
A 60 anni dalla crisi di Cuba, mi viene in mente qualcosa. C’è un vecchio episodio della serie televisiva Star Trek (serie classica, prodotta nel 1966-1969) in cui il capitano Kirk, emblema del pioniere alla pacifica conquista del mondo, si trova su di un pianeta a fronteggiare i bellicosi e rozzi klingon, chiaro simbolo, in quegli anni di Guerra fredda, dell’Unione sovietica. Sembra che lo sterminio sia inevitabile, quando si scopre che gli imbelli abitanti del pianeta, gli organiani, non sono affatto incivili abitatori di un mondo medievale, ma sono esseri di pura energia capaci di modellare la materia a loro piacimento. Si dà il caso che aborriscano ogni forma di violenza… perciò tutte le armi, terrestri e klingon, si disattivano nelle mani dei contendenti, ed è giocoforza accettare la pace.
Ecco, io vorrei che all’istante qualche organiano visitasse la terra e polverizzasse tutte le armi, da quelle atomiche ai coltelli da cucina. Però così non è, e dobbiamo cavarcela da noi. Ancora una volta il pianeta Terra, che nei decenni trascorsi ha rischiato il disastro nucleare, si trova ad affrontare la minaccia atomica.
60 anni fa la crisi di Cuba

Ho già ricordato in un precedente articolo (QUI) alcune occasioni in cui per poco si sfiorò la tragedia. Dalla guerra di Corea (1950-51), quando il presidente Harry Truman manifestò l’intenzione di usare anche le armi nucleari, alla crisi di Suez del 1956, agli incidenti più banali che sarebbero risibili se in ballo non vi fosse stata una possibilità di distruzione immane. In concomitanza con la crisi di Cuba, nella notte del 25 ottobre 1962, un soldato americano vede qualcuno che tenta di arrampicarsi sulla recinzione di una base aerea del Wisconsin: gli aerei si apprestano a partire carichi di armi nucleari. Era un orso nero. Nel 1983 l’Unione Sovietica scambiò un’esercitazione militare della Nato per un tentativo di attacco. Nella notte del 26 settembre il sistema satellitare russo di preallarme identificò cinque missili intercontinentali diretti verso la Russia: era un riflesso di luce su nuvole d’alta quota sopra.
Il momento di maggior rischio si ebbe certamente nell’ottobre del 1962, con la famosa Crisi di Cuba. I sovietici avevano installato sull’isola basi missilistiche le cui testate nucleari erano puntate sugli Stati Uniti. Il 22 ottobre John Fitzgerald Kennedy ordina un blocco navale allo scopo di impedire l’installazione di ulteriori missili a Cuba. Per fortuna, Kennedy e Nikita Kruscev, sollecitati da papa Giovanni, trovano un modo diplomatico per scongiurare una Terza guerra mondiale.
Missili nucleari a Cuba

Come reazione al fallito sbarco alla Baia dei Porci del 1961 (quando la Cia aveva tentato di organizzare il rovesciamento del regime castrista) e alla presenza di missili americani nelle basi italiane e turche, Kruscev accettò la richiesta di Fidel Castro di posizionare missili nucleari a Cuba come contromisura nei confronti degli Usa. Distanza dalla Florida: 90 miglia.
Un U-2 statunitense, il 14 ottobre 1962, scoprì la prima postazione missilistica. I voli successivi mostrarono quattro postazioni già operative. In una riunione del 19 ottobre 1962, il presidente John Kennedy si oppose alle pressioni dei capi di Stato maggiore che chiedevano di bombardare e invadere Cuba. Il suo atteggiamento causò il disprezzo dei generali e la loro determinazione di arrivare alla guerra.
L’annuncio pubblico e la quarantena navale
Il 22 ottobre 1962 Kennedy annunciò pubblicamente che Mosca aveva installato missili nucleari a Cuba, volti verso gli Stati Uniti. L’ambasciatore russo all’Onu tentò di negare, poi si arrese all’evidenza. Kennedy rispose con un blocco navale di 800 miglia intorno all’isola, definendolo quarantena per evitare che fosse inteso come una vera e propria azione di guerra:
«Tutte le navi, da qualsiasi nazione provengano, verranno fatte tornare indietro, qualora abbiano a bordo carichi di armi offensive. Qualunque attacco missilistico lanciato da Cuba contro un Paese dell’Occidente, sarà considerato come un attacco agli Stati Uniti e comporterà un’azione di rappresaglia contro l’Unione Sovietica».
Il messaggio era diretto a Kruscev, che forse aveva sperato di trovare un atteggiamento di debolezza nell’avversario. Questi però chiedeva di smantellare le strutture di lancio. Per due settimane, dal 16 al 28 ottobre, si verificò la crisi più grave del periodo della guerra fredda. Ma Kennedy non si comportò come il suo Stato Maggiore avrebbe voluto. Non soltanto respinse le pressioni per attaccare Cuba e provocare l’Unione Sovietica: si rivolse a Kruscev per trovare aiuto. Dal punto di vista statunitense poteva sembrare un tradimento. Kruscev lo colse come un segno di speranza.
L’intervento di papa Giovanni

Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=114501061
Il 24 ottobre papa Giovanni XXIII, che aveva appena aperto il concilio Vaticano II, consegnò un messaggio all’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede e ai rappresentanti dell’Unione Sovietica presso il governo italiano (la Santa Sede non aveva rapporti diretti con l’URSS). Nel messaggio dichiarava la sua preoccupazione per la pace: «Noi chiediamo a tutti i governi di non rimanere sordi a questo grido di umanità e di fare tutto quello che è nel loro potere per salvare la pace».
Il Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli fu pronunciato in lingua francese alle ore 12.00 di giovedì 25 ottobre dalla Radio Vaticana. Papa Giovanni si rivolse ai governanti e a tutti gli uomini di buona volontà per scongiurare il pericolo di guerra atomica.
Il testo del messaggio di Giovanni XXIII
«“Signore, ascolta la supplica del tuo servo, la supplica dei tuoi servi, che temono il tuo nome”. Questa antica preghiera biblica sale oggi alle nostre labbra tremanti dal profondo del nostro cuore ammutolito e afflitto.
Mentre si apre il Concilio Vaticano II, nella gioia e nella speranza di tutti gli uomini di buona volontà, ecco che nubi minacciose oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie.
La Chiesa – e noi lo affermavamo accogliendo le ottantasei missioni straordinarie presenti all’apertura del Concilio – la Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora, affinché questi obbiettivi si realizzino.
Il grido degli innocenti: Pace!
Noi ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: “Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! pace!”.
Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze.
Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra.
Che tutti i nostri figli, che tutti coloro che sono segnati dal sigillo del battesimo e nutriti dalla speranza cristiana, infine che tutti coloro che sono uniti a noi per la fede in Dio, uniscano le loro preghiere alla nostra per ottenere dal cielo il dono della pace: di una pace che non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e l’uguaglianza.
Che a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha voluto essere chiamato “Principe della pace”».
Diplomazia
Probabilmente il messaggio del Papa fu affiancato da iniziative della diplomazia vaticana nei confronti del cattolico Kennedy e dell’Unione Sovietica, tramite il governo italiano presieduto allora dal democristiano Amintore Fanfani. Ebbe sicuramente effetto sul presidente Usa, ma anche su Kruscev il quale fece pervenire due differenti proposte al Governo degli Stati Uniti. Si offriva di ritirare i missili da Cuba in cambio della garanzia che gli USA non avrebbero invaso Cuba né avrebbero appoggiato un’invasione; in secondo luogo, chiedendo il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall’Italia.
Nel 2000, quando si aprirono gli archivi sovietici, fu evidente come l’intervento di papa Giovanni avesse ammorbidito l’atteggiamento del Cremlino, anche verso la Chiesa, tanto che successivamente Kruscev inviò gli auguri per l’ottantesimo compleanno del Pontefice e, per la prima volta, il 27 dicembre 1962, la Pravda pubblicò ampi stralci del suo messaggio natalizio, con un commento positivo.
Una causa comune: tutti sulla stessa «arca»

