Viaggio nella Bibbia. Nuove difficoltà per Abramo (Gn 20-21)

Abramo e Sara. Di James Jacques Joseph Tissot, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8855082

Veramente il cammino di Abramo è un cammino ad ostacoli. Ostacoli rappresentati anche dalle donne che gli stanno attorno. Sulle prime difficoltà, vedere QUI.

Il rapimento di Sara

Cammino ad ostacoli
Abimelek rende Sara ad Abramo. Di Frans Geubels (c. 1560-70) – Opera propria, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21610741

Nel cap. 20 apprendiamo come Sara sia nuovamente rapita (a 89 anni è ancora una bella donna!), questa volta dal re di Gerar Abimelek. È una storia che si ripete, una riedizione del racconto di Genesi 12. In questa occasione però il narratore, della corrente Elohista di cui qui parliamo per la prima volta, ha cura di apportare alcune sottolineature.

Per prima cosa, evidenzia che il re non si era potuto accostare a Sara, quindi l’onorabilità della matriarca è inviolata. Intatto è anche, per la moralità dell’epoca, l’onore del re, il quale, sia ben chiaro, ha agito in buona fede.

Secondo particolare: Dio appare in sogno. L’Elohista ha un grande senso della trascendenza di Dio (che chiama, come il Sacerdotale, Elohim) e si preoccupa sempre di far notare che Egli non appare di persona, ma tramite il suo angelo o tramite sogni.

Terzo: anche Abramo esce migliorato da questo racconto rispetto al precedente. Infatti, il patriarca non ha mentito affermando che Sara è sua sorella: ella è figlia di suo padre, anche se non della stessa madre. Ed è solo dopo la scoperta di questa mezza verità, che è anche una mezza bugia, che Abramo riceve ricchi doni dal re, non prima, come era successo da parte del faraone, quasi a ricompensa dell’avergli dato la sua donna. È salvo l’onore di tutti.

Non solo: Abramo viene presentato come un profeta. È la prima volta che nella Bibbia compare questa parola che avrà così tanta importanza in tempi successivi. Abramo è il primo dei profeti. Ma come esercita questa sua profezia? Certamente non predicando, non pronunciando oracoli. La esercita pregando, cioè ponendosi come intermediario fra gli uomini e Dio, presentandogli le loro necessità. Dovremo tenerlo presente.

L’allontanamento di Agar e Ismaele

Cammino ad ostacoli
Agar e Ismaele nel deserto. Di Jean Charles Cazin – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16403268

Finalmente, dopo tante peripezie, una grande gioia: la nascita di Isacco, il figlio della promessa, il figlio del riso di Dio, da un uomo di 100 anni e una donna di 90. Ma anche qui si nasconde un insidioso dolore.

Riprende il racconto l’Elohista, ed è lui che ce lo fa sapere. Alla festa per lo svezzamento del piccolo Isacco si acuisce la gelosia di Sara, che vede i due figli di Abramo insieme. Che cosa faceva Ismaele da indispettire tanto la matrigna?

Ismaele rideva

Viene usato qui un verbo tuttofare, che può avere molte sfumature di significato: è sempre il verbo tzachaq, che connota Isacco e la sua nascita, ma può significare sia ridere di gioia sia deridere: oggi diremmo bullizzare. Infatti, nell’interpretazione di San Paolo, il verbo arriva a significare perseguitare (Gal 4,29).

Quindi, secondo lo sguardo malevolo di Sara, il figlio della schiava poteva, ridendo, opprimere il piccolo Isacco; o, al contrario, giocando con lui, poteva dimostrare di voler prendere parte con lui, alla pari, alla vita familiare. Entrambe le situazioni non le erano gradite, da qui la richiesta di allontanare il figliastro dalla tenda di Abramo.

Una interpretazione più raffinata ci viene dai rabbini: il ridere di Ismaele è espresso col verbo al presente, il che significa che Ismaele si ferma ai beni presenti, di questo mondo; lo stesso verbo compone il nome di Isacco all’imperfetto, che in ebraico corrisponde ad un futuro, a significare che la gioia di Isacco è riposta nei beni futuri. Quindi, aveva quasi ragione Sara…

Ascolta la voce di Sara

… la quale chiede spietatamente al marito di cacciare la coppia indesiderata, madre e figlio. Repetita iuvant, dicevano i romani. Ma questa volta la narrazione, dell’Elohista, attenua i toni, avendo cura di sottolineare che «La cosa sembrò un gran male agli occhi di Abramo a motivo di suo figlio» (v. 11). 

Se nel cap. 16 Abramo sembrava indifferente alla sorte della sua concubina e del suo stesso figlio, adesso invece mostra di prendersela a cuore. Dio lo incoraggia: «Non sembri male ai tuoi occhi questo, riguardo al fanciullo e alla tua schiava: ascolta la voce di Sara in tutto quello che ti dice, perché attraverso Isacco da te prenderà nome una stirpe. 13Ma io farò diventare una nazione anche il figlio della schiava, perché è tua discendenza» (vv. 12-13).

È Dio che lo deve rassicurare, affermando che le parole di Sara in certo modo sono profetiche, perché (al di là delle intenzioni soggettive) interpretano la storia con gli occhi di Dio. La linea della salvezza passerà per Isacco; anche Ismaele avrà una grande storia, ma sarà una storia diversa.

I rabbini considerano Sara la prima delle profetesse, così come Abramo è il primo dei profeti. 48 sono nella tradizione rabbinica i profeti maschi, e 7 le profetesse. In realtà, nell’Antico Testamento solo 3 donne sono dichiarate profetesse, Myriam sorella di Mosè, Deborah profetessa e giudice e Chulda profetessa al tempo di Giosia (VII secolo a.C.), non considerando la moglie di Isaia che riceve tale titolo solo perché è moglie di un profeta. Ma oltre a queste i rabbini ne enumerano altre quattro – Sara, appunto; Anna madre di Samuele; Abigail futura moglie del re David; la regina Ester – che non sono profetesse perché predicano o enunciano oracoli, ma perché leggono nella storia la linea della salvezza e la cantano o la testimoniano con la loro vita. Questo è il munus profetico che i battezzati ricevono aderendo a Cristo re, sacerdote e profeta.

Ismaele, l’altro figlio di Abramo

Nel deserto Agar scopre nuovamente che il suo e nostro fallimento diventa terreno favorevole per incontrare una Presenza che veglia sulla storia degli uomini. Dentro la storia del popolo che discende da Abramo, nasce così un’altra storia, quella del primogenito di Abramo, Ismaele, considerato il capostipite degli arabi e quindi dei musulmani.

Molti vedono nella sua vicenda di allontanamento il seme della divisione tra ebrei e musulmani. Ma Dio promette una grande discendenza a entrambi i figli di Abramo, solo stabilendo modi e tempi diversi. Non può essere un caso che il nome del primo figlio sia Ishma‘el, «Dio ascolterà», lo stesso verbo che nella preghiera per eccellenza dell’ebraismo risuona all’imperativo: Shemà‘, Ascolta.

Dio è presente nella storia di ogni uomo, ci dice la vicenda di Agar e Ismaele. Se sceglie un popolo, lo fa solo per manifestarsi attraverso esso in modo da richiamare l’umanità alla sua vocazione all’unità. La scelta di Israele non è segno di privilegio, meno che mai di esclusione degli altri, ma costituisce un segno per così dire “sacramentale” che aiuti la storia umana a recuperare il vero senso del vivere su questa terra camminando su sentieri di pace e di fraternità.