Bisogno di pace per tutti: la lezione del libro di Giona

Giona deve predicare la pace. Fonte immagine: <a href=”https://it.freepik.com/vettori-gratuito/giona-e-il-grosso-pesce-una-mappa-divina_69784433.htm#query=giona&position=3&from_view=search&track=sph”>Immagine di brgfx</a> su Freepik

Bisogno di pace per tutti. Il profeta Giona, dal nome che significa “colomba”, si fa malvolentieri messaggero di salvezza per Ninive, la grande città cattiva. Dio stende su di lei la sua misericordia: come potrebbe non farlo, visto che ci sono in essa così tanti innocenti, bambini e animali? Anche di loro parleremo in questo articolo.

Ninive la grande città cattiva

Ninive. Palazzo reale, ricostruzione di Layard, 1899
Palazzo reale a Ninive. Ricostruzione di Layard, 1899

C’è un piccolo scritto molto conosciuto dell’Antico Testamento, il libro di Giona; conosciuto, ma forse non per il motivo per il quale lo dovrebbe essere.

Infatti, il libro di Giona è famoso per il racconto fiabesco dell’inghiottimento del profeta da parte di un grande pesce che lo trasporta e poi lo risputa sulla spiaggia di Ninive dopo tre giorni e tre notti. Non che questo non sia importante; infatti, Matteo 12,40 ne fa un tipo, una prefigurazione della resurrezione di Cristo il terzo giorno. Ma nel contesto del libro di Giona è prevalente il tema dell’universalismo della misericordia di Dio e della salvezza di tutti, uomini e bestie.

La misericordia di Dio su Ninive

Ninive, che aveva un perimetro di mura che misurava 12 km, era una delle grandi città dell’antichità, sulla riva sinistra del Tigri nella Mesopotamia settentrionale, presso l’odierna Mosul.

Abitata fin da tempi antichissimi, Sennacherib nel VII secolo a.C. ne aveva fatto una città magnifica. Descritta come bellicosa e sanguinaria, Ninive si macchia di atroci crimini di guerra e adotta leggi crudeli e costumi licenziosi. Quando la sua corruzione tocca il culmine, Dio invia a Ninive il profeta Giona perché vi predichi la conversione.

Il libro di Giona

Il racconto del libro di Giona non ha caratteristiche propriamente storiche: annoverato fra gli scritti profetici perché il protagonista è un profeta, il libro è, tuttavia, una sorta di favola, al di là del fatto che un profeta Giona figlio di Amittai (2Re 14,25) sia realmente vissuto in Samaria al tempo di Geroboamo II (VIII secolo a.C.).

La fuga di Giona da un Dio Onnipotente da cui dovrebbe ben sapere di non poter fuggire; l’impossibile inghiottimento da parte di un grande pesce e il recapito sulla spiaggia di Ninive; la città lunga tre giorni di cammino (almeno 45 km: nessuna città dell’antichità arrivò a tanto); il numero spropositato di abitanti (120mila è calcolato come il numero degli infanti, mentre potrebbe corrispondere al numero dell’intera popolazione nel periodo del massimo splendore)… tutto questo ha caratteri decisamente fiabeschi.

Per le sue caratteristiche linguistiche, sappiamo che lo scritto è stato composto in epoca persiana o ellenistica; quindi, molto dopo la distruzione della stessa Ninive, avvenuta nel 612 a.C. ad opera dei babilonesi, quando ormai la grande città cattiva è divenuta leggenda. Il libro si può considerare un midrash o una parabola, se non addirittura una fiaba. Il dato storico è rappresentato dalla remota figura di un profeta e dalle atrocità che Ninive commette.

Il pentimento e la conversione della città

Bisogno di pace per tutti, uomini e animali. La vicenda di Giona
La vicenda di Giona. Icona.
Si notino in basso sulla destra gli animali, coinvolti come gli uomini nella storia della città

Ebbene, Giona fugge perché non vuole che il suo Dio misericordioso perdoni alla grande città pagana e rinunci a distruggerla. Dio però non recede dai suoi piani di salvezza e ricatapulta il profeta renitente alle porte della città che voleva evitare. Così Giona, il cui nome significa «colomba» e con ciò stesso evoca la pace, deve predicare la conversione. E la conversione, incredibilmente, avviene…

Il testo

3,5 I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. 6 E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. 7 Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua; 8 uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. 9 Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo».

Il bello è che la penitenza viene ordinata per tutti, anche per i non colpevoli, i bambini e gli animali. Quando da piccola leggevo questa storia, mi immaginavo tutti gli animaletti, cani, gatti, pecore, asini, buoi, tutti con i loro vestitini di sacco, a fare penitenza insieme agli uomini. Una bella solidarietà. Ma il più bello viene dopo.

Una lezione di misericordia per il profeta

Poiché Dio non distrugge Ninive, Giona è adirato: voleva il castigo dell’empio perché pagano. Sarà il Signore a dargli una lezione di misericordia.

Gli fa crescere accanto una bella pianta di ricino che gli fa ombra, e alla quale il profeta si affeziona. Quando dopo nemmeno un giorno un verme la rode e la fa seccare, Giona si affligge fuori misura. Ed ecco la provocazione divina: «E io non dovevo aver pietà della grande città di Ninive, nella quale ci sono più di centoventimila persone che non distinguono la destra dalla sinistra e così tanti animali?» (4,11).

Oggetto della misericordia di Dio sono tutte le persone, gli adulti peccatori certamente. Ma irresistibili per la sua compassione sono i bambini piccoli (quelli che ancora non sanno distinguere destra e sinistra) e gli animali, coinvolti innocentemente nella corruzione degli uomini.

Così recita Sal 36,7: «Uomini e bestie tu salverai, Signore». Il verbo qui usato, ysh‘, è lo stesso che dà luogo al participio Moshia‘, Salvatore, e al nome proprio Yeshua‘, Gesù (abbreviazione di Giosuè, «il Signore salva»). C’è un Gesù anche per gli animali, dunque. Solo per curiosità: guardate una foto QUI.

Fonte immagine: https://www.facebook.com/photo/?fbid=2940837602646696&set=a.977805092283300

Questi compagni di creazione dell’uomo sono anche compagni di sofferenza, e non sono certo loro a provocare i mali del mondo, ma ne portano il peso e la pena come e forse più degli uomini. Come l’umanità, patiscono il travaglio del creato sconvolto dalla corruzione umana. Come l’umanità, anelano senza saperlo a tempi nuovi (leggete il bellissimo brano della lettera ai Romani, 8,18-23), quando la pace e la giustizia regneranno incontrastate. Questa è la speranza cristiana. Ma, come scrisse il grande Agostino, «Chi ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te» (Sermo 169, 11, 13). Gli animali non possono porre fine ad una guerra. L’uomo, nelle cui mani si trova il mondo, sì. Se vuole.

Animali e guerra in Ucraina: QUI.