
Nelle litanie in latino si cantava: A peste, fame et bello libera nos, Domine! Liberaci, Signore, dalla peste, dalla fame e dalla guerra! Un trio di calamità che regolarmente si presentavano insieme. Infatti, la guerra devastava la campagna portando la carestia, e le truppe erano accompagnate dai ratti che trasmettevano la peste. La scelta era se venire uccisi dalla soldataglia, morire di pestilenza o morire di inedia. Soprattutto dal Trecento al Seicento l’Europa fu flagellata da queste sciagure, al giorno d’oggi non più abbinate alla guerra, che tuttavia non per questo ha assunto un volto più umano.
La Verna non fu risparmiata dalle vicende del territorio. Nel 1527, nel giorno di Pasqua, è devastata dai Lanzichenecchi che vanno al sacco di Roma. Seguono peste e carestia, che arrestano la controversa costruzione di una cappella accanto al campanile. Nel 1529 è la volta delle truppe di Alessandro Vitelli. Vanno ad assediare Poppi, causando nel loro passaggio grandi danni alla Verna, col solito corteggio di peste e fame…
1527. A peste fame et bello: arrivano i Lanzichenecchi
“A dì 21 di aprile 1527 in die Resurrectionis cantata la messa quando li frati volevano andare a desinare veneno li Lanzi et parte del campo del duca di Borbona quando passoreno dalla Pieve per andare a Roma et misseno a sacco questo sancto convento. Nel 1527 fu guardiano frate Cherubino Malegonnelle da Firenze… et insino a dì 15 di novembre ci morireno 25 frati di peste et decto dì 15 morì detto guardiano sanctamente” (Memoriale f. 3 v – 4 r).
1527-28: Una costruzione controversa
Come stabilito dal Capitolo Provinciale, si inizia a costruire la “cappella di Iacopone allato al Campanile”, secondo le indicazioni “dello architectore assegnato da Consoli de l‘arte della lana”. Il lavoro è eseguito da M. Bernardo “architectore e muratore fiorentino” nel giugno-luglio 1528. Tattavia, “fermossi la muraglia di quella sì per la grande carestia che era di pane et di vino, sì etiam perché decto Iacopone morì a 12 di decto mese di Luglio, et li sua heredi atteseno a piatire la sua robba. Et se moriva innanzi che la si cominciassi a murare, io frate Mattheo (da Stia, guardiano) sopradecto non la lasciavo mai fare, perché come mi dixe chi se ne intendeva meglio de decti padri e architectore, guasta la chiesa grande et non vi starà mai bene, ut experentia manifestat, et bisognerà gittarla a terra, se chi harà a fare, non vorrà guastare decta chiesa” (Memoriale f. 4r).
18 settembre 1529
Si tiene alla Verna il Capitolo Provinciale (Pulinari p. 103 n. 258).
12 ottobre 1529. A peste fame et bello: le truppe del Vitelli
Il convento viene messo a sacco dalle truppe di Alessandro Vitelli che assediavano Poppi, benché avessero l‟ordine di non fare danno ai frati.
“A di 12 di Octobre di decto anno fu messo a sacco questo sacro convento quanto alle robbe che c‘erano dei secolari dal S(ignor) Giovanni Antonio da Città di Castello et dalla sua compagnia di numero 300 con 30 cavalli legeri mandati dal S. Alexandro Vitelli Commissario: el quale alhora era intorno a Poppi col campo per expugnarlo et dannegierono questo luogo per circa 30 ducati, dato che havessino comandamento di non fare danno alcuno a frati… Quante tribulationi di guerre peste e carestia sieno state in decto anno di circa 18 mesi in quasi tutto el dominio fiorentino non si potrebbono con lingua exprimere” (Memoriale f. 4 r.).
Se foste saliti alla Verna…
Se foste saliti alla Verna fra il 1527 e il 1529… No, ve ne sareste pentiti e sareste tornati indietro, perché avreste trovato un santuario messo a sacco e devastato dalle soldataglie, con pericolo per la vostra vita. Furono i frati invece a scendere dalla Verna per assistere gli appestati, e furono sempre i frati a soccorrere le popolazioni affamate fornendo pane!