
Come cambiano i contesti culturali, tanto da rendere indecifrabili cose un tempo chiare! Mi sembra interessante focalizzare questo tema, perché anche nella lettura della Bibbia è fondamentale riconoscere alle parole e alle frasi il significato e il valore che avevano quando furono pensate e scritte, onde non equivocarle. È forte la tentazione, infatti, di attribuire a parole e frasi il valore che hanno oggi per noi, tradendo il significato originale.
Mi è tornato in mente questo aspetto rileggendo un brano di S. Ippolito, sacerdote romano del II-III secolo, a proposito del Battesimo di Gesù. Ippolito così commenta le parole del Padre:
«“Questi è il mio Figlio prediletto”: prova la fame, egli che nutre un numero infinito di creature; è affranto dalla stanchezza, egli che ristora gli affaticati; non ha dove posare il capo, egli che tutto sostiene nelle sue mani; soffre egli che guarisce ogni sofferenza; è schiaffeggiato egli che dona al mondo la libertà; è ferito al costato egli che ripara il costato di Adamo» (Discorso sull’Epifania).
La presentazione che Ippolito fa di Gesù è basata su una serie di vistose antitesi, a mo’ di contrappassi che Gesù ha accettato di subire per la salvezza del mondo:
- Colui che dà il cibo a ogni vivente sperimenta la fame
- Colui che dà ristoro nella stanchezza prova la fatica
- Chi sostiene il mondo nelle sue mani non ha dove posare il suo capo
- Colui che guarisce i sofferenti soffre
- Colui che pone rimedio alla ferita del costato di Adamo viene a sua volta ferito al costato…
… E che c’entra, allora, questo suo essere schiaffeggiato, con la liberazione che dona all’umanità?
Come cambiano i contesti
Non c’entra niente, rimane incomprensibile la contrapposizione, se non entriamo un poco nel contesto delle usanze di epoca romana. Il fatto è – ed Ippolito lo sapeva bene – che lo schiavo romano all’atto dell’affrancamento, cioè della liberazione, riceveva dal padrone uno schiaffo: era l’ultima ingiuria che avrebbe dovuto sopportare servilmente, dopo di che sarebbe stato libero e avrebbe potuto disporre di sé.
Lo schiaffo di cui parla S. Ippolito in relazione al Cristo è lo schiaffo dell’affrancamento, quello della definitiva liberazione dell’uomo. Ecco perciò il paradosso: colui che libera l’uomo viene schiaffeggiato come se fosse lui ad essere liberato. Il contrappasso è perfetto, ma va compreso in relazione al contesto in cui è stato formulato.
Stessa cosa per tutti i passi della Bibbia. Vedete come cambiano i contesti? Se non li comprendiamo, rischiamo di far dire alla S. Scrittura quello che noi vogliamo che dica, e non quello che è il suo significato autentico…