
Animali immaginari, dove trovarli? Nella Bibbia, prima di tutto.
Bestiario biblico
Nella Bibbia gli animali, compagni di creazione e di vita dell’uomo, sono citati migliaia di volte. Prima di tutti pecore e agnelli, asini, buoi… Poi le colombe, la chioccia con i pulcini, ma anche la poetica rondine e il piccolo passero, che fanno il nido presso gli altari del Signore. Fino ad allora ai margini della società ebraica, il cane, che solo nel libro di Tobia, di ambientazione persiana, compare come amico dell’uomo; per il resto è ancora semi selvatico, una specie di sciacallo. Invano cercheremmo il gatto, amico delle società agricole con ricchi granai che difende accanitamente dai topi; è menzionato solo nel cap. 6 del libro di Baruch fra gli animali che con poco rispetto si appollaiano sulle teste polverose degli idoli. Dimostrano così quanto poco gli idoli valgano agli occhi umani.
Animali selvatici e mostri
Troviamo invece tutta una fauna selvatica. Prima di tutto sua maestà il leone, ma anche l’orso, il lupo, le piccole fastidiose volpi, e il gran nemico, il serpente; aquile e avvoltoi, lo struzzo proverbiale per la sua stupidità (è una calunnia, s’intende), gli iraci (grossi roditori che stanno fra le rocce), le gazzelle, l’indomabile asino selvatico e il bufalo. E poi animali sempre più strani, l’ippopotamo, il coccodrillo, fino a mostruosità cui non si sa dare neppure un nome preciso…
Cosa sono i satiri (sha‘irim) cui viene addirittura fatto sacrificio? Cosa è quella Lilith che vi si accompagna? Che razza di animale è quello che viene tradotto con pellicano del deserto, visto che il pellicano è acquatico? Poi ci sono i grandi mostri marini, il Leviatan fra tutti (citato 6 volte), il più grande di tutti. Ma ci sono anche il serpente volante e il drago (citato 28 volte), e nell’apocalittica compaiono animali ibridi con una varietà di teste, corna ed ali, a carattere prettamente simbolico.
Di fronte a tale multiformità di immagini animali, non c’è da meravigliarsi se il Medioevo cristiano, da parte sua, ha raccolto l’eredità biblica e l’ha anche accresciuta, ricavandone un bestiario notevole. Bestiario che ritroviamo nelle figurazioni scolpite nelle chiese romaniche e gotiche a partire dal secolo XI.
Bestiario medievale
Non solo il bestiario biblico, ma anche il bestiario classico viene ricevuto dal Medioevo cristiano e rivisitato in funzione morale e religiosa. Per le tante rappresentazioni scultoree di bestie mostruose si accampano ragioni di tipo didascalico e catechetico. Scriveva Gregorio Magno nel 600: «Ciò che la scrittura rappresenta per i dotti, le immagini lo sono per gli ignoranti, che vedono attraverso di esse quello che devono ricevere».
Attraverso tali immagini passano in maniera emotiva e incisiva le paure del peccato, il potere del diavolo e la confortante onnipotenza divina.
Tanto diffuse erano queste immagini che San Bernardo di Chiaravalle vide nella loro proliferazione un motivo di distrazione del fedele piuttosto che un incentivo alla meditazione:
«Nei chiostri, sotto gli occhi dei monaci intenti alla lettura, che significato ha quella ridicola mostruosità, quella strana deforme formosità e formosa difformità? Quelle laide scimmie? Quei feroci leoni? Quei mostruosi centauri? Quegli esseri semiumani? […].
È dato qui vedere parecchi corpi sotto una sola testa e, al contrario, molte teste sopra un solo corpo. Si vede qui un quadrupede con coda di serpente, là un pesce con testa di quadrupede: qui un animale che sembra un cavallo visto da davanti e mezzo capro visto da di dietro, là una bestia con le corna e il dorso di cavallo. Infine, da tutti i lati si scorge una così ricca e sorprendente varietà di forme che è più grato leggere i marmi che i manoscritti e passare tutto il giorno ad ammirare queste cose, una per una, anziché meditare sulla legge divina» (Apologia ad Willelmum).
Vediamone alcuni esempi, disseminati nelle nostre città medievali.

A Massa Marittima, suggestiva cittadina medievale, è possibile rintracciare un vero e proprio bestiario immaginario. Tra questi, una sfinge, un pegaso, una sirena, un grifone, un drago… Tutti originali del luogo, tranne la sfinge che, proveniente dalla necropoli di Vulci, era stata ospitata temporaneamente al museo civico di Massa Marittima: un reperto etrusco di eccezionale fattura, scoperto solo nel 2011.
La sirena bicaudata

