come la mia bocca.
Essi torneranno a te,
mentre tu non dovrai tornare a loro,
20 ed io, per questo popolo, ti renderò
come un muro durissimo di bronzo;
combatteranno contro di te
ma non potranno prevalere,
perché io sarò con te
per salvarti e per liberarti.
Oracolo del Signore.
21 Ti libererò dalle mani dei malvagi
e ti riscatterò dalle mani dei violenti».
Come un torrente infido: crisi e rafforzamento della vocazione
Anche Geremia, come Giobbe, ha qualcosa da rimproverare a Dio. Il profeta aveva abbracciato la sua missione con titubanza ma anche con gioia; si è dissociato da coloro che potevano ostacolarlo nei suo ruolo; e come è stato ripagato? Con un dolore senza fine, con l’apparente inaffidabilità del Signore stesso… Vedete come chi ha fede possa permettersi di discutere con Dio. Geremia, come Giobbe, arriva quasi alla bestemmia, bollando Dio con l’epiteto di ingannevole o menzognero, come acque inaffidabili.
Ma il Signore non ha da giustificarsi di fronte all’uomo. Semplicemente, richiama Geremia a tornare a lui, a fidarsi di lui, e tornerà ad essere la sua bocca, colui che dice le parole di Dio, forte come un muro di bronzo davanti a chi lo intralcia.