Siamo al 250° giorno da quando ho aperto questo blog, e siamo al 250° articolo che pubblico (questo era il primo: QUI). Voglio festeggiare questo particolare momento rispondendo ad una domanda che nel frattempo mi è pervenuta (e ringraziando chi me l’ha posta): in che senso l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio?
Risponderò per gradi. Iniziamo con un primo aspetto: che cosa significa essere «a immagine» di Dio?
Chiariamo i termini
Adam, l’oggetto del progetto creatore divino, non è un individuo chiamato col nome proprio «Adamo» e neppure un individuo maschio della specie umana, e neanche l’insieme dei maschi della specie umana. Adam è il nome comune, collettivo, generalissimo, sotto il quale tutti gli esseri umani si riconoscono, senza differenza di etnia, di sesso, di importanza. Tutti gli esseri umani sono adam, nome che si tradurrebbe benissimo con umanità, anziché – in italiano – con il termine ambiguo uomo che può designare sia ogni essere umano sia il singolo maschio adulto della specie. In questo l’ebraico è molto più preciso, perché distingue tra adam (umanità, collettivo) e ’ish (uomo maschio), così come il greco li distingueva (anthropos indica l’essere umano in generale e aner – andros significa uomo maschio) ed anche il latino (homo significa essere umano; vir indica il maschio della specie, come nell’aggettivo «virile»).
Quindi, ciò di cui stiamo parlando è l’umanità, la natura umana, tutti noi, e non un primo uomo o un singolo uomo. Tutti siamo adam.
Interpretazioni non corrette
Vediamo, prima di tutto, che cosa non è l’essere creati «a immagine di Dio».
Sicuramente, l’interpretazione da scartare per prima è quella che parla di una somiglianza fisica. La natura divina è spirituale, e non esiste alcun rapporto di somiglianza fisica fra Dio e l’umanità, perché non esiste fisicità nel Creatore. Esiste adesso nella vita trinitaria, perché il Verbo si è incarnato nella storia umana; ma di questo parleremo dopo.
Interpretazioni tradizionali del concetto di immagine di Dio sono quelle che la identificano con l’esistenza dell’anima nell’essere umano, o di una mente razionale. L’adam somiglia a Dio per caratteristiche condivise tra Dio e l’umanità, nella sua dimensione spirituale, cioè per la sua intelligenza, o per la volontà, o per l’autocoscienza (interpretazione sostanziale). Accantoniamo al momento queste interpretazioni per riprenderle in seguito. Qui ne voglio sfatare un’altra che, pur presentando degli spunti di verità, così come è presentata appare delirante: è comparsa su un numero di «Toscana Oggi» quale risposta del teologo alla stessa domanda che è stata posta a me, e mi ha sbalordito.
Una spiegazione discutibile
Sostiene questo docente di filosofia della facoltà teologica di Firenze:
«Dio – dice la Genesi – perché l’uomo potesse somigliargli lo fece maschio e femmina, dunque la mascolinità e la femminilità sono i due aspetti che esprimono bene la trinità e la indivisibilità di Dio. Perciò la mascolinità e la femminilità non sono due optional del corpo umano come i capelli o il colore della pelle, ma la sessualità è una natura della natura ed è essenziale per la definizione dell’uomo. Stando a Genesi cap. 5, l’uomo è una sostanza razionale di due persone una maschile e una femminile: è una indivisa unità di maschio e di femmina. Il concetto di corpo lo comprova: il corpo umano è un genere rispetto alle due differenze specifiche che sono la mascolinità e la femminilità. Per questo motivo: «L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola» (Gen. 2,24).
L’essere umano dunque è a immagine e somiglianza di Dio quando unendosi l’uomo con la donna formano un corpo solo [il grassetto è mio], un’anima sola, una unica vita, una sola esistenza.
Non dobbiamo lasciarci ingannare dalla dualità personale e sessuale, perché queste sono in funzione dell’unità e non della distinzione: maschio e femmina non sono due cose diverse che si uniscono, ma una sola cosa distinta nelle sue componenti.
Ma attenzione, non dobbiamo qui pensare come a una moneta spezzata in due che si riunisce, tale immagine c’inganna, infatti a mio avviso la peculiarità più profonda nella quale l’essere umano è a immagine e somiglianza di Dio sta proprio nel fatto che pur essendo la persona maschio e la persona femmina tra loro correlative e intersoggettive, e fatti l’uno per l’altra e viceversa, sono tuttavia ciascuno, in se stesso, pienamente umani, come nella Trinità dove le persone divine sono ciascuna pienamente Dio, pur non dividendosi l’essere o natura divina. Il Padre è pienamente Dio come il Figlio, come lo Spirito.
Sono così tre persone distinte ma non divise, correlate ma non diverse. E l’essere umano sta proprio nel fatto che il maschio non è mezza natura umana e la femmina non è l’altra metà, ma essendo entrambi pienamente umani proprio per questo formano nell’unione matrimoniale l’unico e indiviso essere umano».
Obiezione!
Ora, qualcosa su questo aspetto (l’essere in comunione fra persone diverse) la dirò anch’io, ma affermare che l’uomo è immagine di Dio perché è maschio e femmina non spiega niente, anzi porta fuori strada. Ma per piacere… Anche gli animali sono maschio e femmina, e sono individui indipendenti che si uniscono con quelli della stessa specie! Formano persino coppie monogame, come i cigni.
Dobbiamo cercare altrove, chiedendoci che cosa sia una immagine.
Che cos’è una immagine?
Quando interpretiamo un qualunque versetto biblico, dobbiamo sempre vederlo nel suo contesto originario. Che cos’è una immagine? L’immagine è la copiadi un originale. Nella società antica, l’immagine di un dio è una statua che lo riproduce e che si può identificare con il dio stesso. Un pagano che avesse voluto contemplare l’immagine del suo dio preferito, dove l’avrebbe trovata? Nel tempio del dio, dove avrebbe potuto recarsi ad adorarla. Materializzare il sacro è un bisogno forte dell’essere umano, prova ne è anche la fabbricazione del Vitello d’Oro proprio mentre il Dio-che-non-ha-figura offriva la sua alleanza ad Israele attraverso Mosè. Ma questa mentalità è ripudiata nella Bibbia.
Si può «vedere» Dio?
La religione ebraica è aniconica, ossia priva di immagini. È un comandamento preciso: «Non ti farai immagine alcuna…» (cfr. Es 20,4-5). Quindi il fedele ebreo non aveva la possibilità di entrare nel tempio e di rivolgere lo sguardo alla statua del proprio Dio. Dio non ha figura, non ha un corpo come noi. È spirito. Non si vede, si manifesta solo con la sua Parola.
Che cosa deve allora guardare il fedele ebreo per poter trovare l’immagine di un Dio che non ha figura? Deve guardare l’altro uomo, ogni altro adam, perché ogni altro adam, senza eccezione, è fatto ad immagine di Dio. In un mondo in cui gli specchi, se esistevano, erano di metallo e riflettevano immagini deformate, non può guardare se stesso; e se qualcuno potesse rigirare gli occhi in dentro e guardare dentro di sé, non vedrebbe che tenebre, dice il midrash. Deve per forza guardare l’altro, se vuol «vedere» qualcosa fatto ad immagine di Dio.
Ora, notiamo che il testo non dice che l’adam è immagine di Dio, ma che è creato a immagine di Dio (Gn 1,26-27). Non è fisicamente una immagine, ma rappresenta l’immagine di Dio. È un suo rappresentante. E questo ci apre ad un’altra dimensione: quella della responsabilità dell’adam nel Creato.
(Continua)