
Anche se involontariamente, le api sono buone amiche e alleate degli uomini. Vediamo la storia di questa “alleanza”, poi passeremo ad altri aspetti come la presenza delle api nella S. Scrittura e nell’arte.
Api alleate degli uomini: tutta una storia

Il rapporto dell’umanità con le api ha avuto inizio molto presto, a partire dalla raccolta del miele selvatico; in un secondo tempo si è sviluppato sotto forma di allevamento. L’apicoltore, da parte sua, procura alle api ricovero e cure, vegliando sul loro sviluppo. In cambio raccoglie una buona quantità dei loro prodotti: miele, polline, cera, pappa reale, propoli… un patto sicuramente proficuo per l’uomo.
Un patto proficuo e annoso: nell’antichità lo zucchero non esisteva (per quanto riguarda l’Europa, fu importato dagli arabi in Sicilia e Spagna nel IX secolo) e il miele era il primo e per molte civiltà l’unico dolcificante. Sulle pareti di una grotta in Spagna, la «cueva de la Araña» presso Valencia, una pittura del 7.000 a. C. raffigura chiaramente un uomo che appeso a liane raccoglie del miele da un alveare selvatico per metterlo in un paniere. Ad Abusir in Egitto, nel tempio del re Niuserra, sono state scoperte scene di raccolta e conservazione del miele, come l’uso del fumo per potersi avvicinare all’alveare (Antico Regno dell’Egitto, 2400 a.C.). In Egitto l’immagine dell’ape diviene addirittura un geroglifico. Il miele è citato nella Bibbia, dove insieme al latte rappresenta l’abbondanza nell’immagine di una terra in cui scorrono latte e miele.
La cultura greca e la cultura romana hanno molto apprezzato il miele, giungendo a codificarne l’uso gastronomico. In Grecia le api erano simbolo della dea Artemide e quindi spesso rappresentate, ad esempio sugli scudi o sulle monete della città di Efeso. Virgilio, nelle “Georgiche”, descrive le tecniche di apicultura.
Nel Medioevo
I monaci, nella barbarie dell’Alto Medioevo, hanno tramandato e sviluppato queste tecniche in tutta Europa. Nel Medioevo inoltre le api acquistano una nuova importanza: la loro immagine si moltiplica nei bestiari e nei trattati scientifici, ed anche in chiave allegorica. La figura dell’ape, come vedremo, è particolarmente importante nei manoscritti degli Exsultet pasquali. Allegoricamente, l’ape diventa ovvio simbolo di operosità (dorme un massimo di 30 minuti al giorno, e dedica tutta la vita allo svolgimento di diverse mansioni).
San Francesco e le api

Il Santo di Assisi ebbe un rapporto fraterno con tutti gli animali, anche con le api. In tutte le creature vedeva un riflesso della bontà di Dio. Scrive Tommaso da Celano nella Vita Seconda (FF 165):
«In ogni opera loda l’Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: “Chi ci ha creati è infinitamente buono “. Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono.
Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale non si è mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lode. Ha riguardo per le lucerne, lampade e candele, e non vuole spegnerne di sua mano lo splendore, simbolo della Luce eterna. Cammina con riverenza sulle pietre, per riguardo a colui, che è detto Pietra. E dovendo recitare il versetto, che dice: “Sulla pietra mi hai innalzato”, muta così le parole per maggiore rispetto: “Sotto i piedi della Pietra tu mi hai innalzato”.
Quando i frati tagliano legna, proibisce loro di recidere del tutto l’albero, perché possa gettare nuovi germogli. E ordina che l’ortolano lasci incolti i confini attorno all’orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato. Vuole pure che nell’orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna.
Raccoglie perfino dalla strada i piccoli vermi, perché non siano calpestati, e alle api vuole che si somministri del miele e ottimo vino, affinché non muoiano di inedia nel rigore dell’inverno. Chiama col nome di fratello tutti gli animali, quantunque in ogni specie prediliga quelli mansueti.
(…) Tutte le creature da parte loro si sforzano di contraccambiare l’amore del Santo e di ripagarlo con la loro gratitudine. Sorridono quando le accarezza, danno segni di consenso quando le interroga, obbediscono quando comanda».
Nella religione cristiana, tra l’altro, l’apicoltura si è legata al culto con l’utilizzazione delle candele di cera vergine (solo dall’Ottocento si utilizzano candele bianche di paraffina e stearina). Dalla fine del Settecento, poi, è tutto un fervere di invenzioni per migliorare le tecniche apistiche.
(Continua)