Abramo nella tradizione P. Veramente, la tradizione sacerdotale (P) fa poca comparsa nella saga dei patriarchi, perché è scarsamente interessata a queste vicende: ha fretta di arrivare all’alleanza del Sinai (Esodo 19-24), dove avrà agio di occuparsi dell’aspetto rituale della religione d’Israele, con la fondazione del sacerdozio aronnitico e l’istituzione del culto sacrificale. Il suo apporto alla saga dei patriarchi è in genere limitato all’inserimento di genealogie e di cronologie. Tuttavia, nella storia di Abramo troviamo due interi capitoli dovuti alla tradizione P: vediamo il perché di questo interesse.
L’alleanza secondo la tradizione P (Genesi 17)
Fino ad adesso, la tradizione P si è limitata ad includere e salvaguardare il materiale narrativo proveniente dalla tradizione Jahvista. Grazie a questo, sappiamo che Abramo, vecchio sposo di una donna anziana e sterile, ha creduto al Signore che continua a promettergli una discendenza, per di più numerosa come le stelle del cielo, ma il figlio della promessa, intanto, non si vede.
Abramo ha già fatto due tentativi umani: il primo è stato il progetto di adottare come erede un suo fidato servitore (cap. 15). Da notare la magnanimità e fedeltà di Abramo che, pur avendo il diritto di assicurare la prosecuzione della famiglia mediante l’unione con un’altra donna, o anche con più donne (mogli o concubine), ha un tale amore e rispetto per Sara che un simile pensiero non lo sfiora nemmeno.
È Sara, invece, che fa un secondo tentativo: gli propone o impone la schiava Agar come un vero e proprio “utero in affitto” in modo da avere per mezzo di lei un figlio: e questo figlio verrà al mondo, Ismaele (cap. 16).
Abramo, a 99 anni, potrebbe ormai stare tranquillo? Gli parrebbe di sì: ma Dio provoca di nuovo la sua fede. Rinnovando, nella versione P, la sua alleanza, Dio gli chiede di credere che avrà un figlio, sì, ma da Sara, ormai 89enne e da sempre sterile.
Abramo nella tradizione P: il cambiamento di nome
Due sono gli elementi importanti nella narrazione P. Il primo è il cambiamento del nome, che esprime il cambiamento della vita (nomen omen). Abramo sta finalmente per diventare ciò che è chiamato ad essere, cioè Padre di popoli. Il primitivo nome ’Avram (“Di padre elevato” ), un nome volto al passato, viene risignificato, con diversa grafia ’Avraham, “Padre di moltitudine” , un nome volto al futuro.
Anche la sposa di Abramo riceve un nuovo significativo nome con un minimo cambiamento grafico: da Saray, “La mia Principessa” , perde il suffisso possessivo di prima persona singolare – y, divenendo Sarah, la Principessa in assoluto, perché madre di tutto il popolo che discenderà dalla fede di Abramo. Un orizzonte di universalità si apre per questa anziana coppia.
Abramo nella tradizione P. La circoncisione
L’altro aspetto, ancor più fondamentale, dell’apporto della tradizione P nel contesto della stipulazione dell’alleanza abramitica, consiste nell’istituzione della circoncisione l’ottavo giorno per i neonati maschi. Siamo quindi al terzo gesto rituale in cui la tradizione P, nell’esilio di Babilonia, fa consistere l’identità ebraica in ogni luogo e in ogni tempo, anche in assenza del tempio: dopo il rispetto del Sabato e le norme alimentari, ecco il rito della circoncisione che fa includere il neonato nel popolo di Dio. Come in altri casi, Israele non ha inventato i riti, ha assunto quelli dei popoli in mezzo ai quali viveva, però storicizzandoli: con Abramo la circoncisione, da rito naturalistico di iniziazione dell’adolescente all’età adulta (in questo senso era praticata presso moltissime popolazioni), diviene memoria storica dell’alleanza di Dio con Abramo e la sua discendenza.
L’acquisto della grotta di Macpela
Sembrerebbe irrilevante, ai fini della fede, il lungo racconto delle trattative di Abramo per l’acquisto di una grotta da adibire a sepoltura di famiglia: perché la tradizione P, che lo riporta (cap. 23), vi attribuisce tanta importanza? La cosa acquista un senso se si pensa che questo racconto è stato fissato dalla tradizione nell’esilio di Babilonia, quando i sacerdoti di Israele erano lontani dalla Terra Santa, da Gerusalemme distrutta con il suo tempio. La possibilità del ritorno in patria sembrava remota. Per questo Abramo esordisce col dire “Io sono forestiero e di passaggio in mezzo a voi” (v. 4) ed insiste per avere non un dono, ma una terra legittimamente acquistata. Per gli esuli, questa memoria è garanzia di ritorno nella terra promessa e già perduta.
Questo complesso sepolcrale si trova presso la città di Hebron, sacra alla memoria dei patriarchi e soprattutto di Abramo: infatti in arabo il nome della città è Al-Khalil, L’Amico [di Dio], come Abramo viene chiamato. Sulle grotte fu edificato in epoca erodiana un imponente complesso architettonico che nel tempo si è trasformato mutandosi in sinagoga, moschea, chiesa crociata… e che ancor oggi è metà sinagoga e metà moschea, rigorosamente separate all’interno da un muro. La serie naturale di grotte sotterranee su cui sorge la moschea è interdetta all’esplorazione archeologica.