Viaggio nella Bibbia. Abramo l’Ebreo

Abramo l'ebreo
Abramo parte per la terra promessa. Di Bottega di Pedro Orrente (1580-1645) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=50818947

C’è una prima volta in cui un individuo viene definito ebreo: «Giunse un superstite e raccontò ad Abramo l’ebreo…» (Genesi 14,13). Ma che cosa significa?

Per noi sembra scontato: un ebreo è un appartenente al popolo di Israele, discendente di Giacobbe. Ma qui Giacobbe non è ancora nato, e Abramo, che per primo è chiamato lEbreo, sarà padre di molti popoli. Quindi, perché viene chiamato ebreo?

Abramo l’ebreo: tre spiegazioni

Le spiegazioni ci vengono già dal Midrash. Secondo il Midrash (Bereshit Rabbah 42.8) l’espressione ‘Ivrî indica che Abramo era discendente di ‘Ever, nipote di Noè. Ma perché, fra tutti i suoi antenati, citare proprio questo ‘Ever? Ci deve essere anche un altro significato oltre a questa spiegazione di carattere genealogico. ‘Ever, infatti, significa oltre.

Il midrash  spiega perciò anche che l’attributo ‘Ivrì – ebreo indica che Abramo proveniva me ever hanahar – al di là del fiume. In effetti Abramo proveniva dalla Mesopotamia, dall’altra parte del fiume Eufrate. Secondo il Midrash avrebbe parlato la leshon ‘ivri – la lingua ebraica, ma questa informazione non corrisponde alla realtà storica, perché Abramo parlava aramaico. L’ebraico sarà appreso da Israele solo con l’insediamento delle tribù nella terra di Canaan, sei secolo dopo.

È sufficiente, allora, una spiegazione geografica? Semplicemente, Abramo è l’uomo che viene da oltre il fiume? Una terza ipotesi è formulata da rabbì Yehudah nello stesso midrash: tutto il mondo era me ever echad – da una parte e Abramo me ever echad – dall’altra. Abramo è, insomma, luomo delloltre. L’uomo che non si accontenta del qui ed ora come tutti gli altri ma cerca di andare sempre oltre.

Se la spiegazione genealogica e quella geografica si riferiscono solo all’individuo Abramo, la terza spiegazione, di carattere teologico, ci propone un modello valido per tutti: essere uomini dell’Oltre, sempre in cammino verso una meta che è più che umana anche se permette la piena realizzazione dell’uomo.

Perché Dio ha scelto proprio Abramo?

Abramo risponde alla chiamata di Dio. Di Pieter Lastman (1614) – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6995286

Questo ci porta ad una seconda domanda: perché proprio lui? Perché, fra tutti i discendenti di Sem, proprio Abramo? Tra l’altro, mentre di Noè il racconto di Genesi afferma esplicitamente che “era un uomo giusto”, di Abramo e della sua vita prima della chiamata divina dice ben poco. Anche in questo caso, la letteratura rabbinica propone tre risposte.

Abramo è l’iconoclasta

Prima spiegazione, basata sul Midrash della distruzione degli idoli: Abramo è l’iconoclasta, distrugge gli idoli della bottega del padre. Lo fa con ironia, per dimostrare al padre che gli idoli non possono nulla, come il padre sa benissimo anche se non vuole ammetterlo. Abramo si presenta come colui che rompe con i cliché, colui che va alla ricerca, che va oltre. Questo ci ricollega all’interpretazione dell’attributo di Abramo l’Ebreo come l’uomo dell’oltre.

Abramo è l’uomo in ricerca

La seconda spiegazione, proposta da Maimonide, è che Abramo, proprio perché uomo in ricerca, fu il primo filosofo, nel senso che fu il primo a porsi domande di tipo metafisico.

Abramo è l’uomo che si impegna per la giustizia

La terza spiegazione, infine, è che Abramo fu il primo essere umano a ribellarsi all’ingiustizia. Tocca all’uomo combattere per la giustizia, poiché Dio, proprio per donare la libertà all’uomo, si è come “ritirato” dal mondo, ha “contratto” la sua presenza per non opprimere l’umanità: tzimtzum è il termine cabalistico che descrive questa rinuncia di Dio. Lo tzimtzum di Dio ha permesso che il mondo fosse creato nel nulla, e lo tzimtzum di Dio permette che l’uomo vi eserciti la sua libertà.

C’è un midrash che riguarda la chiamata di Abramo paragonandolo ad un uomo che, vagando sulla terra, si trova di fronte un palazzo in fiamme. Si chiede allora: «Possibile che il palazzo non abbia un padrone?». In quel momento qualcuno si affaccia: «Sono io il padrone del palazzo». In questo strano racconto, il palazzo rappresenta l’universo e le fiamme il male che lo tormenta; paradossalmente, al Padrone sembra non importare niente di tutto questo. La domanda di Abramo significa: «Possibile che il Padrone del mondo non si curi del male che minaccia di distruggerlo?». Il fatto è che per donare loro la libertà, Dio si è affidato agli uomini. Così, le fiamme non si possono spegnere se non le spegniamo noi stessi. Abramo è il primo uomo a capire che deve agire in nome di Dio per cambiare il mondo, invece di accettarlo passivamente così com’è.

Abramo è l’uomo del cammino

Potremmo aggiungere una quarta spiegazione, sempre collegata con le precedenti: Abramo è l’uomo disponibile al cammino. Mentre i costruttori di Babele vengono da lontano e si fermano per farsi un nome, Abramo viene dalla città e si mette in cammino per fare un nome al Signore. Settantacinquenne, abituato alla stabilità cittadina, si mette in movimento e non vi rinuncia mai più. Non sta mai fermo nello stesso posto. I termini che il testo biblico gli associa sono verbi di movimento: «andare», «venire», «passare oltre», «partire», «dirigersi», «discendere», «avvicinarsi», «salire»… Perché è così necessario che si muova continuamente?

La letteratura rabbinica cerca di rispondere anche a questa domanda. In Bereshit Rabbah, Abramo viene paragonato a un vassoio contenente dell’incenso. Se il vassoio rimane fermo, non se ne sprigiona niente; ma se viene smosso, il profumo si diffonde. Il movimento di Abramo porta al mondo la sua ricerca e la sua fede.

È rilevante che il corpus giuridico dell’ebraismo sia chiamato Halakhah, derivato dal verbo halakh, “andare”. È il verbo che esprime all’imperativo l’appello che Dio rivolge al Abramo: Vai. Perché Halakhah è la norma, la legge, ma è anche il percorso che l’uomo compie nella sua direzione. Il cuore della vita è il cammino, e non l’immobilismo: la vita chiede di camminare, di cercare, di muoversi, di svilupparsi…