Viaggio nella Bibbia. Battesimo di sangue

Battesimo di sangue
Viaggio di Mosè in Egitto (particolare). Di Perugino (1482 ca.) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10291669

Battesimo di sangue

Finalmente convinto, Mosè parte con la moglie, i figli (che ora sono due: Gherson ed Eliezer) e l’asino. È una sorta di Sacra Famiglia ante litteram, compresa la frase che poi risuonerà nel vangelo dell’infanzia di Matteo: «Va’, torna… perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!» – 4,19) e torna al luogo di cui è nativo. Per la cronaca: nel midrash, l’asino è sempre lo stesso che aveva condotto Abramo sul monte Moria. Sarà anche lo stesso sul quale si presenterà il Messia facendo il suo ingresso glorioso in Gerusalemme.

Uno strano episodio

Durante il viaggio, «il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. 25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». 26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione» (4,24-26).

Questo breve racconto suscita domande importanti. Perché Dio cerca di togliere la vita a Mosè, subito dopo averlo mandato in Egitto per salvare gli Israeliti? E inoltre, perché si dice che Dio «cercò di ucciderlo»? Non è l’Onnipotente? Si comporta come un semplice uomo, che tenta di compiere un’azione, con la possibilità che questa non riesca?

Questo stranissimo episodio, forse il più strano di tutta la Bibbia, in cui Dio sembra rimangiarsi tutto quello che aveva detto e promesso per scagliarsi contro il chiamato ed ucciderlo, va messo in parallelo con l’altro strano episodio in cui Giacobbe lotta con Dio nel suo viaggio di ritorno al luogo natio.

La situazione è la stessa: un uomo solo, la notte, che va incontro al suo destino, forse incontro alla morte (Giacobbe perché deve vedersela con l’ira del fratello, Mosè perché deve affrontare il faraone). Forse alla base del racconto biblico c’è un episodio di malore improvviso che coglie il protagonista della vicenda. La vita di un intero popolo dipende dalla vita di quell’uomo: di Giacobbe perché è il capostipite, di Mosè perché è (o dovrebbe essere) il liberatore. Eppure Dio, che li ha scelti, contraddittoriamente li assale e quasi li uccide. È in fondo la stessa situazione del sacrificio di Isacco: Dio promette un figlio da cui dovrebbe nascere il suo popolo, lo fa nascere prodigiosamente, poi lo richiede a morte.

È, nel suo culmine, il mistero della sofferenza: Tu – sembra dire il chiamato – mi incarichi di qualcosa di molto difficile, di impossibile, e poi mi impedisci di farlo, anzi mi porti al limite della morte. O, peggio ancora: dici che farai una cosa e poi ne fai un’altra?

Potremmo chiamarlo battesimo di sangue. Non nel senso proprio di adesione di fede mediante il martirio, ma nel senso traslato di investitura cruenta, l’affrontare per la prima volta una grave difficoltà da cui non si esce indenni. Appare come una sorta di purificazione, forse un apprendistato per prepararsi a battaglie più ardue…

Giacobbe ne esce azzoppato per un colpo basso del suo misterioso Avversario che lo sconfigge con le sue stesse armi, astuzia e slealtà. Ma ne esce anche benedetto per sempre.

Mosè ne esce illeso perché la moglie Zippora compie un atto sostitutivo dello spargimento del suo sangue, lo spargimento del sangue del figlio mediante la circoncisione, in una sorta di sposalizio mistico. Mosè diviene sposo di sangue: la sua missione inizia all’insegna della contraddittorietà, del mistero, della incomprensibilità delle azioni divine. Non si può capire fino in fondo, talvolta nemmeno in superficie la dialettica divina. A volte lineare, a volte (anzi, molto spesso) tortuosa e imperscrutabile. L’unica risposta umana possibile è la fiducia. E di fiducia ne occorre tanta. Se questo è il buongiorno, quali saranno gli sviluppi?

Interpretazioni rabbiniche

Secondo i rabbini, questo episodio è focalizzato nell’insegnare la fondamentalità della pratica della circoncisione. Ma questo non risolve le difficoltà. Tenendo presente che la lotta di Giacobbe con l’angelo è una sorta di premonizione della difficoltà imminente di affrontare l’ira del fratello Esaù, anche questo episodio riguardante Mosè viene spiegato come un presagio della salvezza di cui sarà segno il sangue dell’agnello nella futura notte di Pasqua (Ibn Ezra). Mosè ha avuto qui il penoso privilegio di poter scrutare il proprio avvenire ed intuire la possibilità di scampo.