Lettura continua della Bibbia. Cavalcando un asino (Zc 9,9)

Cavalcando un asino
Umile, cavalcando un asino e un puledro figlio d’un’asina… S. Baudelio de Berlanga, 1125 ca. Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63569570

Umile, cavalcando un asino (Zaccaria 9,9-10)

All’inizio del capitolo, il profeta aveva predetto la rovina di alcune città confinanti con Israele: Damasco, Sidone, Tiro, Ashkelon, Gaza, Ashdod e altre, mentre a Gerusalemme, al contrario, “non passerà più alcun oppressore” (9,8). Di Gerusalemme sarà la vittoria: e quale sarà il suo re vittorioso?

“Esulta grandemente, figlia di Sion. Grida, figlia di Gerusalemme. Ecco, il tuo re verrà a te: è giusto e vittorioso, umile e cavalca un asino, e un puledro figlio d’asina”.

Quando le parole di questa profezia furono scritte, però, Israele non aveva alcun re. Era tornato in patria dopo l’esilio in Babilonia e aveva ricostruito il tempio di Gerusalemme, ma non avevano riconquistato l’autonomia politica, rimanendo una provincia sottomessa all’impero persiano. Eppure, dice il profeta, la regalità tornerà a Gerusalemme. Verrà con un re che entrerà in Sion, giusto e portatore di salvezza, ma povero e cavalcando un asino…

Le caratteristiche di questo re sembrano costituire un ossimoro: un re vittorioso e mite? Un re salvatore e povero?

Il grande assente: il cavallo

Contrariamente a quanto potremmo pensare, il cavallo nella Bibbia è un simbolo negativo, mentre la positività ricade tutta sull’asino. Il cavallo era l’animale con cui si andava in guerra, perciò rappresenta la potenza bellica, le risorse umane su cui si è tentati di fare affidamento anziché su Dio. “Guai a quelli che… fanno affidamento sui cavalli, confidano nei carri in quanto numerosi, e nei cavalieri perché molto potenti, ma non guardano al Santo d’Israele e non cercano il Signore” (Isaia 31,1); Sal 20,7: “Alcuni [confidano] nei carri e altri nei cavalli, ma noi ricorderemo il nome del Signore, nostro Dio”; Zc 10,5: “Quelli che sono in groppa ai cavalli saranno confusi”.

Il re messianico, cavalcando un asino, anzi un puledro, si presenta come un re che non crede nella superiorità delle armi ma nella potenza di Dio. Si presenta come un povero che viene in pace: l’asino è l’animale del lavoro, perciò è simbolo di tranquilla operosità e di pacificazione. In sintonia con questa immagine, farà sparire le armi da Israele, annunzierà pace alle genti e con la pace universale dominerà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra. I prigionieri torneranno a Gerusalemme dopo la sconfitta che Dio farà dei loro oppressori, qui menzionati come Yawan, cioè Ionia, la Grecia, e tornerà la prosperità nel paese (9,10-17)

A quale epoca si riferisce la profezia?

Che cosa aveva in mente l’anonimo profeta riguardo al re che viene umile e pacifico cavalcando un asino? Un periodo storico preciso, oppure un futuro ideale fuori dal tempo?

In effetti, i versetti precedenti parlano della distruzione di città vicine: Tiro, in particolare, fu distrutta nel 332 a.C. da Alessandro Magno, che occupò la Fenicia, la Siria e le città di Ashdod e Gaza (9.5). Gerusalemme, invece, come riporta Giuseppe Flavio, non fu attaccata ma fu protetta (9,8). L’età ellenistica potrebbe essere vista come l’epoca di adempimento della profezia, tanto più che nel v. 13 i figli di Sion avrebbero dovuto affrontare i figli di Yavan, ossia i Greci, che sino ad allora non erano mai stati in conflitto con Israele. I commentatori rabbinici per la maggior parte vedono qui una predizione della guerra tra i Maccabei e l’impero greco-siriano dei Seleucidi, successori di Alessandro Magno.

Tuttavia, l’avvento del re umile e pacifico che pone fine alle guerre in tempi biblici non si è mai verificato. Siamo di fronte ad una aspettativa messianica che non trova compimento nell’Antico Testamento, come pure le profezie riguardanti Zorobabele nel ProtoZaccaria.

Sono gli evangelisti, tutti a quattro, a vedere l’adempimento di questa profezia nell’ingresso di Gesù in Gerusalemme in quella che noi chiamiamo Domenica delle Palme, Matteo e Giovanni dichiarandolo esplicitamente.

Marco 11,1-7Matteo 21,1-7Luca 19,29-35Giovanni 12,14-15
Andarono e trovarono un asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero…
Essi condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra.
Ora questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta: «Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma». I discepoli… condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere.




Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché sciogliete il puledro?».
Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.
Gesù,
trovato un asinello,
vi montò sopra,
come sta scritto: 
«Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina».

Anzi, Matteo è così impegnato a mostrare l’adempimento letterale dell’antico oracolo che del profeta, che prende alla lettera anche la presenza dei due asinelli, e fa sedere Gesù su di essi, mentre la menzione dei due animali nell’oracolo è solo un modo poetico di fare rima non con la terminazione delle parole ma con il parallelismo delle immagini!