La Bibbia dall’ABC. L’ ’adam immagine di Dio

Creazione dell’uomo. Duomo di Monreale, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3816275. Ho scelto questa immagine per il raggio che collega i due volti riflettendo l’Uno nell’altro

Questo ’adam, l’adam che è l’intera umanità (tutti siamo ’adam) è creato a immagine e somiglianza di Dio.

Siamo ad un momento fondamentale della Rivelazione biblica. Cosa significa essere a immagine di Dio?

L’immagine, tzelem (greco eikón, latino imago) è il calco, la copia di un originale, la sua riproduzione. È l’effigie di una cosa, la intendersi in senso quasi materiale, come una presenza di Dio visibile nel mondo attraverso l’adam: l’adam nella sua integrità, non solo la sua anima.

Si sta parlando, quindi, di uno specifico umano, di un modo di essere dell’uomo che lo distingue dagli altri animali.

Sono state proposte nel tempo varie interpretazioni, come

  • Un elemento fisico (l’aspetto, la stazione eretta)
  • Un elemento psichico (memoria, intelligenza, ragione)
  • La capacità di parola
  • Un elemento spirituale (l’anima)
  • La capacità relazionale
  • L’essere maschio e femmina in complementarietà
  • La regalità sul creato.

Interpretazioni non corrette

Vediamo, prima di tutto, che cosa non è l’essere creati «a immagine di Dio».

Sicuramente, l’interpretazione da scartare per prima è quella che parla di una somiglianza fisica. La natura divina è spirituale, e non esiste alcun rapporto di somiglianza fisica fra Dio e l’umanità, perché non esiste fisicità nel Creatore. Esiste adesso nella vita trinitaria, perché il Verbo si è incarnato nella storia umana; ma di questo parleremo dopo.

Interpretazioni tradizionali del concetto di immagine di Dio sono quelle che la identificano con l’esistenza dell’anima nell’essere umano, o di una mente razionale. L’adam somiglia a Dio per caratteristiche condivise tra Dio e l’umanità, nella sua dimensione spirituale, cioè per la sua intelligenza, o per la volontà, o per l’autocoscienza (interpretazione sostanziale). Queste interpretazioni non rispondono al contesto in cui l’affermazione divina si pone: un contesto di relazione. Non certo, però, come qualcuno ha voluto dire, l’unione tra maschio e femmina che rispecchierebbe la divina Trinità: anche gli animali sono maschio e femmina, e sono individui indipendenti che si uniscono con quelli della stessa specie! Formano persino coppie monogame, come i cigni. Torneremo sull’importanza dell’essere in comunione fra persone diverse, ma prima cerchiamo di capire che cosa significhi essere a immagine di Dio.

Che cos’è una immagine di Dio?

Foto di ian kelsall da PixabayUn vitello d’oro. Una statua non può essere immagine di Dio 

Quando interpretiamo un qualunque versetto biblico, dobbiamo sempre vederlo nel suo contesto originario. Che cos’è una immagine? L’immagine è la copia di un originale. Nella società antica, l’immagine di un dio è una statua che lo riproduce e che si può identificare con il dio stesso. Un pagano che avesse voluto contemplare l’immagine del suo dio preferito, dove l’avrebbe trovata? Nel tempio del dio, dove avrebbe potuto recarsi ad adorarla. Materializzare il sacro è un bisogno forte dell’essere umano, prova ne è anche la fabbricazione del Vitello d’Oro proprio mentre il Dio-che-non-ha-figura offriva la sua alleanza ad Israele attraverso Mosè. Ma questa mentalità è ripudiata nella Bibbia.

Si può «vedere» Dio?

La religione ebraica è aniconica, ossia priva di immagini. È un comandamento preciso: «Non ti farai immagine alcuna…» (cfr. Es 20,4-5). Quindi il fedele ebreo non aveva la possibilità di entrare nel tempio e di rivolgere lo sguardo alla statua del proprio Dio. Dio non ha figura, non ha un corpo come noi. È spirito. Non si vede, si manifesta solo con la sua Parola.

Che cosa deve allora guardare il fedele ebreo per poter trovare l’immagine di un Dio che non ha figura? Deve guardare l’altro uomo, ogni altro ’adam, perché ogni altro ’adam, senza eccezione, è fatto ad immagine di Dio. In un mondo in cui gli specchi, se esistevano, erano di metallo e riflettevano immagini deformate, non può guardare se stesso; e se qualcuno potesse rigirare gli occhi in dentro e guardare dentro di sé, non vedrebbe che tenebre, dice il midrash. Deve per forza guardare l’altro, se vuol «vedere» qualcosa fatto ad immagine di Dio.

Ora, notiamo che il testo non dice che l’adam è immagine di Dio, ma che è creato a immagine di Dio (Gn 1,26-27). Non è fisicamente una immagine, ma rappresenta l’immagine di Dio. È un suo rappresentante. E questo ci apre ad un’altra dimensione: quella della responsabilità dell’adam nel Creato.