Lettura continua della Bibbia. Luca: Apparizione ai discepoli (24,36-49)

Apparizione ai discepoli
Apparizione ai discepoli. Meister des Heisterbacher Altars (XV secolo) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66392381

È un’apparizione sia di riconoscimento che di missione: il collegio apostolico ha necessità di questa esperienza forte del Risorto per svolgere la funzione di testimoni qualificati. Sono tornati tutti in un solo luogo, probabilmente il katalyma della Cena, dove sta nascendo la Chiesa.

Apparizione ai discepoli: Riconoscimento (36-43)

Precedentemente, Luca ha rilevato la presenza spirituale di Gesù, ora accentua quella sensibile. La realtà del corpo risorto è difesa contro le tendenze docetiste secondo cui l’umanità del Cristo sarebbe semplice apparenza: Gesù con la sua risurrezione è entrato nel mondo glorioso, celeste, non solo con lo spirito ma anche con il corpo glorificato. La resurrezione non è la rianimazione di un corpo, ma l’irruzione del mondo celeste nella realtà della storia che trova veramente la vita, vivificata dalla potenza dello Spirito e partecipe della vita trinitaria.

1 Cor 15,35-50 insiste sulla alterità o discontinuità fra corpo fisico e corpo risorto. Luca invece sottolinea la continuità: Gesù si fa toccare e mangia del pesce. Teniamo presente la difficoltà nel mondo greco di accettare la corporeità. Per questo, pur essendo ormai nota la verità della resurrezione di Gesù, Luca insiste su una reazione di incredulità: credevano di vedere uno spirito (36-37). Per rassicurare e convalidare la realtà della resurrezione, Gesù mostra mani e piedi, i segni della passione, e si fa palpare (38-40; cfr. Giovanni).

La resistenza degli apostoli fa riaffermare realisticamente la resurrezione di Gesù. Gesù mangia del pesce, che per qualcuno simboleggia Cristo stesso. Era il cibo ordinario per la Palestina. Anche se non più vincolato dalle leggi fisiche, Gesù si rende presente ai suoi (v. 41).

Apparizione ai discepoli: Missione (24,44-49)

In questo brano programmatico, Luca concentra i motivi fondamentali della missione apostolica.

  • La testimonianza apostolica avrà come nucleo fondamentale l’annuncio della passione – morte – resurrezione, quale attuazione del piano salvifico divino, che Gesù predisse durante il ministero pubblico.
    • La predicazione dovrà rifarsi all’esperienza personale dei discepoli al seguito di Gesù,
    • Illuminata dalla riflessione sulle Scritture che svelano il mistero della sua persona.
    • La testimonianza apostolica sarà sostenuta dall’azione potente dello Spirito.
    • Lo scopo della missione è la conversione di tutte le nazioni per la remissione dei peccati, a partire da Gerusalemme – in tutta la Giudea – e Samaria – fino agli estremi confini della terra.

La finale del Vangelo coincide con l’inizio degli Atti, che traducono il Vangelo nella storia vissuta dalla Chiesa. Gesù aveva predetto la necessità (“deve”) della sua passione e morte per l’attuazione del disegno divino contenuto nelle Scritture: Legge di Mosè // Torah; Profeti // Nebhiim; Salmi // Kethubhim = Scritti, oppure i Salmi in senso stretto, considerati fra i principali testimoni nel loro rapporto profetico a Cristo. Tutta la Scrittura è necessaria per interpretare correttamente il significato della passione/ morte/resurrezione: Allora aprì loro la mente perché comprendessero le Scritture (vv. 44-45).

I vv. 46-48 enunciano i temi fondamentali della predicazione apostolica. Al kerygma della passione/morte/resurrezione, Luca aggiunge l’elemento della missione universale dei discepoli a tutte le nazioni: gli apostoli hanno il compito di prolungare l’opera salvifica di Gesù nel mondo, mediante la predicazione, per portare gli uomini alla conversione e remissione dei peccati, cominciando da Gerusalemme. La promessa del Padre è l’effusione dello Spirito a Pentecoste. Grazie all’azione dello  Spirito, gli apostoli diverranno strumenti di annuncio del vangelo in tutto il mondo, fino agli estremi confini della terra (v. 49).

L’Ascensione (4,50-53)

Secondo questo brano, Gesù sarebbe asceso al cielo la sera di Pasqua, in At. 1,6-11, invece, 40 giorni dopo. Luca si attiene allo schema liturgico domenicale della comunità primitiva: non conta il dato cronologico (il quando dell’ascensione) ma quello teologico in cui l’ascensione avviene al momento della resurrezione, quando il corpo di Gesù passa dall’esistenza fisica, terrena a quella spirituale, gloriosa, del mondo celeste. Solo Luca parla cronologicamente dell’ascensione di Gesù, staccandola dal momento della resurrezione. La distinzione fra resurrezione – ascensione – Pentecoste sembra fatta da Luca a scopo catechetico: in Giovanni il movimento è unico, l’ascensione sulla croce e l’effusione dello Spirito.

Dopo la Pasqua, il Risorto conferma i discepoli per confermarli nella fede e istruirli, poi scompare dall’orizzonte terreno. Allora ha inizio il tempo della Chiesa, sotto l’azione dello Spirito. Questo è il senso teologico, che non esclude un effettivo congedo avvenuto in modo sensibile, nel contesto di un’apparizione solenne sul monte degli Ulivi. Verso Betania dice il Vangelo, genericamente: secondo Atti è il monte degli Ulivi (v. 50).

La prostrazione dei discepoli esprime il riconoscimento della divinità di Gesù, l’adorazione del Cristo come vero Figlio di Dio (51-53). Luca ribadisce i motivi della gioia e della lode che caratterizzano tutto il suo Vangelo. Il tempio, da cui aveva avuto inizio l’azione, ricompare alla conclusione, come luogo privilegiato della preghiera dei cristiani fino al 70 E.V. La distruzione del tempio segnò la separazione definitiva della Chiesa dal giudaismo, ed essa intraprese un cammino autonomo fra tutte le nazioni.