Non è semplice parlare di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI, e non voglio farlo, almeno non in questa sede; lascio il compito ad altri, ad esempio QUI. Voglio però riprendere le parole con cui iniziò il suo pontificato, parlando di se stesso come di un umile lavoratore nella vigna del Signore: ci credeva davvero, e lo era veramente. Questo avrebbe potuto essere il suo motto, benché Ratzinger fosse un teologo dall’elevato pensiero, innalzato al massimo rango nella Chiesa.
Il suo era sentito propriamente come un ministero, parola etimologicamente derivata da minus = meno, a designare chi sta sotto qualcuno più grande. Un servitore, insomma. Timido, riservato, umile, non ha certo avuto l’arroganza che il suo posto nella storia della Chiesa e del mondo avrebbe potuto incentivare. È stato uomo di preghiera e di carità. Ha cercato il dialogo ecumenico e interreligioso, e – carattere a parte – è molto più simile a papa Francesco di quanto a certuni piacerebbe pensare.
Le passioni di Benedetto XVI
Fine musicista, appassionato di Mozart, Benedetto XVI ha persino registrato un album di musica classica dal titolo Alma Mater (2009). Altra sua grande passione, i gatti, di casa o randagi, di cui si prendeva cura, parlando con loro nella lingua della sua terra natia. Tra questi, i gatti della colonia felina dei Giardini Vaticani. Una volta, da cardinale, entrò in Vaticano con al seguito una dozzina di gatti. Mentre si fermava a parlare con loro una guardia svizzera gli disse: «Eminenza, cosa fa? Sta organizzando l’invasione dei gatti in Vaticano?». Ratzinger ridendo rispose: «Oh, non credo che siano pericolosi!». Due gatti, Contessa e Zorro, hanno accompagnato e reso più lievi i suoi ultimi anni di vita nel monastero Mater Ecclesiae dove si era ritirato successivamente alle sue dimissioni.
Joseph Ratzinger e C.S. Lewis
Un’altra passione di Benedetto XVI: i libri di C.S. Lewis. Da cardinale e da papa, Ratzinger l’ha citato più volte. Ricordo in particolare, in relazione alla battaglia contro il relativismo etico che è stata uno dei capisaldi del suo magistero, la citazione di un saggio di Lewis, L’Abolizione dell’Uomo, oltre che delle Lettere di Berlicche.
Ricordo anche, nel suo Gesù di Nazareth (Rizzoli, Milano 2007, 315 ss.), la citazione che Benedetto XVI fa dell’idea fondamentale che grazie a Tolkien spinse Lewis a convertirsi al cristianesimo: la vita – morte – resurrezione di Cristo non adempie solo il modello veterotestamentario di attesa messianica, ma incarna anche il motivo mitologico del Dio morente, divenendo il mito vero al quale tutti gli altri miti tendevano. Come scrive C.S. Lewis, nell’evento di Cristo, «Solo qui, per la prima volta dall’inizio dei tempi, il mito doveva essere divenuto realtà: il Verbo, carne; Dio, Uomo».
Proprio a tale motivazione della conversione «del grande scrittore inglese Clive Staples Lewis» fa riferimento papa Ratzinger a proposito della passione di Cristo adombrata nel chicco di grano: «il pane era diventato il punto di partenza dei miti di morte e risurrezione della divinità [… Questa storia] è accaduta realmente. Gesù non è un mito, è un uomo fatto di carne e sangue […]. Il mistero della passione del pane l’ha, per così dire, aspettato, si è proteso verso di Lui, e i miti hanno aspettato Lui, in cui il desiderio è diventato realtà».
Le dimissioni
Una particolarità del suo pontificato, però, è stata… la sua fine: infatti, esso è terminato non con la morte, ma con le dimissioni. Dimissioni inedite nella Chiesa moderna. Dimissioni che sfatano il vecchio proverbio: Morto un Papa, se ne fa un altro. Questa volta dobbiamo dire invece: Morto un Papa, ce n’è già un altro. Per la prima volta nella storia, si terranno in Vaticano le esequie di un Papa emerito presiedute dal suo successore. Un fatto unico che crea dei problemi ai cerimonieri.
