
La città rappresenta una sicurezza umana, per questi nomadi che vengono dall’Oriente; la torre sarebbe anche la risposta alla possibilità di un nuovo diluvio, un modo per eluderlo o impedirlo, e il collegamento fra questi due elementi esisteva nell’immaginario collettivo, se si pensa che nell’epopea di Gilgamesh l’arca si ferma proprio sulla sommità di una ziggurat. Al tempo stesso, la torre di Babele è emblema di un potere totalitario.
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Le intenzioni dei costruttori

Le interpretazioni rabbiniche sulle intenzioni dei costruttori di Babele sono molteplici. Secondo il Talmud (Sanhedrìn 109a), Rav Shila insegnava che gli uomini decisero di costruire la torre con l’intenzione di perforare i cieli con asce e far uscire tutta l’acqua lì contenuta, rendendo così impossibile a Dio di provocare un altro diluvio. Secondo il Midrash i costruttori della torre temevano che i cieli sarebbero crollati ogni 1656 anni, come era accaduto durante il diluvio avvenuto nell’anno 1656 dalla Creazione. Perciò essi decisero di costruire un’impalcatura per sostenere i cieli e, così, cambiare il quadro climatico e astrale.
Ribellione contro Dio
Secondo Rav Yirmia bar Elazar, invece, c’erano tre gruppi, ognuno dei quali aveva progetti diversi per la torre. Un gruppo aveva intenzione di scalarla per salvarsi nel caso di un altro diluvio. Il secondo voleva usarla come tempio per l’idolatria e un terzo gruppo la voleva usare come base da cui poter lottare contro Dio. Secondo il Targum Yerushàlmi in cima alla torre doveva esserci una forma d’uomo con una spada in mano, in atto di ribellione contro Dio, che gli uomini speravano di sopraffare. Rav Ovadia Sforno spiega che l’idea di porre un idolo in cima alla torre aveva lo scopo di far acclamare la torre e l’idolo come i più grandi del mondo, e di rendere colui che avrebbe governato quella città il sovrano dell’umanità intera.
R. Bachye ritiene che l’intenzione basilare fosse quella di costruire un monumento che sarebbe stato visto anche a grande distanza. I costruttori volevano stabilirsi abbastanza vicini gli uni agli altri e decisero pertanto di insediarsi in vista della torre, che sarebbe servita anche come punto di orientamento. Un’interpretazione decisamente più fantasiosa sostiene che forse i costruttori di Babele stavano creando il primo parafulmine! Infatti, Dio aveva promesso di non mandare un altro diluvio, e temevano che Egli avrebbe punito i ribelli con il fuoco. Perciò speravano che la torre avrebbe deviato qualsiasi temporale. Notevole, se si pensa che R. Bachye visse molti secoli prima di Benjamin Franklin…
Babele: un potere totalitario. La negazione della diversità
Rav Naftali Tzvi Yehuda Berlin va molto più in là, spiegando che i costruttori di Babele volevano creare una società totalitaria in cui tutti vivessero e pensassero in modo univoco e in un ambiente controllato, dove la cultura del luogo rimanesse omogenea. Questo progetto avrebbe rappresentato il primo passo verso uno stato tirannico, che non avrebbe tollerato nessuna forma di espressione individuale, e per questo il Signore divise la gente di quel tempo in popoli diversi restituendo a ciascuno il diritto alla diversità.
Non è infatti positivo, secondo l’ebraismo, avere intenti comuni ed una lingua comune se questo causa la mancanza di rispetto della diversità. L’abbattimento delle differenze linguistiche e culturali potrebbe facilitare la coesione di tutta l’umanità in progetti folli che pretendono di arrivare al cielo. Crea cioè una idolatria che ha al suo centro l’uomo e mette in discussione Dio, o lo esclude dalla vita umana. La confusione delle lingue e la dispersione sono la conseguenza dell’arroganza dello spirito dell’uomo quando vuole sfidare il Creatore.
Farsi un nome
Rav Menachem Mendel Schneerson spiegò in particolare il progetto dei costruttori di Babele come ma volontà di costruire una torre che sarebbe stata un monumento alla sopravvivenza della razza umana fine a se stessa. Un grave errore.
La pretesa

Il nome Babele significa porta del cielo (Bab-ili = porta del dio), e tale fu la pretesa di Babilonia, essere per il mondo la porta degli dei. La grande città viene qui considerata il compendio dell’orgoglio umano, della Hybris. Il fatto che il Signore scenda a vedere l’opera degli uomini non implica l’idea che sia corto di vista, ma sottolinea l’ironia della situazione umana: Dio abita nelle altezze inaccessibili, e l’uomo è tanto piccino! L’ironia è implicita anche nel Suvvia, scendiamo! di Dio, che corrisponde al Suvvia, costruiamoci! degli uomini.
Le conseguenze: la confusione
Questa pretesa si è tramutata nella confusione. L’agiografo spiega così la parola sumerica con un termine ebraico assonante, balal = confondere.
Più che nella molteplicità dei linguaggi, questa confusione si deve vedere nella rottura dell’unità politica. Per gli assiri, unificare la lingua di un paese o unificare la bocca degli uomini non significava letteralmente imporre la lingua del vincitore ai popoli vinti, ma costringerli ad un’unità politica, economica e religiosa che annulla le differenze.
Dio vede il rischio per gli uomini di rinchiudersi in questo universo autonomo, che vuol bastare a se stesso, dove cielo e terra sono mescolati. Questo universo è totalitario, senza dialogo. Perciò Dio disperde gli uomini nel pluralismo, in una molteplicità di possibilità. Quando non si adora più il vero Dio, anche i rapporti umani vanno in rovina.
La disumanizzazione
La torre di Babele è rimasta il simbolo dell’empietà, dell’idolatria, e anche della disumanizzazione. Secondo il Midrash, ognuno prendeva i mattoni fatti con la terra e li trasportava sempre più in alto sulla torre, con fatica sempre maggiore e senza potersi mai fermare a riprendere respiro, perché la minima sosta rischiava di bloccare il flusso dei portatori e di provocare incidenti. Col crescere della torre, ormai, occorreva più di un anno per arrivare in cima, e un anno esatto per tornare giù. Perciò, se un uomo cadeva da quell’altezza e moriva nessuno ci faceva caso perché era facilmente rimpiazzabile, ma se si rompeva o si perdeva un mattone tutti piangevano perché sarebbero dovuti passare più di due anni prima di poterlo sostituire.
Questo significativo particolare midrashico vuol segnalare il rischio di una civiltà costruita sui beni materiali, dove questi sono preziosi mentre la vita umana, messa al loro servizio, non ha più alcun valore. Un racconto su cui riflettere.
Saranno poi due gli episodi biblici che faranno da risposta divina all’inorgoglimento dell’uomo espresso con la costruzione della torre di Babele: uno seguirà immediatamente, ed è la vocazione di Abramo che da sedentario si fa nomade e ovunque vada costruisce, sì, ma un altare, e invoca un nome, sì, ma non è il suo, è il Nome del Signore. L’altro sarà, agli antipodi della storia della salvezza, la discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, uno Spirito non di orgoglio ma di amore, che non disgrega ma unifica rispettando le diversità di ciascuno.