Davanti alla duecentesca «Fonte dell’abbondanza» di Massa Marittima si può vedere una sirena bicaudata a guardia del condotto idrico della fonte, in un affresco la cui narrazione parla tutta di fertilità.
La sirena dalla duplice coda comparve in vari tipi di rappresentazioni soprattutto in epoca etrusca e romana, nelle decorazioni di anse e vasi o urne cinerarie.
Le sirene bicaudate sono spesso presenti, fra l’VIII e il XIII secolo, anche sui portali degli edifici sacri. Secondo il pensiero cristiano, le sirene costituirebbero un ammonimento a guardarsi dalle lusinghe del peccato; secondo altri, invece, testimonierebbero il persistere del culto della fertilità dionisiaca per cui la sirena rappresenterebbe la Dea madre, simbolo di fertilità.
Altro significato che vi si può ravvisare: la duplicità della tendenza umana, al bene e al male, a seguire la ragione come a seguire l’istinto. Si legge infatti nel Fisiologo, testo redatto ad Alessandria d’Egitto tra il II e il III secolo d.C. da autore ignoto:
«Ha detto il profeta Isaia: “Gli spettri e le sirene e i ricci danzeranno in Babilonia” [Is, 13.21]. Il Fisiologo ha detto delle sirene e degli ippocentauri: ci sono nel mare degli animali detti sirene, che simili a muse cantano armoniosamente con le loro voci, e i naviganti che passano di là quando odono il loro canto si gettano nel mare e periscono. Per metà del loro corpo, fino all’ombelico, hanno forma umana, per la restante metà, d’oca. Allo stesso modo, anche gli ippocentauri per metà hanno forma umana, e per metà, dal petto in giù, di cavallo.
Così anche ogni uomo indeciso, incostante in tutti i suoi disegni. Ci sono alcuni che si radunano in Chiesa e hanno le apparenze della pietà, ma rinnegano ciò che ne è la forza, e in Chiesa sono come uomini, quando invece se ne allontanano, si mutano in bestie. Costoro sono simili alle sirene e agli ippocentauri: infatti “con le loro parole dolci e seducenti”, come le sirene, “ingannano i cuori dei semplici” [Rm 16,18]. Perché “le cattive conversazioni corrompono i buoni costumi” [1 Cor 15,33]. Bene dunque il Fisiologo ha detto delle sirene e degli ippocentauri».
La sfinge

La sfinge è una figura mitologica con corpo di leone e testa umana (androsfinge), di falco (ieracosfinge) o di capra (criosfinge), talvolta dotata di ali.
In Egitto
Nella mitologia egizia era simbolo di protezione che veniva collocato vicino alle piramidi. Si crede che la testa umana maschile raffigurasse il faraone che doveva proteggere. La sfinge egizia più grande e famosa è la grande sfinge di Giza: si pensa che la testa sia quella del faraone Khafra. Gli egizi realizzarono anche file di sfingi custodi agli ingressi di tombe e templi. Una di questi viali, a Tebe, comprende novecento sfingi con teste di ariete (criosfingi), che rappresentano Amon.
In Grecia
Nella mitologia greca si trova una singola sfinge, pervenutaci nel mito di Edipo come descritto da Esiodo (lo Pseudo-Apollodoro riporta che la sfinge era figlia di Echidna e di Tifone). La sfinge vessava i viandanti che si recavano a Tebe proponendo un indovinello la cui mancata soluzione comportava la morte: qual è l’animale che al mattino cammina con quattro zampe, a mezzogiorno con due e la sera con tre? Solo Edipo riuscì a risolverlo, e dalla rabbia la Sfinge si buttò nel dirupo dove era solita scagliare i perdenti.
In Etruria
Sfingi etrusche sono sparse su tutto il territorio italiano. La più famosa è la sfinge conservata al museo archeologico di Chiusi, in pietra, alata e con volto di donna. L’ultimo ritrovamento in ordine di tempo è quello del 18 agosto 2011, a Tarquinia, dove sono stati recuperati frammenti di una sfinge di 2700 anni fa, alta circa due metri.
Nella villa di San Michele a Capri, il reperto più conosciuto della collezione di Axel Munthe, medico, psichiatra e scrittore svedese morto nel ’49, vissuto a lungo nell’isola, è la sfinge etrusca, collocata sulla terrazza della cappella. È una statua in marmo bianco con il busto eretto e le ali di aquila spiegate.
Pegaso

A Massa Marittima, nel museo civico di piazza Garibaldi, si può ammirare un piccolo pegaso – il mitico cavallo alato – in una fibbia bronzea etrusca di ispirazione efesina.
Pegaso, cavallo alato,secondo il mito greco nacque dal sangue di Medusa. La raffigurazione del cavallo alato proviene però dall’Asia, apparendo sui sigilli assiri nel XIII secolo a.C. La prima rappresentazione attestata del Pegaso greco invece risale al VII secolo a.C. ed è una lotta a terra contro la Chimera. Dalla metà del VII secolo a.C., Pegaso è rappresentato in volo. La vitalità e la forza del cavallo, unite alla capacità di volare, ne fanno un simbolo di libertà.
Il grifone

Sempre a Massa Marittima, alla base di una delle colonnine della parte superiore della facciata del duomo di S. Cerbone di può vedere un grifone. L’originale del grifone è ora al museo d’arte sacra di Massa Marittima per motivi di conservazione. Quell’animale dalla testa d’aquila ed il corpo di leone, unendo la regalità nel cielo dell’una e sulla terra dell’altro, divenne nell’immaginario cristiano medievale simbolo del Cristo re del Cielo e della Terra.
Corpo di leone e testa d’aquila, il grifone è rappresentato in Egitto già nel periodo predinastico, nell’arte minoico – micenea (sala del trono a Cnosso), in Assiria, in Grecia ove è custode del tesoro di Apollo. In quanto unisce in sé la natura di animale terrestre e animale celeste, il grifone è stato usato nel Medio Evo come simbolo della doppia natura, umana e divina, del Figlio di Dio: Dante, nel canto XXIX del Purgatorio, descrivendo la processione mistica che rappresenta la vicenda storica della Chiesa, usa la figura del Grifone per raffigurare il Cristo.
Continua…