I precedenti storici
Ci sono stati in precedenza papi dimissionari: i santi Clemente I, Ponziano, Silverio, martiri, abdicarono essendo impossibilitati dalla persecuzione ad esercitare il ministero petrino.
Ben diverso il caso di Gregorio IX (1045), che vendette la carica ad un presbitero che gli succedette col nome di Benedetto IX, e che poco dopo – per una specie di ironia della sorte – dovette abdicare a sua volta sottomettendosi all’imperatore Enrico III di Franconia. Che tempi!
Celebre è poi il dimissionario Celestino V: di lui non possiamo dire «di dantesca memoria» perché Dante non lo nomina affatto, se pure è lui, marchiato fra gli ignavi, «che fece per viltade il gran rifiuto» (Inferno III,60). Buon ultimo, Gregorio XII, il quale rinunciò al soglio pontificio per ricomporre la Chiesa dopo lo scisma d’Occidente (1415). Non sono molti, dunque, i papi dimissionari: quattro autentici santi, due disgraziati simoniaci, un politico. Non ho dubbi che Benedetto XVI debba essere ascritto fra i primi, i santi.
A scanso equivoci, ricordo che nel suo ultimo discorso da Sommo Pontefice, nell’atto di comunicare le proprie dimissioni, Benedetto XVI, il 28 febbraio 2013, dichiarò anche: «Tra il Collegio cardinalizio c’è anche il futuro Papa al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza». Onde sgombrare il terreno da demenziali farneticazioni su Francesco come antipapa (e anticristo, per giunta!).
Longevità
Un altro primato di papa Ratzinger è la longevità: è il Sommo Pontefice ad essere vissuto più a lungo, arrivando all’età ragguardevole di 95 anni. Prima di lui, il record era detenuto da Leone XIII con i suoi 93. Leone XIII avrebbe dovuto essere un papa di transizione dopo Pio IX quando lo elessero già anziano nel 1878, e invece gli anni passavano, ne passarono 25, non moriva mai… tanto che fra i cardinali circolava la battuta: «Credevamo di avere eletto un Santo Padre, e invece abbiamo eletto… un Padre Eterno!».
Del resto, l’aspettativa di vita si è molto allungata, tanto che quasi tutti i papi della seconda metà del Novecento seguono da vicino il modello di Leone XIII: Giovanni Paolo II, 85 anni; Pio XII e Giovanni XXIII, 82; Paolo VI, 80. Francesco ne ha già compiuti 86.
Rapidità del conclave
Non un primato, ma quasi: il card. Ratzinger è stato eletto dopo solo due giorni di conclave, al quarto scrutinio, come Pio XII (secondo giorno, però al terzo scrutinio).
Il conclave più lungo della storia, invece, durò 1006 giorni, si svolse a Viterbo e fu la prima assemblea elettiva della Chiesa a chiamarsi così (conclave composto da cum e clavis / [chiuso] a chiave), perché i cardinali erano divisi in due schieramenti di pari forze (filoguelfi e filoghibellini) e non erano capaci di uscire dallo stallo; per cui le autorità cittadine, dalla disperazione, fecero chiudere a chiave le porte della sala in cui erano riuniti i cardinali, ridussero le razioni di cibo e scoperchiarono anche parte del tetto esponendoli alle intemperie, onde farli decidere. Macché: andarono avanti un altro anno! Alla fine, nel 1271, i cardinali incaricarono una commissione di concordare un nome, e stavolta il nome, quello di papa Gregorio X, uscì fuori in sole due ore! Quanta fretta…
Quanto alla durata del pontificato, invece, quello di Benedetto XVI si piazza più o meno al centro, fra i pontificati più lunghi della storia (Pio IX, 31 anni e mezzo; Giovanni Paolo II, 26 anni e mezzo; Leone XIII, oltre 25 anni) e quelli più brevi (record detenuto da Urbano VII con soli 13 giorni).