Contestazione di una omelia. Citazioni a sproposito

Citazioni a sproposito
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Riprendiamo in merito alla dichiarazione di Benedetto XVI le argomentazioni di Farè, che adesso cita il prof. Stefano Violi e il card. Sodano: ma sono citazioni a sproposito.

La citazione di Farè

«Il canonista Stefano Violi che in due saggi ha analizzato la dichiarazione di Benedetto XVI giunge sinteticamente a queste conclusioni – Cito:

“dichiara di rinunciare al ministerium, non al Papato secondo il dettato della norma di Bonifacio VIII; non al munus secondo il dettato del canone 332 § 2, ma al Ministero o, come specificherà nella sua ultima udienza, all’esercizio attivo del ministero. Oggetto della rinuncia irrevocabile infatti è l’executio muneris mediante l’azione la parola (agendo et loquendo), non il munus affidatogli una volta per sempre”.

Un’ulteriore conferma della correttezza di questa analisi ci è offerta dalle parole pronunciata dal Cardinale Sodano immediatamente dopo la Declaratio. Cito:

“Santo Padre, prima del 28 febbraio, come lei ha detto, giorno in cui desidera mettere la parola fine a questo suo servizio pontificale fatto con tanto amore e con tanta umiltà…”. Servizio Pontificale, vale a dire il ministerium».

La risposta: citazioni a sproposito

Mi avvalgo ancora dell’intervento di Boni – Ganarin per ribattere in tutto e per tutto le affermazioni di Farè.

La risposta di Boni – Ganarin

Così come è giuridicamente del tutto inconferente richiamare quanto pronunciato dal cardinale Angelo Sodano a seguito della lettura dell’atto di rinuncia, laddove il porporato fece riferimento al “servizio pontificale”, per desumerne fantasiosamente che alludesse al «ministerium» (p. 7), nonostante proprio lo stesso Sodano avesse in seguito convocato, in qualità di decano del collegio cardinalizio, il 1° marzo 2013, la prima congregazione generale dei cardinali (elettori e non), supponendo evidentemente che la Sede Apostolica fosse vacante (e non certo impedita).

O, ancora, strumentalizzare a proprio vantaggio il pensiero di alcuni studiosi, come quello di Stefano Violi, che, in un contributo citato da Faré e pubblicato online nel 2019, ha precisato – forse nella coscienza che un suo precedente scritto un poco sommario e superficiale aveva alimentato un caos deleterio – come il gesto di Benedetto XVI abbia determinato «la perdita dell’ufficio e delle potestà annesse. Da ciò consegue che la sede del vescovo di Roma diventa vacante a motivo della rinuncia, e il Papa eletto esercita in pienezza il munus petrino, l’ufficio ecclesiastico di Romano pontefice con tutte le potestà annesse. La rinuncia però non comporta nel resignante la perdita della partecipazione ontologica ai sacri munera e all’esercizio di quei ministeri legati al munus che non richiedono l’esercizio del potere annesso all’ufficio» (Officium e munus tra ordinamento canonico e comunione ecclesiale, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale [www.statoechiese.it], fascicolo n. 31 del 2019, pp. 141-142).

In sintesi

Farè fa qui due chiare citazioni a sproposito. Cita a sproposito il card. Sodano che parlava di servizio pontificale come se con ciò intendesse il semplice ministerium a rendere nulla la dichiarazione di rinuncia, proprio il card. Sodano che come decano del collegio cardinalizio avviò le operazioni per l’elezione del nuovo Pontefice.

Manipola, invece, le affermazioni proprio del prof. Violi attribuendogli quel che non dice, cioè che il permanere del munus annulla la validità delle dimissioni, e tacendo quel che invece dice, cioè che Benedetto XVI dichiarò vacante la sede di Roma e necessaria l’indizione del conclave per l’elezione del nuovo Papa.

Anche in questo caso, il valore delle argomentazioni di Farè è nullo.