Benedetto l’uomo che confida nel Signore… è come un albero piantato lungo l’acqua… Questo passo di Geremia lascia il tono dell’oracolo per assumere piuttosto il tono sapienziale, meditativo. Contrappone l’aridità di chi confida nell’uomo alla floridezza di chi mette solo nel Signore la sua fiducia.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore: il testo
17, 4 Così dice il Signore:
5 «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
che pone nella carne il suo sostegno
e dal Signore si allontana il suo cuore.
6 Egli sarà come un tamerisco nella steppa,
quando viene il bene non lo vede;
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
7 Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è sua fiducia.
8 Egli è come un albero piantato lungo l’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi;
nell’anno della siccità non intristisce,
non smette di produrre i suoi frutti.
9 Più fallace di ogni altra cosa
è il cuore e difficilmente guaribile;
chi lo può conoscere?
10 Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori,
per rendere a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni…».
13 O speranza di Israele, Signore,
quanti ti abbandonano resteranno confusi;
quanti si allontanano da te saranno scritti nella polvere,
perché hanno abbandonato
la fonte di acqua viva, il Signore.
14 Guariscimi, Signore, e io sarò guarito,
salvami e io sarò salvato,
poiché tu sei il mio vanto.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore…
L’uomo che viene “maledetto” (nel seno che se ne denuncia la vacuità) è l’uomo che confida nell’uomo. Nella traduzione sfugge il gioco dei vocaboli: l’uomo che dà la sua fiducia è il ghever cioè l’uomo forte, il guerriero o eroe, e colui in cui ripone la fiducia è l’adam, cioè l’uomo fatto di terra (’adamah). Già si profila come un preteso gigante ma coi piedi di argilla… La forza del suo braccio è basata sulla carne, cioè sulla fragilità della creatura, mentre il suo cuore si allontana da Dio.
Lo stesso vocabolo ghever, uomo forte, passa a designare il soggetto che ripone la sua fiducia nel Signore; e questa volta la sua forza non è fittizia o fallace, perché veramente il Signore è la forza dell’uomo!
La doppia immagine che illustra queste due figure contrapposte è tratta dal mondo vegetale: il profeta mette in contrasto un tamerisco che cresce stentatamente in luoghi aridi con un albero rigoglioso che affonda le proprie radici lungo un corso di acqua perenne. Torna il lamento del Signore verso Israele: hanno abbandonato la fonte di acqua viva!
Non importa quale sia l’apparenza esteriore: il Signore scruta la mente e il cuore (alla lettera, il cuore e i reni) dell’uomo e ne vede la verità più profonda, al di là di quanto possano pensare e giudicare gli uomini.
Scritti nella polvere
L’allontanamento da Dio, causa di aridità e sterilità, viene poi efficacemente paragonato a qualcuno che scrive nella polvere: parole vane di cui non resterà traccia sulla faccia della terra. È forse questo il passo veterotestamentario di riferimento sottostante all’enigmatico gesto di Gesù che in Giovanni 8,3-11, nell’episodio dell’adultera, si china a scrivere nella terra. Chi si allontana col cuore da Dio, anche se osservante scrupoloso della Legge, sta scrivendo il proprio nome per terra…
Sarà forse utile chiarire che Geremia, come tutti altri profeti, non sta parlando degli atei, cioè di coloro che scelgono di non credere teoricamente in Dio: questo tipo di ateismo non è nell’orizzonte della loro epoca, in cui un vero e proprio ateismo non esisteva. No: sta parlando di un ateismo pratico, cioè di coloro che contrariamente a ciò che professano a parole allontanano Dio dal loro cuore e dalla loro vita, rinnegando con le azioni l’adesione formale ad una fede.