
Con il capitolo 12 del Libro di Zaccaria inizia una terza parte che alcuni attribuiscono ad un TritoZaccaria, un profeta diverso dai due precedenti, che annuncia la salvezza definitiva di Israele e di tutti coloro che si volgeranno al Dio di Israele. Il capitolo è suddivisibile in due sezioni:
- la protezione della città contro gli eserciti nemici (12,1-9)
- e il compianto per colui che hanno trafitto (12,10-14).
La protezione divina non mancherà a Gerusalemme: Dio, che ha creato l’universo e lo spirito dell’uomo, ne farà una “coppa di stordimento” per i nemici che la circondano, una “pietra pesante” per le nazioni, un braciere ardente in grado di distruggere i nemici; farà questo per l’intero paese (12,1-9).
Guarderanno a Colui (a Me) che hanno trafitto (12,10-14)
In questa seconda parte, Dio promette di versare uno Spirito di grazia e di supplica sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme, uno Spirito che muoverà ad un profondo pentimento il popolo, che guarderà a colui che hanno trafitto. Così lo leggiamo con Giovanni 19,37; ma il Testo Masoretico, il testo ufficiale ebraico, recita: “Guarderanno a Me che hanno trafitto”. Chi sta parlando è Dio, che si dice trafitto.
Questo insopportabile antropomorfismo (come si può trafiggere Dio?), e il passaggio brusco, seguente, dalla prima alla terza persona singolare (Faranno lutto sopra di lui come si piange per un figlio unico…) hanno fatto sì che i rabbini e i traduttori correggessero il testo,
- riferendo la trafittura a colui sul quale si fa lutto (guarderanno a colui che hanno trafitto)
- oppure modificando il senso del verbo e conferendogli il significato metaforico di insultare (i Settanta lo traducono con schernire).
Seguendo le regole della critica testuale, in presenza di più versioni, si segue la lectio difficilior (la più difficile da spiegare), che è preferibile, e questa è la lezione data dal Testo Masoretico così come è attualmente, Guarderanno a ME che hanno trafitto.
Chi è per il profeta Colui che hanno trafitto?
Si potrebbe spiegare questo strano passo nel senso che, come nel brano precedente in cui Dio si identifica con il pastore per la scarsa somma con cui lo hanno valutato, anche qui il Trafitto rappresenti il Signore in modo tale che ciò che avviene al Trafitto davanti a Dio avviene a Dio stesso. Trafiggendo questo misterioso personaggio, gli uomini è come se trafiggessero Dio.
Può darsi che la figura del Trafitto sia stata suggerita al profeta dalla drammatica sorte del pio re Giosia, che nel 609 a.C. morì giovane in battaglia a Meghiddo. È anche possibile che il profeta abbia rivisitato in chiave monoteistica il mito di Adad-Rimmon, una divinità fenicia della vegetazione che moriva in autunno per rinascere a primavera (12,11-14). Il lutto per colui che è stato trafitto, come per la perdita di un figlio unico o di un primogenito, si estenderà in tutto Israele, da parte di ogni famiglia e soprattutto nella famiglia di Davide ed altre ad essa legate.
Inoltre, questo passo segue la suggestione di Isaia 53,5 in cui il Servo del Signore è trafitto (anche se lì il verbo usato è diverso) per i peccati della moltitudine. Nella letteratura giovannea (Gv 19,37 e Apocalisse 1,7) Zc 12,10 è applicato a Gesù Cristo, in senso letterale (la trafittura della lancia).