Lettura continua della Bibbia. «Mettimi come sigillo sul tuo cuore» (Cant 8,5-7)

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«Mettimi come sigillo sul tuo cuore». La conclusione del Cantico è anche il suo vertice: un inno che celebra l’Amore come la realtà più grande che all’uomo sia dato di possedere.

«Mettimi come sigillo sul tuo cuore»: il testo

8 5Chi è colei che sale dal deserto,
appoggiata al suo diletto?
Sotto il melo ti ho svegliato;
là, dove ti concepì tua madre,
là, dove la tua genitrice ti partorì.

6Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
7Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio.

«Mettimi come sigillo sul tuo cuore»

All’inizio si alza il coro con una domanda che riecheggia 3,6 (Chi è costei che sale dal deserto?) creando un’atmosfera di stupore e di attesa: c’è forse un riferimento alla marcia degli ebrei dall’esilio babilonese in mezzo al deserto, cfr. Is 35; 41,18 ss., ecc.

La coppia avanza, lei appoggiandosi a lui. Il canto della sposa rievoca il suo amore “sotto il melo”, nel luogo dell’amore, della nascita fisica ed anche della nascita spirituale dell’amato come sposo.

Siamo al vertice passionale e mistico del Cantico dei Cantici. Nella logica redazionale, è il momento del ritorno a Gerusalemme attraverso il deserto: è il momento del risveglio. Ma chi è che viene risvegliato? Le traduzioni moderne lo intendono in genere della sposa, rendendo al femminile i pronomi che invece in ebraico sono maschili. Infatti, pronomi e i verbi di seconda persona, in ebraico, distinguono tra maschile e femminile, fra un Tu maschio e un Tu femmina, un Voi maschio e un Voi femmina). Sembrerebbe il Diletto, dunque, colui che viene svegliato.

E chi è che chiede di essere posto o posta come sigillo sul cuore e sul braccio? Anche in questo caso, la richiesta viene espressa nei confronti di un Tu maschile, quindi è l’Amica che lo chiede al Diletto. Cuore e braccio rappresentano l’interiorità e l’esteriorità della persona. Sono, rispettivamente, il luogo in cui la realtà viene compresa e decisa e lo strumento dell’azione con cui si realizzano le decisioni. Quindi, rappresentano la totalità del proprio essere. Il cuore, biblicamente, non è la sede delle emozioni (lo sono, invece, le viscere), ma dell’intelligenza e della decisionalità, quindi di quello che noi chiamiamo “Io”. L’Amata chiede di essere posta come un marchio sul pensare e sull’agire del Diletto, con tutto quel che ne consegue.

Il sigillo indica vicinanza ed unità, contrassegno di appartenenza così come anche la Legge deve essere legata alla mano e posta come pendaglio tra gli occhi (Dt 6,8).

Le fiamme del Signore

Questa reciproca appartenenza non può essere infranta neppure dalla Morte, dallo She’ol. Le sue fiamme non sono esili ed estinguibili come quelle del focolare domestico: sono colossali e inarrestabili come le vampe del Reshef, il dio sotterraneo cananeo che dal sottosuolo si credeva emanasse lingue di fuoco distruttore, come le fiamme di JHWH che sono il fulmine (Giobbe 1,16; 2 Re 1,12). Ma anche se questa espressione è idiomatica, essa racchiude il nome divino (per l’unica volta in tutto il libro), e può evocare le fiamme del Sinai in cui Dio si è rivelato a Israele celando la sua immagine. L’amore, comunque, in qualche modo partecipa della forza stessa di Dio.

Al simbolo del fuoco, con un’antitesi suggestiva, segue l’immagine delle grandi acque = l’abisso primordiale, il caos (28 volte nell’Antico Testamento), che in quanto acque inferiori sono anche acque infernali, simbolo della morte (Sal 18,4-5.16 = 2 Sam 22,5-6.17; Giona 2,3 ss.). Cfr. Sal 69,2 s.: «Salvami, o Dio, le acque mi giungono al collo… Sono piombato in acque profonde E il vortice mi sommerge».

Nel linguaggio profetico, le grandi acque dei fiumi sono le terribili forze della storia che minacciano Israele, il Nilo e l’Eufrate, a simboleggiare l’Egitto e la Mesopotamia. Cfr. Is 8,6 ss.: «Questo popolo ha rigettato le acque di Siloe che scorrono piano. Per questo il Signore gonfierà contro di loro Le acque del Fiume [Eufrate] Impetuose e abbondanti, cioè il re assiro con tutto il suo splendore, irromperà in tutti i suoi canali e strariperà da tutte le sue sponde, penetrerà in Giuda, lo inonderà, lo attraverserà fino a giungergli al collo…».

Eppure, l’Amore vince anche questo. Le forze della natura e le forze della storia non possono spengere o sommergere l’Amore. In chiave cristologica l’immagine di una forze inarrestabile e invincibile viene ripresa da Paolo in Rom 8,35-39:

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?…In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io infatti sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore».

La forza del denaro

Una frase in tono minore, infine, di carattere non lirico ma sapienziale, non eroico ma attinente al quotidiano, conclude il canto della donna, esprimendo come neppure la grande forza che muove gli uomini, il denaro, la ricchezza, possa comprare l’amore: può ottenere solo disprezzo. Se si considera la prassi antica che faceva del matrimonio un negozio tra famiglie, un fatto economico e sociale, si può apprezzare maggiormente la radicalità di questa affermazione: l’amore non è un bene commerciabile, è scelta, è dono, è libertà.

L’Amore (’ahavah), dunque, è una forza della natura, la più potente, un ardore che sovrasta ogni altra cosa, forte come la morte e inflessibile come gli Inferi. È inattaccabile persino dalle grandi acque che rappresentano il mondo infernale, persino dalla potenza economica che governa il mondo degli uomini, ed è tutto dire!

Nel Targum

Nel Targum questo brano si riferisce alla resurrezione finale, quando i morti torneranno alla vita.

«In quell’ora Sion, madre d’Israele, porterà i suoi figli e Gerusalemme riceverà i suoi figli in cattività.

I figli d’Israele in quel giorno diranno al loro Signore: “Ti supplichiamo, ponici come sigillo di un anello sul Tuo cuore, come il sigillo di un anello sul Tuo braccio, così da non poter mai più essere esiliati. Perché l’amore per la Tua Divinità è forte come la morte, e la gelosia che le nazioni nutrono contro di noi è potente quanto la Geenna. L’inimicizia che essi nascondono contro di noi è come i carboni del fuoco della Geenna che YHWH ha creato nel secondo giorno della Creazione del Mondo per bruciare con essa i suoi idolatri”.

Il Signore del Mondo dice al Suo popolo, la Casa d’Israele, “Anche se tutte le nazioni (come le acque del Mar Grande) dovessero radunarsi, non potrebbero estinguere il Mio amore per te. E anche se tutti i re della terra dovessero unirsi insieme non potrebbero spazzarti via dal mondo. E se un uomo avesse dato tutta la ricchezza della sua casa per comprare saggezza nell’esilio, gli avrei restituito il doppio nel mondo a venire…”».