C’è una logica nella vita umana?

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C’è una logica nella vita umana? Vi si può ravvisare una logica, con tutte le contraddizioni e le crudeltà della storia? Cosa suggerisce il Qoheleth?

Tutti i beni sono un dono di Dio

C'è una logica nella vita umana?Qoheleth: il Carpe diem
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Per un dialogo ebraico cristiano sul Qoheleth QUI.

Da Giobbe a Qoheleth

In questo nostro viaggio attraverso il problema del dolore innocente, ci siamo confrontati prima con le soluzioni suggerite dal libro di Giobbe. Quella che fa della sofferenza il castigo del peccato è rifiutata con forza dall’autore dei dialoghi ed è sicuramente da scartare. Possibili le altre, che fanno della sofferenza una prova di fede per il giusto, un mezzo di purificazione o un insegnamento di umiltà; ma quando la sofferenza non ha niente da insegnare, anzi distrugge? Vale, allora, la risposta di Giobbe all’incontro con il Dio che tutto può: l’accoglienza dell’Incontro.

Il libro del Qoheleth ripresenta il problema con un diverso atteggiamento, più distaccato, da filosofo che osserva la triste realtà del mondo – il Tutto – ma cerca di non farsene toccare o almeno travolgere. L’autore, che scrive in tempi recenti, forse alla fine del III secolo a.C., deve aver conosciuto le varie correnti della filosofia greca, lo scetticismo, l’epicureismo, anche se poi le interpreta in maniera prettamente ebraica.

C’è una logica nella vita umana?

Quale è, dunque, la logica che governa la vita degli uomini, fatta di tante contraddizioni? Quale vantaggio ricava l’uomo dall’affanno con cui si affatica?

Come Giobbe, anche il Qoheleth non crede in una vita eterna. Crede però nell’opera di Dio: Dio ha fatto bella ogni cosa, ha persino donato all’uomo la percezione del tempo (‘olam non è l’eternità in senso teologico o filosofico, ma il tempo in cui viviamo), e molti sono i doni di cui godere, ma l’uomo non comprende e si affanna invano.

3, 9 Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? 

10 Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli uomini perché vi si affatichino. 

11 Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo:

egli ha perfino messo nei loro cuori il senso del tempo,

sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta. 

Il senso del tempo: ‘Olam

La parola che ho tradotto con senso del tempo è in ebraico ‘olam. Tradurla con eternità, come viene spesso fatto, non è corretto.

Indubbiamente si tratta di un vocabolo importante, che ricorre quasi 440 volte nel testo ebraico dell’Antico Testamento e 20 volte nelle parti aramaiche di Esdra e Daniele. Può avere vari significati:

  • Un certo lasso di tempo
  • Il grado massimo di intensità di un altro termine (possesso perpetuo, gioia infinita…)
  • Un senso rivolto al passato: quasi 60 volte, ha il senso di tempo passato da molto, tempo remoto, tempi immemorabili
  • Un senso rivolto al futuro: quasi 260 volte esprime un futuro di lunga durata, un tempo futuro il più lungo possibile
  • Nel libro di Daniele acquista anche il significato di mondo, epoca; significato che sarà poi sviluppato nel giudaismo post biblico.

In Qoh 3,11 il senso della durata che Dio ha posto nel cuore degli uomini non è l’apertura all’eternità, ma l’esperienza di esistere in un tempo che passa e che viene vissuto come affanno.

Poiché l’uomo non ne comprende la logica, la sua sofferenza è accentuata. È questa una differenza particolare fra l’uomo e l’animale: l’animale vive nella natura, non ha una storia (se non come una somma di esperienze personali); l’uomo vive nella natura ma anche nella storia, con una consapevolezza del tempo che passa e dei cambiamenti che il tempo porta con sé, e questo accresce la sua sapienza ma anche la sua sensibilità e la sua sofferenza. Gli animali non soffrono il male di vivere, si accontentano di quello che hanno. Ed è proprio questo l’atteggiamento che il Qoheleth suggerisce, con una marcia in più: accontentarsi e gioire di quello che si ha, come di un dono di Dio.

Il dono di Dio

La conseguenza pratica di questa incapacità di comprendere, se non superficialmente, l’opera di Dio, è l’invito ad una sorta di Carpe diem religioso: godere momento per momento dei beni della vita, sapendo però che tutto è dono di Dio.

3,12 Io ho riconosciuto che non c’è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del benessere durante la loro vita, 

13 ma che se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro, è un dono di Dio. 

14 Io ho riconosciuto che tutto quel che Dio fa è per sempre; niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi; e che Dio fa così perché gli uomini lo temano. 

15 Ciò che è, è già stato prima, e ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato.

16 Ho anche visto sotto il sole che nel luogo stabilito per giudicare c’è empietà, e che nel luogo stabilito per la giustizia c’è empietà, 

17 e ho detto in cuor mio: «Dio giudicherà il giusto e l’empio poiché c’è un tempo per il giudizio di qualsiasi azione e, nel luogo fissato, sarà giudicata ogni opera». 

Il Dio del Qoheleth

A prima vista, il Qoheleth sembrerebbe quasi ateo, o per lo meno agnostico. Esiste il tema della fede nel suo scritto?

  1. Certamente, sono assenti nell’opera del Qoheleth i grandi temi biblici dell’alleanza, della salvezza, delle istituzioni e della storia di Israele. Ma in questo l’autore si assimila ad altri grandi libri sapienziali come Giobbe e Proverbi, perché caratteristica della letteratura biblica sapienziale è quella di una visione generalizzata, non ristretta all’esperienza storica di Israele.
  2. Qoheleth però ci mette qualcosa di più. Se in Giobbe Dio è presente, eccome, come Creatore Onnipotente contro cui Giobbe intenta la sua lite, e nel libro dei Proverbi rappresenta uno dei poli del comportamento dei saggio verso Dio e verso gli uomini, in Qoheleth la prospettiva sembra limitata a ciò che avviene sotto il sole. Sopra il sole c’è Dio, ma si interessa dell’uomo? Chi lo può conoscere?
  3. Eppure, mai chiamato con il nome proprio di YHWH, Dio è menzionato da Qoheleth ben quaranta volte,una volta come Creatore (12,1). Come soggetto, il nome Dio regge 11 volte il verbo fare e 7 volte il verbo dare: quindi viene visto in relazione col mondo e con l’uomo, non come un Ente astratto da ogni cosa. Dà la vita, dà la gioia, e tuttavia l’uomo non lo può giudicare in alcun modo (7,13; 6,10-12), è lui che esercita il suo giudizio su ogni essere umano (11,9). Il Dio del Qoheleth è un Dio altro da come tendiamo a raffigurarcelo, per certi aspetti il genio della lampada che vorremmo che fosse e per altri il tremendo Onnipotente che tratta gli uomini come marionette di un suo spettacolo segreto. Non si può racchiudere Dio nei nostri schemi, dice il Qoheleth.