Lettura continua della Bibbia. Chi è Giacomo autore della Lettera?

Chi è Giacomo?
Giacomo di Zebedeo e Giacomo di Alfeo non sembrano identificabili con il Giacomo cui viene attribuita la lettera. Vetrata della chiesa di Notre-Dame in Boulogne-Billancourt. Di Reinhardhauke – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=14825468

Iniziamo con una domanda: chi è l’autore della lettera di Giacomo? La domanda può sembrare sciocca: la risposta è Giacomo, o per lo meno la lettera è posta sotto la sua autorità. Sì, ma quale Giacomo? Chi è il Giacomo a cui si riconduce la lettera che porta il suo nome? Perché nel Nuovo Testamento ce ne sono almeno tre, anzi quattro:

  • Giacomo il Maggiore, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni (Mc 3,17); ucciso per ordine di Agrippa nel  44
  • Giacomo, figlio di Alfeo (Mc 3,18), anch’egli uno dei Dodici
  • Giacomo fratello del Signore (Mc 6,3; 15,40: è identificabile con il precedente?)…
  • Giacomo, padre di Giuda l’apostolo, non l’iscariota (Lc 6,16), del tutto ignoto nel cristianesimo delle origini.

Chi è il Giacomo autore della Lettera?

Un video di introduzione qui:

Ora, date queste possibilità, dobbiamo precisare:

  • Giacomo di Zebedeo era morto assai presto, mentre la situazione presentata dalla lettera si riferisce ad una comunità più tarda.
  • Giacomo di Alfeo, uno dei Dodici, rimane un personaggio quasi sconosciuto, e sembra difficile poterlo identificare con Giacomo fratello del Signore, visto che  è appurato che i fratelli del Signore non credevano in lui (Gv 7,5). Inoltre, se il Giacomo sotto il cui nome circola la lettera fosse stato uno dei Dodici, nell’intestazione della lettera non avrebbe certo omesso la sua qualifica di apostolo.
  • Rimane un Giacomo fratello del Signore, distinto dal figlio di Alfeo.

L’ipotesi più probabile è quindi che il presunto autore sia Giacomo “il fratello del Signore” che fu capo della Chiesa di Gerusalemme al tempo del primo concilio di Gerusalemme (At 15; Gal 1,19; 2,9), rappresentante un cristianesimo ancora fortemente legato alla religiosità ebraica, come si riscontra nella lettera stessa di Giacomo. Ne parla anche Giuseppe Flavio (Ant. Jud. 20.9.1) chiamandolo Giacomo il Giusto fratello di Gesù, lapidato per ordine del sommo sacerdote Anano nell’anno 62.

Preciso subito che in ebraico – aramaico la parola “cugino” non esiste, e che con “fratello” si intende un legamo di parentela che copre molti gradi, quindi non necessariamente si riferisce al figlio dello stesso padre / madre.

Argomento contrario a questa attribuzione ad un ebreo palestinese verrebbe però dal fatto che la lettera è scritta in un buon greco, con vocaboli greci rari e talvolta unici nel Nuovo Testamento, e l’autore sembra persino in dialogo con pensieri della filosofia ellenistica e in particolare stoica; difficile che un ebreo palestinese fosse familiarizzato con tutto questo. Inoltre, il testo non dice nulla di Gesù, che nomina solo due volte. Cercheremo di capire meglio, perciò, la natura di questo scritto.

Una raccolta di insegnamenti?

Il fatto che la cosiddetta lettera di Giacomo non sia proprio una lettera, e il suo tono, hanno indotto molti studiosi a ritenere lo scritto una raccolta di insegnamenti sotto il nome di Giacomo, fratello del Signore. Questa opera di redazione sarebbe avvenuta subito dopo la sua morte per lapidazione, voluta dal sommo sacerdote del tempio di Gerusalemme, Anano, nel 62 d.C.

È possibile che quella che viene chiamata lettera sia stata scritta poco dopo la morte di Giacomo intorno agli anni 63-64, per conservare il suo insegnamento e trasmetterlo alle chiese. Questa ipotesi spiegherebbe perché lo scritto, a parte il saluto iniziale (Gc 1,1: Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute) non sembra avere niente dello stile epistolare, mancando sia di un’occasione specifica che dei saluti finali.

Questo spiegherebbe anche il carattere della lettera che, in modo non organico, affronta una serie di temi di varia natura: la santità come frutto di una condotta morale giusta, più che legata alla santità rituale; l’invito all’umiltà, all’ascolto e alla pratica della Parola di Dio,; l’invito alla saggezza, le esortazioni ai ricchi e alla moderazione; gli insegnamenti sulla lingua e sulle chiacchiere, sul fare differenze e sul giudicare in modo misericordioso e giusto; l’invettiva contro l’ingiustizia e l’oppressione dei poveri; l’esortazione alla preghiera.

La lettera

Di epistolare, invece, il contenuto della lettera ha ben poco. Si tratta di un piccolo scritto di soli cinque capitoli che tuttavia riserva ai lettori riflessioni di grande profondità morale e teologica, in modo particolare sul tema della ricchezza e dei poveri.

L’autore è un giudeo cristiano che si rivolge a tutti i dispersi delle dodici tribù d’Israele (1,1), quindi a tutti i giudeo cristiani sparsi per il mondo di allora. Sembra che lo scritto derivi dalla sua esperienza pastorale diretta.

La lettera sarebbe stata scritta da Gerusalemme fra il 60 e il 70. Il greco è singolarmente buono.

Lo scritto è di carattere eminentemente pastorale. I temi che distingueremo percorrono tutta la lettera di Giacomo che si presenta come una sorta di omelia sulla vita cristiana, di esortazioni e di insegnamenti per aiutare i cristiani a realizzare la propria vocazione. È uno scritto radicale, senza tentennamenti e senza compromessi.

Lo scopo della lettera di Giacomo potrebbe essere sintetizzato con le sue parole: aiutare i cristiani ad essere “perfetti ed integri” (1,4), “per essere una primizia delle sue creature” (1,18).

La lettera di Giacomo non presenta riflessioni teologiche di particolare rilevanza, eppure la forza della sua argomentazione e soprattutto la vivida potenza di alcune sue immagini la rendono uno scritto fecondo e importante per la formazione dei cristiani di ogni epoca.