C.S. Lewis e “Mere Christianity”: che cosa significa?
Una delle opere più famose di Lewis è la raccolta intitolata Mere Christianity, pubblicata in volume unico nel 1952, vero e proprio classico di apologetica cristiana, tanto che rientra nella classifica dei mille libri più letti al mondo. Per la vita dell’autore, vedere l’articolo precedente QUI.
Dal 1941 al 1944, C.S. Lewis tenne alla BBC per i soldati della RAF alcune conversazioni religiose. Tale iniziativa ebbe molto successo e molto seguito; tanto che, dicono i biografi, la voce di Lewis in tempo di guerra divenne la più conosciuta in Inghilterra dopo quella del primo ministro, Winston Churchill.
C.S. Lewis e “Mere Christianity”. Lo scopo del libro
Il libro, pubblicato in Italia da Adelphi col titolo Il cristianesimo così com’è, si apre con una prefazione nella quale l’autore chiarisce lo scopo dell’opera, presentare il cristianesimo nella sua sostanza e nella sua ragionevolezza. Lewis è anglicano, ma vuole evitare ogni fraintendimento riguardo ad una sua presunta intenzione di propaganda per la Chiesa d’Inghilterra. Dice infatti molto chiaramente che il suo desiderio è quello di convertire al cristianesimo puro e semplice (mere christianity) senza declinazioni confessionali. Sarà poi ognuno, nell’intimo della propria coscienza, a scegliere la strada a cui si sente chiamato.
Il vestibolo della casa
Per spiegare il suo intento egli usa una metafora estremamente limpida: «Nessun lettore, spero, penserà che il cristianesimo puro e semplice sia proposto qui come alternativa alle dottrine e comunioni esistenti […]. Esso è simile, piuttosto, a un vestibolo in cui si aprono porte che danno in varie stanze. Se riesco a portare qualcuno in questo vestibolo, avrò ottenuto lo scopo che mi sono proposto. Ma è nelle stanze, non nel vestibolo, che uno può scaldarsi al fuoco e sedersi e nutrirsi. Il vestibolo è un luogo dove stare in attesa, un luogo da cui tentare le varie porte, non un luogo in cui vivere […]. Anche nel vestibolo dovrete cominciare a cercar di obbedire alle regole che sono comuni a tutta la casa. E soprattutto chiedervi quale porta sia quella vera: non quale sia più grata per il suo aspetto».
Conciliare le divisioni
Un esempio del suo tentativo di conciliare le divisioni è rappresentato dalla preghiera – come dimostrerà nell’epistolario intrattenuto con il sacerdote veronese don Giovanni Calabria, canonizzato nel 1999 da Giovanni Paolo II. Ma un esempio anche a livello dottrinale è costituito dalla sua semplice ed acuta osservazione sulla grande questione che divideva le chiese protestanti dalla Chiesa cattolica, la questione della fede e delle opere:
«Tra i cristiani si è molto disputato se ciò che conduce alla meta cristiana siano le buone azioni o la fede in Cristo. Io non ho titoli per pronunciarmi su questa difficile questione, ma mi pare che sia un po’ come discutere su quale lama di un paio di forbici sia più necessaria […]. La Bibbia sembra veramente tagliare la testa al toro mettendo insieme le due cose in un’unica frase, sconcertante. La prima metà dice: “Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore”: come se tutto dipendesse da noi e dalle nostre buone azioni; ma la seconda metà continua: “è Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare”, come se Dio facesse tutto e noi nulla».
Lewis è perciò uno degli antesignani dell’ecumenismo; l’esempio riportato sopra è specchio di quanto affermerà Giovanni XXIII sul fatto che è necessario trovare ciò che unisce piuttosto che ciò che divide; ritornare, secondo Lewis, al cristianesimo della Chiesa indivisa.
Contro il cristianesimo annacquato
Ma Lewis in questa sua battaglia non combatte solo contro l’ateismo, e contro le divisioni delle Chiese, bensì anche contro ciò che egli chiama cristianesimo annacquato: una semplificazione del cristianesimo che lo riduce ad una cosa sciocca per renderne più facile la demolizione. «Molto spesso, tuttavia, questa sciocca procedura è adottata da gente non sciocca, che però, consciamente o inconsciamente, vuole demolire il cristianesimo. Costoro propongono una versione del cristianesimo adatta a un bambino di sei anni, per poi prenderla a bersaglio delle loro critiche». Purtroppo anche cristiani non formati o superficiali hanno una visione puerile della fede. Il cristianesimo invece, dice Lewis, è un affare tremendamente serio: ne va della vita, come in tempo di guerra.
È emozionante, per le persone che amano questo scrittore, poter udire dal vivo la sua voce in una rara registrazione radiofonica scampata, appunto, al tempo di guerra, quando i nastri registrati venivano il più delle volte cancellati per essere riutilizzati. Si tratta della conversazione che ha dato luogo all’ultimo capitolo di Mere Christianity. Audio: QUI e QUI.