
Ciò che fa importante il ricordo. Nel convegno cittadino dedicato a Don Enzo Greco dall’associazione che porta il suo nome, il primo relatore chiamato a parlare è stato un compagno di studi del sacerdote follonichese, don (anzi, monsignor) Luca Bonari, docente di teologia pastorale, parroco di Montalcino e vicario episcopale per l’arcidiocesi di Siena di un’ampia zona pastorale che si estende su 8 comuni (5 appartenenti alla provincia di Grosseto e 3 a quella di Siena) con 25 parrocchie e soli 7 preti; ma, soprattutto, amico di lunga data di don Enzo. Ha studiato con lui dalla IV Ginnasio alla V Teologia, per lunghi anni; è stato ordinato pochi giorni prima di don Enzo, lui il 12 giugno 1974, l’altro il 28 dello stesso mese.
Il suo intervento è stato maturato, ha confidato, all’interno di un momento vissuto in chiesa, mettendosi accanto don Enzo e chiedendogli: «Dimmi tu che cosa vuoi che io dica». Infatti, ha proseguito, dopo dieci anni dalla sua scomparsa non avrebbe più senso di parlare di un «ricordo». Sarebbe un tradimento di don Enzo se non se ne parlasse in prospettiva di una profezia: cioè, di ciò che ha reso importante per noi questo ricordo.
Ed ecco il contesto in cui questa profezia si muove: come dice papa Francesco, non stiamo vivendo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca, nel rapporto Chiesa – mondo. In questo contesto… (L’intervento del sindaco Andrea Benini QUI)
La solitudine del prete (Os 2,16)

«15 anni di solitudine». L’espressione può suonare un po’ strana, ma don Luca l’ha usata in riferimento alla formazione di seminario di don Enzo. In quegli anni, il seminarista imparava ad essere «solo», ma non in una solitudine vuota. Cresceva il senso di estraneità alla famiglia, ma per lasciare che Cristo si impossessasse di lui perché, ha detto don Luca parlando di don Enzo come di sé,«il senso della tua vita sia il dono di te per la costruzione di un mondo». Questo era don Enzo, la maniera in cui ha vissuto la relazione con Cristo che in qualche modo lo ha crocifisso con Lui.
«Nel mondo ma non del mondo» (Gv 15,19)

Parole forti da parte di don Luca, che però fanno comprendere come sia stato possibile che don Enzo sia stato con gli altri senza appartenere a nessuno. Aperto ma non manipolabile, un uomo consegnato ad una storia d’amore: la vocazione per la missione e la missione come espressione della vocazione. Alla maniera evangelica attualizzata nel cambiamento d’epoca.
Dalla Chiesa basata sull’ordinazione sacerdotale alla Chiesa fondata sul Battesimo
Don Enzo ha incarnato lo spirito del Vaticano II: passare da una Chiesa basata sul sacramento dell’Ordine, in cui i laici sono i semplici collaboratori dei preti («questa Chiesa, se c’è», ha sottolineato il relatore, «tradisce le attese di Cristo»), ad una Chiesa fondata sul Battesimo. Oggi si assiste a richieste di valorizzazione del laicato, «ma assomigliano troppo a rivendicazioni, e con questo retrogusto non si va da nessuna parte». Il fatto è invece, ha dichiarato don Luca rivolgendosi ai laici presenti, che costituivano l’intero uditorio, «che il ministero ordinato è collaboratore del vostro ministero, e non viceversa»…
La lettera a Diogneto

Non mi dilungo sul resto dell’intervento di don Luca, che ha toccato il rapporto di don Enzo con la città. Voglio invece riportare, proprio a questo riguardo, il testo della Lettera a Diogneto che il relatore ha consegnato ai presenti, perché se ne faccia oggetto di riflessione. Un testo che mons. Vivaldo citava spesso nelle omelie e che ha sicuramente ispirato don Enzo nella sua azione pastorale.
A Diogneto (fine II – inizio III secolo)
V. Il mistero cristiano
1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini.
2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale.
3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri.
4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale.
5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera.
6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati.
7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto.
8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne.
9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo.
10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.
11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati.
12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere.
13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano.
14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti.
15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano.
16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita.
17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell’odio.
VI. L’anima del mondo
1. A dirla in breve, come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani.
2. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra.
3. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L’anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile.
5. La carne odia l’anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri.
6. L’anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano.
7. L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo.
8. L’anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l’incorruttibilità nei cieli.
9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l’anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano.
10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.