John F. Kennedy Presidential Library and Museum, Boston. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1437687
Un momento critico si visse ancora il 27 ottobre, quando venne abbattuto un U2 americano, le navi sovietiche si avvicinavano alla costa e gli Stati Uniti si apprestavano a sbarcare a Cuba. Ma poi prevalse la diplomazia. Robert F. Kennedy, responsabile del Ministero della Giustizia, incontrò segretamente lo stesso giorno a Washington l’ambasciatore sovietico Anatoly Dobrynin, avvertendolo che il Presidente era sotto pressione da parte dei suoi generali e aveva bisogno dell’aiuto dei sovietici. Quando Kruscev ricevette l’appello si rivolse al ministro degli esteri Andrei Gromyko, dicendo: «Dobbiamo far sapere a Kennedy che vogliamo aiutarlo. Sì, aiutiamolo. Ora abbiamo una causa comune, salvare il mondo da coloro che ci stanno spingendo verso la guerra».
Puri o impuri, facciamo galleggiare l’arca
C’era un precedente. Il 29 settembre 1961, Kruscev aveva scritto a Kennedy paragonando la situazione a quella sull’arca di Noè:
«Nell’arca di Noè trovarono riparo e scampo sia i “puri” che gli “impuri”. Ma, a prescindere da chi si considerava “puro” e da chi invece faceva parte della lista degli “impuri”, tutti avevano ugualmente a cuore una sola cosa, che l’arca potesse continuare con successo il suo viaggio. Anche noi non abbiamo altra alternativa: o viviamo in pace, collaborando affinché l’arca possa continuare a galleggiare, oppure essa andrà a fondo».
Kennedy aveva risposto il 16 ottobre: «Mi piace molto la similitudine con l’arca di Noè, dove “puri” e “impuri” sono ugualmente determinati a mantenerla a galla».
Così, attraverso una corrispondenza personale, i due uomini avevano maturato una sorta di sintonia. Si erano trovati d’accordo già su una cosa: che il mondo era un’arca e che dovevano tenerla a galla. E ci riuscirono.
Con il compromesso che John Kennedy siglò il 28 ottobre 1962, l’Unione sovietica accettava di smantellare le basi a Cuba; gli Stati Uniti acconsentirono, tacitamente, ad eliminare le loro postazioni in Italia e Turchia, come avrebbero poi effettivamente fatto.
I due leader più armati della storia, sull’orlo della guerra nucleare totale, si danno la mano per opporsi alle pressioni di chi li circondava. Sono in maggiore sintonia fra loro che non i propri generali. Kruscev ordinò l’immediato ritiro dei suoi missili, in cambio dell’impegno pubblico di Kennedy a non invadere Cuba e della promessa segreta di ritirare i missili americani dalla Turchia.
Uomini di pace

Di Abbie Rowe – The John F. Kennedy Presidential Library and Museum, Boston. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2223074
Papa Giovanni pubblicò, di lì a pochi mesi, la Pacem in Terris (11 aprile 1963). Fu chiamato il Papa della pace. Morì poco dopo, il 3 giugno.
L’accondiscendenza di Kennedy nei confronti dei sovietici, per scongiurare il conflitto nucleare, fu interpretata come debolezza dal suo Stato Maggiore e dalle forze che spingevano per la guerra. Il presidente fu assassinato il 23 novembre. C’è chi mette in relazione la sua morte con la crisi di Cuba.
Conseguenze su Kruscev
Kruscev visse più a lungo, ma nel 1964 fu costretto a dimettersi dalla sua carica: anche lui aveva scontentato chi voleva esaltare il prestigio sovietico e la guerra. Durante la crisi di Cuba aveva ascoltato e ringraziato il Papa per la sua mediazione e aveva messo in pratica quanto avrebbe raccomandato la Pacem in terris, il principio secondo cui «al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia» (n. 61).
Il 7 marzo 1963 la figlia, Rada, e il genero di Kruscev, Aleksej Adjubei, avevano fatto visita a papa Giovanni in Vaticano. Il Pontefice aveva inviato a Kruscev una medaglia papale e una copia in russo dell’enciclica sulla pace, prima della pubblicazione ufficiale. Kruscev ne era rimasto toccato. Rapporti, questi, che non piacevano al Partito. Kruscev concluse la sua vita come pensionato, sorvegliato dal KGB (di cui un giovane Vladimir Putin diverrà funzionario nel 1975).
Ed ora…
Da allora sono state sfiorate altre crisi internazionali, ma le relazioni dirette fra le due grandi potenze furono agevolate, da quando, proprio dopo lo scampato pericolo della crisi cubana, venne istituito il famoso «telefono rosso», che metteva in collegamento diretto il Cremlino e la Casa Bianca.
Quando nel 1989 cadde il muro di Berlino, si pensò che la contrapposizione fra le due superpotenze mondiali, e conseguentemente la minaccia di una guerra nucleare, si fosse conclusa. Nessuno avrebbe immaginato che si sarebbe riaffacciata la minaccia di un conflitto atomico. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ci ha riportato indietro di sessant’anni.
Anche in questa circostanza c’è un Papa disposto a ogni sacrificio pur di ottenere la pace. C’è di nuovo un presidente cattolico alla Casa Bianca, ma non è Kennedy. E al Cremlino non c’è Kruscev, l’ateo che ascoltò papa Giovanni e per questo compromise la propria carriera. Adesso c’è un uomo che fa sfoggio di atti religiosi, e non ascolta. I tempi sono diversi, le armi più sofisticate, e soprattutto la guerra è già in corso e la gente sta morendo, i civili a migliaia in Ucraina, i soldati a decine di migliaia dall’una e dall’altra parte. Possiamo solo augurarci che il dialogo – quello che mise d’accordo gli avversari Kruscev e Kennedy, con la mediazione di papa Giovanni – prevalga…
Cfr. James W. Douglass, Kennedy, Krusciov e Giovanni XXIII: storia di una pace inaspettata, «Aggiornamenti Sociali», marzo 2014