April dolce dormire… Mi sono molto care le poesie dell’infanzia, quelle che non hanno neppure aspettato che andassimo a scuola per essere imparate a memoria, perché erano mamme e nonne a tramandarcele e insegnarcele, insieme alla saggezza popolare dei proverbi.
April dolce dormire… una poesia, e la voce di mia madre, insegnante elementare, che me la ripeteva, quando mi svegliava le mattine di aprile: prima di tutto perché la gustassi, e poi perché la imparassi, ai tempi in cui la memoria era importante, e c’era solo quella per ricordare le cose, non le meravigliose protesi informatiche che abbiamo a disposizione oggi. Ci credete, vero? Sono passati più di settant’anni e la ricordo ancora a mente, senza doverla copiare da un testo, e così come mia madre me la recitava io la riscrivo per voi…
April, dolce dormire
April, dolce dormire;
E caldi caldi voi
Fingete non sentire
La mamma e i baci suoi.
Eppur sono già quattr’ore
Che gli uccellini a frotte
Cantan sui rami in fiore
I sogni della notte!
Levatevi! C’è il sole
Che splende allegramente
Nel cielo azzurro, e vuole
Tutta scaldar la gente.
La voce di mia madre
Nei miei ricordi d’infanzia, questa poesia mi piaceva particolarmente perché richiamava il calore delle coltri e dell’affetto di mia madre, legandolo all’immagine quasi contrastante di un “fuori” più freddo e meno intimo, eppure riscaldato anch’esso dal tepore del sole mattutino e dall’immagine amichevole e solidale degli uccellini canori che di notte sognano e al mattino cantano quel che hanno sognato…
Non che esprimessi a parole questi pensieri, certamente, ma ne ricevevo e registravo l’impressione, l’intuizione, che solo dopo una vita, cioè adesso, riesco a formulare. Con il rimpianto che chi con la sua voce me li aveva suscitati, da quasi sessanta anni, non c’è più… se non nel mio ricordo e nel Regno di Aslan.