2 settembre 2023: 50 anni dalla scomparsa di Tolkien

50 anni di Tolkien
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50 anni dalla scomparsa di Tolkien. 50 anni fa, il 2 settembre, il grande studioso oxoniense moriva in età di 81 anni. Il suo amico C.S. Lewis lo aveva preceduto di un decennio: il 22 novembre del 2023 già sarà il sessantesimo anniversario della morte. I due si erano conosciuti ad Oxford fin dal 1926, avevano simpatizzato a causa dei comuni interessi, ed avevano fondato un circolo informale, gli Inklings (Scribacchini, ma anche [Cercatori di] Sentori), in cui questi interessi venivano condivisi con altri amici. Quali interessi? Letterari, teologici, filosofici, storici… ma soprattutto mitologici. Sia Tolkien che Lewis, infatti, sin dall’infanzia erano rimasti affascinati dal mondo del mito, e questi due grandi intellettuali, docenti in una delle università più prestigiose del pianeta, si dedicavano alla lettura ed anche alla produzione di letteratura fantasy.

L’amico di C.S. Lewis

50 anni di Tolkien
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Scusate se ribalto la concezione comune, ma mentre per gli italiani in genere Lewis è l’amico di Tolkien, per me è il contrario: Tolkien è l’amico di C.S. Lewis. Questo perché leggo Lewis dal 1964, mentre la frequentazione di Tolkien è assai più recente, e dovuta esclusivamente alla sua amicizia con C.S. Lewis. Del resto, se non ci fosse stato un C.S. Lewis, forse non ci sarebbe neppure un Tokien come caso letterario… ma se non ci fosse stato un Tolkien, neppure un C.S. Lewis forse avrebbe conseguito una notorietà planetaria.

Infatti, all’interno degli Inklings i due, fra gli altri amici, liberavano la fantasia e si leggevano reciprocamente i testi man mano che li venivano creando, approvandosi e correggendosi a vicenda; così è nato Il Signore degli Anelli, così sono nate le opere fantastiche di Lewis: per una scommessa fra amici.

«Tollers», disse un giorno C.S. Lewis all’amico Tolkien (lo chiamava con questo soprannome), «ci sono troppo pochi racconti che ci piacciono. Temo che dovremo provare a scrivere qualcosa noi». Racconta Tolkien: «Ci mettemmo d’accordo che lui tentasse un “viaggio nello spazio” e io un “viaggio nel tempo”. Il suo risultato tutti lo conoscono. Il mio sforzo, dopo qualche promettente capitolo, andò a vuoto: era una strada troppo lunga per arrivare a quello che volevo fare in realtà, una nuova versione del mito di Atlantide. È rimasta solo la scena finale che è diventata la Caduta di Numenor. A Lewis era piaciuta molto» (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza – Lettere 1914-1973, a cura di H. Carpenter e Ch. Tolkien, Bompiani, Milano 2002, 407).

Lewis invece vinse la scommessa, scrivendo e pubblicando una storia dello spazio, Lontano dal pianeta silenzioso (1938), primo nucleo della sua Trilogia fanta-teologica. Fu poi grazie all’incoraggiamento continuo dell’amico Lewis che Tolkien, scrittore lento e puntiglioso, riuscì a portare a termine il capolavoro fantasy Il Signore degli Anelli; da parte sua, Lewis continuò a produrre, oltre a classici di apologetica cristiana quali Il problema della sofferenza (1940) e Mere Christianity (1944), opere di narrativa fantastica non meno apologetiche dei saggi. Sulla fantateologia di C.S. Lewis, QUI.

Due anime affini

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Sia Tolkien che Lewis avevano avuto una fanciullezza difficile. Lewis per la perdita precoce della madre e per le scelte educative disastrose del padre; Tolkien, dopo aver perso piccolissimo il padre, vide morire la madre nella miseria in conseguenza di una malattia non curata in quanto la donna era stata ripudiata dalla propria famiglia per essersi convertita al cattolicesimo. Tolkien avrebbe poi ricordato:

«La mia cara madre era a tutti gli effetti una martire, e non è a tutti che Dio concede una via così facile ai suoi grandi doni come ha fatto a Hillary e a me, dandoci una madre che si è suicidata di lavoro e fatica per assicurarci il mantenimento della fede» (Humphrey Carpenter, Tolkien: A Biography, New York, Ballantine Books, 1977, 25-38).

Tolkien con il fratello fu cresciuto da un Padre Oratoriano, Francis Xavier Morgan dell’oratorio di Birmingham, cui sarà sempre grato per averlo educato in una salda fede cattolica.

Tolkien e Lewis si incontrarono a Oxford nel 1926, e a parte il comune interesse per la cultura, per la mitologia e per il fantasy, erano agli antipodi. Così Lewis ricordava il suo incontro con Tolkien:

«l’amicizia con questo ultimo segnò il declino di due antichi pregiudizi. Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista e (apertamente) al mio arrivo alla facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era l’uno e l’altro».

Quando si conobbero, Tolkien aveva già tre figli, una vita familiare serena ed era un fervente cattolico. Lewis, seppur scapolo, aveva una situazione familiare complicata ed era passato dalla tradizione protestante antipapista dell’Ulster all’ateismo, poi ad un vago spiritualismo hegeliano. Si trovava in una situazione di inquietudine, cui Tolkien diede il colpo di grazia.

Fu attraverso la passione comune per il mito che Tolkien condusse Lewis alla fede. Senza Tolkien non avremmo avuto un Lewis cristiano, e forse neppure un Lewis scrittore. Già nel 1929 C.S. Lewis si era arreso all’idea di Dio, ma non ancora al Dio cristiano. Nel 1931, ebbe però una lunga conversazione notturna con gli amici Tolkien e Dyson, i quali gli mostrarono che il cristianesimo è il mito divenuto vero al quale tutti gli altri miti tendevano. «Solo qui, per la prima volta dall’inizio dei tempi, il mito doveva essere divenuto realtà: il Verbo, carne; Dio, Uomo».

Proprio a tale motivazione della conversione «del grande scrittore inglese Clive Staples Lewis» fa riferimento Papa Ratzinger nel suo Gesù di Nazareth a proposito della passione di Cristo adombrata nel chicco di grano: «il pane era diventato il punto di partenza dei miti di morte e risurrezione della divinità … [Questa storia] è accaduta realmente. Gesù non è un mito, è un uomo fatto di carne e sangue […]. Il mistero della passione del pane l’ha, per così dire, aspettato, si è proteso verso di Lui, e i miti hanno aspettato Lui, in cui il desiderio è diventato realtà» (J. Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, Rizzoli, Milano 2007, 315 ss.).

(Continua)